17 gennaio 2009

L’erba e Dio nella filosofia di Swami Atmananda


Probabilmente è la canapa che lo divide dal resto del mondo. Quella “canapa” che lui considera “benevola”, “perché non fa male”, e "celebrativa” perché “dà quella spintarella verso la conoscenza di sé, e di sé insieme al mondo e a Dio”, così dice. Probabilmente, perché oltre ai carabinieri che lo accusano di detenzione e spaccio di stupefacenti, avendolo trovato in possesso di 41 grammi di hascisc, di 1 di marijuana e 870 semi di canapa indiana lo scorso 24 agosto, vi sarebbe anche padre Raphael, quello che gli ha dato una mano nella sua personale ricerca spirituale, a metà fra Rivelazione cristiana e Upanisad indiani (scritti esoterici della filosofia Veda), a prendergli le distanze dopo aver capito la sua predilezione per i paradisi artificiali. Ma vi sarebbero anche quelli che “lo hanno tradito”. Cioè quelli che, sentendosi protetti dal suo carisma tutto “erba e meditazione” agli occhi dei più, avrebbero approfittato di lui piantando nei pressi della sua abitazione marijuana a iosa e, che una volta sbocciata, sono andati con i sacchi per portarsela a casa. Lasciandolo di nuovo solo. Ma lui solo c’era già. Avrebbe, invece, preferito continuare la “meditazione giornaliera” insieme a loro. Ma loro, chiaramente, avevano altri progetti. “Quando c’era don Mimmo Leonetti (ex parroco di Cerva ndr) – raccontano i più informati – lui era in una botte di ferro perché lo proteggeva, cercando di stargli vicino nella sua meditazione, allontanandolo dalle persone senza scrupoli che tentavano di circuirlo. Ora che se n’è andato, è in balia di se stesso, e soprattutto di quelli che vogliono abusare della sua particolare condizione, o di quelli, addirittura, che vogliono liberarsi di lui per prendergli via la casa”. Il suo casolare, infatti, dove ha iniziato a vivere fin dal 1983, prima era senza il tetto. Il proprietario della zona gli concesse di abitarvi. E con l’aiuto di un certo Fratel Carlo Carletto, figura storica indiscussa del cattolicesimo del secondo dopoguerra italiano, l’ha resa più ospitale, anche se, tutt’ora, è senza acqua e luce. Ma è un “castello” sul piano dell’estetica pura, si gode un panorama impareggiabile, che scende dai crinali di Andali e Cropani fino al golfo di Squillace dove sorge il sole. Nei pressi vi è anche una sorgente del fiume Crocchio. Una leccornia per palati raffinati, ora che va di moda il turismo no global, prezioso e raro, e lontano dai pacchetti vacanza tutto compreso. E anche per chi, questi palati, vuole assecondare. Ma lui Piero Bucciotti, riconosciuto “maestro” dal monaco inglese Bede Griffiths, uno dei fondatori del asrham hindu-cristiano in India, e come tale non più Piero, ma Svami Atmananda, non si cura di queste cose, se non della sua “libertà”. Per questa sua ovvia considerazione di ogni uomo sufficientemente attento alla sua vita, lui ha due episodi da raccontare. Il primo si è verificato in una caverna sulle montagne dell’Himalaya dove si era rifugiato negli anni settanta per vivere da solo, come richiedeva la tradizione eremitica che stava seguendo. Allora lo presero quelli della polizia del governo centrale di New Dheli, (“con delle catene grosse così - ricorda indicandone la grandezza con le mani - Altro che quelle dei carabinieri della compagnia di Sellia Marina!”) e lo portarono in prigione perché pensavano fosse un malvivente o una spia. “Lì io dissi che se mi toglievano la libertà mi toglievano la vita. Non mi diedero subito credito, allora restai quattro giorni senza mangiare e né bere. All’ultimo mi liberarono perché avevano compreso la mia natura, realmente pacifica. E mi festeggiarono pure”. Il secondo è stato l’anno scorso nelle aule del tribunale di Catanzaro. Accusato, sempre dai carabinieri, di detenzione e spaccio di stupefacenti, al suo avvocato d’ufficio scrisse (perché in quel periodo praticava la muna, cioè non parlava per “attuare il potere senza forma”, spiega in un linguaggio ieratico che ha la pretesa di trascendere quello quotidiano) la stessa cosa. Il suo legale scosse la testa e si avvicinò al giudice per rinunciare all’incarico. “La mia deontologia non me lo permette”, così si è giustificato il difensore dei diritti dello Stato italiano, rammenta l’allora silente maestro.
Piero Bucciotti è un libro vivente.
Originario di Orvieto, a vent’anni esatti è andato a Parigi per combattere con gli studenti durante il ’68. “Ci andai in autostop – racconta – come gli scrittori della beat generation della letteratura americana”. Ha praticato la boxe durante la gioventù, per poi abbandonarla in nome della non violenza. Ha esercitato il romitaggio in Abruzzo, in Sicilia, in Israele, nell’Himalaya, e in Calabria. Lo spartiacque ai capitoli più importanti della sua vita, però, glielo ha dato don Lorenzo Milani. Che lui ha conosciuto quando stava per andare a Parigi per unirsi alla battaglia dei 68ini.
La sua vita, dopo don Milani
Il prete di Barbiana lo smaschera subito del suo falso pacifismo. Ma non gli da molto peso. Finché un giorno, verso la fine del 1969, leggendo un articolo sulla sua morte ha un malore. Sviene. E quando si riprende decide che era l’ “Essere”, la sua guida, la voce che doveva cercare. Si rifugia al monastero della Tappa delle Fontane a Roma. Entra nell’ordine dei Camaldoli e conosce padre Raphael e padre Bede Griffits. Viene in contatto con il neo panteismo religioso contemporaneo: il Vedanta non-Duale. Che è anche un principio filosofico occidentale, quello parmenideo, arricchito dalla lunga meditazione esistenziale per scacciare il contingente del mondo in divenire. Nei giorni nostri si propone il dialogo e la comunicazione con le altre religioni liberando l’uomo dall’intolleranza. Si rifugia in una caverna dell’Himalaya. E dopo i fatti delle catene e della libertà fa ritorno in Italia. Qui conosce l’eremo di Padre Giovanni Vennucci, e poi quello di fratel Carlo Carretto. Ritorna nuovamente in India. Prima però ha un incontro personale con padre Raphael. Propedeutico al conferimento della Samnyasa da parte di padre Bede. Dalle cui mani riceve il battesimo per la ricerca hindu-cristiana della Verità, completamente nudo nelle acque del fiume Tamil Nadu dell’India del Sud. Nel 1983 accetta l’invito di don Mimmo Leonetti di venire in Calabria. Inizia, per lui, un romitaggio silenzioso nell’ “Armonia Primigenia” della sua casa in località Colle di Andali nel territorio di Cerva. Padre Raphael lo aiuta a fare diventare la sua abitazione un centro spirituale di accoglienza. Poi qualcosa va storto. Litiga con il suo guru, e don Mimmo si trasferisce. Per lui inizia la vera sfida per la sua scelta, senza più protettori. Da solo con la sua libertà, e con la libertà di “ascoltare la voce dell’Essere” con l’aiuto dell’erba “benevola e celebrativa”.

Già pubblicato sul numero di settembre de L'OPINIONE


Ps
Nello scorso mese di dicembre il giudice lo ha scagionato da ogni accusa perchè il fatto "non sussiste"

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Benchè apprezzi molto l'interessamento per la figura di Atmanana e le sue sue ultime vicende, devo rilevare, l'articolo peccare di non poche imprecisoni.

Anonimo ha detto...

...atro che imprecisione,dopo aver letto attentamente cio' che hai scritto posso affermare che non solo non hai capito nulla della figura di Atmananda, ma cosa ancor peggiore non hai compreso minimamente cosa voglia dire Ricerca della Verità. la tua è nella migliore delle ipotesi, ricerca del pettegolezzo giornalistico

Anonimo ha detto...

Gentili anonimi,
grazie dei commenti, innanzitutto, dal momento che Voi, sicuramente, la Sua figura e le Sue convinzioni le avete capite molto più di me, provate, se non Vi chiedo troppo, a scriverne una, almeno, con la cortesia, come si usa da galantuomini e da persone civili (a cui piace dire la propria per arricchire magari un dibattito. Magari!), di usare il Vostro caro Nome e il Vostro caro Cognome, come ha fatto il sottoscritto.
Cordialmente
Emilio Grimaldi

domenico dragone ha detto...

DI SOLITO CHI HA LA CODA DI PAGLIA..PER NON DIRE ALTRO NON SI FIRMA. COSA POSSO PENSARE DI QUESTE PERSONE ?
FACCIO BENE A NON PENSARE...........
CORDIALI E DISTINTI SALUTI. DOMENICO DRAGONE
SEGRATE. MI.

Massimo Rainò ha detto...

Piero molto abile a farsi invitare a pranzo e a trovare finanziamenti, anche sostanziosi, che poi con altrettanta facilità si faceva sottrarre, forse perchè non se li era sudati. Padre Giovanni Vannucci Priore dell'Eremo delle Stinche lo criticava e così anche Fratel Carlo Carretto che però l'ha aiutato, come Domenico Calati allora Priore di Camaldoli, e tanti altri l'hanno aiutato forse perchè vedevano in lui quello che loro impastoiati nel lavoro e nella famiglia non potevano essere.Perchè di Piero si poteva dire tutto ma non della sua sempreverde tensione e sincera fedeltà al Divino ed era questo che di lui apprezzava fratel Carretto che vedeva oltre le apparenze più o meno oscure. Certo che il duro lavoro sotto padrone lui non l'ha mai conosciuto in questo modo, ma ha lottato sempre contro l'incredulità e alla fine è riuscito nel suo intento e di questo bisogna dargli atto. Ma con l'aiuto di molti, anche sostanzioso, ma di questo non parla, forse ritiene sia cosa a lui dovuta per ricevere cotale illuminazione...Non avrebbe ricevuto la Samnyasi diksa da Padre Beda Griffith, monaco camaldolese che nel Tamilnadu aveva fondato il Saccitananda Ashram proseguendo l'insegnamento di Henry Le Saux,se non gli avessi pagato io il viaggio che facemmo insieme, perchè anche io seguivo un mio itinerario spirituale di ricerca: mi fece vedere un'India sicuramente più vera e autentica di quel che vidi nel mio viaggio successivo che intrapresi con alcuni preti. Trascorsi tutto sommato un bel periodo con Piero, quasi 3 mesi in India, poi lui continuò per il Nepal, ma stargli vicino era a volte un po' pesantino,la condizione era riconoscerlo come Maestro ed io non ne ero certo il tipo... Così fui testimone del periodo Indiano e anche di tre anni della sua esistenza fino alla Calabria: se non era x l'intercessione di Don Mimmo difficilmente avrebbe trovato quell'eremo a cui fu rifatto il tetto perchè fu molto aiutato. Quando entrò in funzione il suo piccolo ashram mi invitò....ma solo a fare una donazione....!

Massimo Rainò ha detto...

Errata corrige: Benedetto Calati e non Domenico Calati. Scusate

Anonimo ha detto...

MA ANDATE IN CULO VOI E CHI V'HA CACATO!
NON CAPIRETE MAI!
SIETE TROPPO ATTACCATI ALLE COSE MATERIALI ED EOISTI PER POTER CAPIRE...

giuseppe.rizzuti ha detto...

ci sta che l articolo possa avere qualche imprecisone,ma attaccare Emilio e parlare di Ricerca di Verità mi sembra un pò esagerato...vorrei sapere se quell' anonimo a che punto è della sua ricerca per parlare così..
c' ero anche io quando Emilio ha intervistato Piero..è stato un bel momento perchè qualcuno ha raccontato un pò di Piero,,,perchè qualcuno ha dato modo a Piero di spiegare,,,visto che Piero spesso e soprattutto da quelle parti non è ben visto(anche se ha lui importa poco),,,
è stato un bel pomeriggio e io ringrazio nuovamente Emilio per quello che ha fatto e ricordo anche che Piero lo ringraziò,quindi per l' anonimo,stai tranquillo "Atmananda" ha deciso di raccontarsi.
poi vorrei rivolgermi al signor Raniò,bella tutta questa biografia dell vita di Piero,ricordo però che anche il tuo punto di vista è discutibile in quanto a verità e poi sinceramente quello che ha scritto non c entra nulla con l' articolo. poi cosa più fastidiosa lei sa che Piero non leggerà mai queste parole e non avrà modo di replicare,ma forse anche lei nella sua ricerca della verità ha questo modo illuminato di confrontarsi con le persone...
la critica è sempre costruttiva soprattutto dalle nostre parti..






ringrazio ancora Emilio..giuseppe

Anonimo ha detto...

LA RELIGIONE è L'OPPIO DEI POPOLI, OVVIO MA CERO.
UNDU-CRISTIANA, MA PER FAVORE, AVETE MAI LETTO UNA TALE SCIOCCHEZZA NELLA BIBBIA O NEI 5 CANESTRI??? LA DETENZIONE DI STUPEFACENTI IN ITALIA è UN REATO PENALE.....ECC ECC

BICI

Massimo Rainò ha detto...

Gentile Signor Rizzuti, io mi sono limitato a dare la mia testimonianza in quanto ho conosciuto personalmente Piero e ci siamo frequentati a lungo in varie occasioni e per vari anni: tutto quel che ho detto è vero, checchè Lei ne pensi o commenti con dubbio gusto. Che poi Piero lo legga o no questo è ininfluente sul mio detto: sarebbe auspicabile che lo leggesse, ma se non lo facesse non me ne stupirei in quanto lui diceva sempre che "è al di là".

Anonimo ha detto...

Conoci a Piero en su estadia en Israel. Quisiera comunicarme con el. Vivo en Argentina

Filius Lunae ha detto...

Riporto dalla mia Autobiografia: Paolo 'l'Eremita' lo conobbi nel 1991. Dalla mia Autobiografia: Un incontro ‘fuori zona’ che feci fu quello con Paolo a Cerva, un paese vicino a Sersale. In un piccolo appezzamento di terra fra i castagni che il Parroco gli aveva donato viveva Paolo, detto ‘l’Eremita’ dagli abitanti della zona. Praticava yoga e coltivava l’orticello attiguo a quell’ex ‘Pastillaro’: rustico adibito alla raccolta e lavorazione della castagne. Andammo a portare ‘l’erba’ a Paolo. Un po’ ce la tenemmo per noi. Paolo era un ragazzo di una certa cultura: aveva libri orientali e cristiani. Mi colpi il Santino di Yemanjà, la Madonna Stella Maris della Santerìa: era forse la prima volta che ne vedevo uno. Alle eventuali obiezioni che gli potevano fare sulla discordanza della sua condotta con quella del suo amico Parroco, lui diceva che il Parroco aveva la sua Parrocchia e lui la sua. Di tanto in tanto veniva a trovarlo la madre che l'aiutava economicamente