12 marzo 2009

La serenità di Piero Grasso

Piero Grasso è sereno. Quando la giornalista gli chiede cosa pensa del fatto che anche lui è finito nella “banca dati di Genchi” il procuratore nazionale Antimafia dice di essere sereno e tranquillo. Non ha paura della giustizia. Non ha paura della violazione della sua privacy. Non si scompone Piero Grasso. Risponde in modo pacato. Non quella pacatezza di chi nel silenzio e nello sguardo che si perde nel vuoto ricerca le parole giuste per mascherare un reato commesso nel retrobottega, o magari tra i Palazzi che contano. Ma quella pacatezza che deriva dalla sua coscienza. Anzi, lancia una scommessa, un sondaggio.

Io assolutamente sereno e tranquillo. Io vorrei fare una sorta di sondaggio. Vorrei chiedere ai cittadini: “Ma voi per trovare il responsabile di uno stupro, di un omicidio, di una rapina, sareste disposti a subire un’invadenza nella vostra privacy pur di trovare quel responsabile?”. Vorrei vedere cosa risponderebbero i cittadini. Io sono sereno e tranquillo perché non ho niente da nascondere. Chi si oppone a certe intercettazioni, a certi modi di fare le indagini, sembra quasi che cerchi il diritto di rimanere non scoperto dalle indagini. Allora io penso che questo diritto non si possa garantire a nessuno. Chiunque non ha nulla da temere deve consentire, garantire a chiunque di indagare. Naturalmente deve rimanere riservata l’indagine perché l’indagine è riservata e deve essere finalizzata a un processo, non a finire sui giornali quando non c’è motivo. Allora, con questi limiti e con questi presupposti io mi sento sereno e tranquillo.


Dedicato a chi rappresenta le Istituzioni, e a chi, a nome delle stesse, difende a spada tratta una giustizia che appare sempre di più casalinga. Che si adatta solo ai loro panni. E quindi non più giustizia, non più verità.

Nessun commento: