17 maggio 2011

Il Dna di Alberto Cisterna

Il memoriale di Antonino Lo Giudice, detto il "Nano"

Il (la, ndb) Dna, il procuratore aggiunto Alberto Cisterna, ce l’ha nel sangue. Direzione nazionale Antimafia. Una direzione orchestrale. Cantare e non cantare. La tempistica è importante. È tutto. Dove l’attendibilità o meno di un pentito diventa una questione d’orecchio. Per la musica, s’intende. E allora, Nino Lo Giudice, detto “il Nano”, che lo accusa di “connivenze” con la cosca “Lo Giudice”, prima “non è attendibile”, salvo poi rivedersi. Su di lui e sul fratello, Luciano. Ascoltate bene perché se “qualcuno” avesse detto al direttore come stavano le cose “forse ci saremmo risparmiati la bomba contro l’abitazione di Salvatore Di Landro e il bazooka contro Giuseppe Pignatone”. Attentati avvenuti in Reggio Calabria il 26 agosto e il 6 ottobre 2010.
La notizia trapela per mano dello stesso “avvocato di Roma”, nome in codice con cui veniva indicato tra le mura carcerarie da Luciano, procacciatore del Bordello, ossia la strategia della tensione verificatasi in quella dello Stretto, per il presunto “tradimento” di Cisterna e altri tre magistrati, Francesco Mollace e Francesco Neri, secondo la Dda di Reggio Calabria e il gip di Catanzaro. Replicando a un pezzo di cronaca sul memoriale del Nano, apparso sulla testata giornalistica on line: Strill.it, mette in campo tutta la sua capacità di condurre il ballo. E’ il suo mestiere.
Il 13 maggio dichiara alle agenzie: “Il pentito Lo Giudice è inattendibile su questa vicenda”. E poi continua: “Si accontenti, per il momento, la pubblica opinione, di ciò che è stato disvelato sul punto sia pure in termini erronei (…)Ho più volte detto che si tratta di una questione delicata che non può essere trattata in modo spregiudicato e avventuristico poiché coinvolge la vita di colleghi e di altre persone e vede in discussione interessi superiori della Repubblica”. Dunque, il pentito che lo accusa è inattendibile. Detto da lui, apertamente coinvolto, è come ascoltare il no di un bambino sorpreso con le mani nella marmellata. Non è credibile, la ragione è semplice. Si dà il caso, però, che lui non è un bambino almeno quanto è, invece, il numero due della più alta Istituzione che si batte contro le mafie. Vale la seconda per la direzione.
Due giorni dopo su Strill cambia registro. Allegro. Dopo aver invocato i suoi “venticinque anni di carriera, decine di ergastoli, la cattura di alcuni tra i più pericolosi latitanti della ‘ndrangheta”, chiarisce la questione dell’attendibilità di Lo Giudice. E lo fa così: “Chiarisco per l’ennesima volta che nessuno discute dell’attendibilità del pentito Lo Giudice Antonino, attendibilità però che non costituisce un atto di fede, ma la risultante tra ciò che il Lo Giudice dice e ciò che i magistrati hanno riscontrato sulle sue dichiarazioni, sia a Reggio che a Catanzaro. Lo Giudice, quindi, è sicuramente attendibile quando le cose che dice vengono riscontrate e verificate dai magistrati ed è altrettanto sicuramente un calunniatore quando riferisce cose smentite dai fatti e, nel mio caso, anche dalle sue stesse parole”. L’allegro è allegro, bisogna accettarlo per quello che è. Poi il lento. Tono pacato e rassicurante. “Circolano spezzoni di verbali, tracce di intercettazioni in cui si registrano i colloqui di soggetti e, per ora, mi fermo solo su alcune anomalie. Anomalie ben evidenti negli atti, ma curiosamente ignorate a vantaggio di incomprensibili obiettivi”.
E andiamo e leggerli, questi atti. Un esempio edificante ce lo fornisce lui stesso. “Un esempio decisivo che da solo modifica in modo radicale tutte le insinuazioni e le calunnie fin qui accumulate in questa storia. C’è una intercettazione ambientale, quella del 20 maggio 2010, tra Lo Giudice Luciano e la moglie Florinda, registrati a loro insaputa in un carcere del Nord, che viene sistematicamente manipolata prima di essere data in pasto alla pubblica opinione, nonostante che una nota ANSA del 16 aprile 2011, di esemplare chiarezza, abbia informato tutti i giornalisti italiani su come stavano esattamente le cose”. Aprite bene le orecchie. “Leggiamola tutta intera questa intercettazione, senza maliziose cancellature «Luciano riferisce a Florinda (la moglie, ndr) di mettersi in contatto con l'avvocato di Roma (il sottoscritto, ndr) per un incontro con lui che va al modello 13 comunica che come arriva a Reggio di chiamare l'avvocato di Roma e di dirgli "... ha detto Luciano che APPENA METTE PIEDE A REGGIO VA IN MATRICOLA E SI SEGNA CHE VUOLE PARLARE CON VOI, PERCHÉ VUOLE COLLABORARE CON VOI”. Lei dice che lo farà, si lamenta (Luciano, ndr) che sono sette mesi che è dentro, dice che se vogliono, di dirglielo che gli avvocati se li toglie e poi li raggiunge (aggiunge, ndr) a modo suo, COSÌ ESCE LUI (LUCIANO, NDR) E NE ENTRANO CENTO, NOVANTANOVE DELLA QUESTURA E QUALCHE MAGISTRATO PURE»” (Virgolette e note di Cisterna).
Come si deve interpretare? È l’avvocato di Roma a dare il là: “Luciano intende creare un vero e proprio sconquasso. Per crearlo vuole rivolgersi a me evidentemente considerandomi distante dai presunti «cento», a suo parere, corrotti. Rileggo: «APPENA METTE PIEDE A REGGIO VA (Lo Giudice Luicano ndr) IN MATRICOLA E SI SEGNA CHE VUOLE PARLARE CON VOI, PERCHÉ VUOLE COLLABORARE CON VOI (cioè con me ndr)». Per chi avesse dei dubbi sull’operato di Alberto Cisterna ora se li è belli sciolti. Lui non è - non è - tra i “cento”. Chi lo dice? Il pentito, finalmente attendibile sia per la Dna che per la Dda, direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che dà credito al Nano. E lui, ovviamente, il destinatario del messaggio. Ritorna l’allegro.
Prove generali di un’infatuazione a seguire: allegro con brio.
Ascoltiamo: “Ho letto questa intercettazione il 16 febbraio 2011 e mi sono chiesto cosa sarebbe accaduto se la moglie o altri mi avessero informato. Forse ci saremmo risparmiati la bomba contro l’abitazione di Salvatore Di Landro e il bazooka contro Pignatone”. Ma come? Nessuno riferì al numero Due della lotta alle mafie quello che aveva detto Luciano, che voleva pentirsi tra le sue braccia? No, nessuno. Lo viene a sapere quasi un anno dopo, il 16 febbraio scorso. Sembra che siano andate così le cose, ma non è vero. È sempre il direttore a ritornare sui suoi passi. Il 3 marzo successivo, del 2010, Luciano gli manda un telegramma - proprio a lui, che se lo avesse saputo prima del 26 agosto e del 6 ottobre, giorni degli attentati a di Landro e Pignatone, avrebbe fatto evitare la bomba e il bazooka. E che succede? Niente di niente. Bomba e bazooka lo stesso. E allora, che lo ha detto a fare?
Allegro con brio, musica per orecchie ben educate. Attendibilità o inattendibilità, musica maestro!

2 commenti:

emanuela ha detto...

EMILIO DACCI QUALCHE NOTIZIA IN MERITO AD ALCUNI GIOVANI arrestati a Sellia Marina...ciao e grazie

Anonimo ha detto...

tutto tace..........................