30 marzo 2013

Il buco di via Fratelli Plutino


E’ da un po’ di tempo a questa parte che il Medio Oriente si sta affacciando sulla Calabria. Nel Capoluogo precisamente. E non è solo la Bunkersec israeliana che installerà per le vie della città ben 700 telecamere per vigilare sulla sicurezza dei catanzaresi. Non tutti sanno che già da prima c’era il Libano. Una società libanese che ha deciso dall’oggi al domani di investire nei parcheggi. Nella costruzione di un fabbricato “a tipologia mista, in parte residenziale ed in parte a parcheggio pubblico” in via Fratelli Plutino. A ridosso dello stadio Ceravolo. Nel bel mezzo di un buco. Di una cavità profonda e lunga almeno 15 anni di trafila burocratica. Fino all’arrivo della Exetech Sal, che nel 2010 ha sbrogliato una matassa su cui pendono diverse indagini, aperte e mai concluse dalla Procura della Repubblica. Un buco prescritto da vincoli e rischi idrogeologici. Ma appetitoso, evidentemente.
Correva l’anno 1998. Sindaco Sergio Abramo. Casualità delle casualità lo è anche al giorno d’oggi, dopo due mandati e cinque acclamazioni. La Giunta comunale emana un avviso pubblico. La finalità è la risoluzione del problema dei parcheggi. Il Piano previsto si chiama PUP, “urbano parcheggi”. E prevede “la costruzione e la gestione dei parcheggi da realizzarsi a cura e spese dei privati”. Ne presentano cinque. Tra cui Giuseppe Paone, amministratore della Ediltura Snc, e Romani Salvatore per l’area San Ludovico - Piè della Sala. L’Ufficio urbanistica si rende conto subito che Paone ha un po’ manomesso la pianta della città. Già costruttore delle villette a schiera sotto lo stadio, fa il gioco delle tre carte spostando leggermente le particelle in modo da farle rientrare nell’area Pup. “E nemmeno la contiene”, rileva un’attenta Alba Felicetti, ingegnere responsabile del Procedimento. Per cui rigettano la domanda. Ma Paone non si dà per vinto. E nemmeno il Consiglio Comunale nella sua veste di propulsore dello sviluppo del capoluogo. Nel 2000 l’Organo consiliare manda gli atti all’ufficio competente. Ma la volontà c’è. Nel 2001 per il nuovo Piano regolatore l’area è “soggetta a tutela ambientale”. Ediltura si giustifica dicendo che, stando al regolamento del bando, confina con il Pup, almeno. La tutela ambientale nelle prescrizioni Pai si arricchisce di veri e propri rischi.  E vengono classificate con R4 e R3 quasi tutte le particelle del Multipiano. Il Comune non ce la fa a prendersi tutte le responsabilità. Se ne lava le mani e demanda tutto al Genio Civile della Regione Calabria. Il 12 novembre 2002 il Dipartimento urbanistico risponde che si può fare, salvo parere favorevole di uno studio geologico. Poi il silenzio. Ancora un buco di dimensioni colossali, questa volta temporale, si abbatte su via Fratelli Plutino, nonostante l’avallo del Consiglio comunale del 29 dicembre 2003.
Siamo ai giorni nostri. Il 14 aprile 2010 nella INV.IM. Srl, una società con sede a Roma in via Michele di Lando che si occupa di costruzioni, arrivano soldi freschi. Direttamente dal Libano. Un mese dopo l’ingegnere Maurizio Calidonna, procuratore speciale della Villa Paola Residence Srl di Pizzo Calabro e figlia della INV.IM., avendo acquisito suolo e progetto della Ediltura snc, rispolvera a Palazzo de Nobili la delibera consiliare del 2003. Il 5 maggio stringe la Convenzione. Settecento posti auto in sei piani.  Duecentocinquanta di proprietà del Comune, il resto del fabbricato, circa 10 mila metri quadrati - un terzo del totale - destinato ad appartamenti residenziali. Villa Paola Residence, di cui è comproprietaria anche la famiglia Callipo di Vibo Valentia, si trasferisce a Roma, a casa di madre INV.IM. Il permesso di costruire è del 9 dicembre 2010. Affiancato da un atto ricognitivo. Entro un anno la messa in sicurezza dell’area - già fatta. Entro tre la realizzazione dell’opera dall’ennesima riclassificazione e riperimetrazione dell’area da parte dell’Autorità di Bacino regionale. 
Il Libano è alle porte. Un Libano molto italiano, quasi catanzarese. 

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Interessante. Veramente interessante. Una societá libanese che investe in un "buco" a Catanzaro é il segno di una forte evoluzione scientifica delle modalitá di investimento non tracciabili. In barba alle norme anti riciclaggio in Italia.

Anonimo ha detto...

Vado fuori tema ma mi viene in mente quando circa tre lustri fa degli assegni circolari della comunità europea destinati ad agricoltori furono rubati ed incassati in Libano con documenti falsi. Evidentemente anche in Libano è stata aperta una succursale della ndrangheta?

Anonimo ha detto...

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-05-08/vincenzo-speziali-gancio-libanese-che-si-sarebbe-rivolto-scajola-la-latitanza-matacena-121619.shtml?uuid=