26 dicembre 2013

La terra di Fabio Curto


“Quando compongo mi sembra di mettere le mani nell’argilla e di plasmare qualcosa. Ecco perché le mie canzoni sanno di terra.” Fabio Curto, professione cantautore. Ma non troppo. “Se cantautore significa che prima si scrivono i testi e su di essi si musicano le note, allora non lo sono.” Prima i suoni. Della sua terra, di Acri. Vertiginosa finestra sulla Sila Greca. Che riflette colori primari e sprigiona odori genuini, ancora non del tutto contaminata dal cemento e dal progresso contraffatto. Poi i testi “che descrivono ciò che sento, provo. Niente di più.” 
Non è un cantautore. Oppure lo è a modo suo. Autore di se stesso. Sensazioni autentiche di un universo semplice. Ancestrale, non inquinato nemmeno dai pregiudizi. Dove le parole non hanno il compito di riempire ciotole lasciate volutamente vuote per essere vendute al miglior offerente. Delimitano le pulsioni del cuore e della mente. Gli danno un senso, una direzione. Altrimenti rimarrebbero inchiodate nella nuda terra. Le fanno volare verso l’alto.
Ventisei anni. Di cui ventidue passati insieme agli strumenti. Figlio d’arte, il padre suona in un gruppo folk locale. Ha studiato Scienze politiche, ma è con la musica che ha stretto un contratto d’amore.

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