28 dicembre 2015

Il presepe Guglielmo (di Acri)


Il presepe ha sempre suscitato, fin dalla prima rappresentazione di San Francesco d’Assisi, emozioni che trascendono dalla fede nel Bambinello venuto al mondo per salvare gli uomini. Esula dalla religione. Trova ristoro nell’umanità autentica di chi vuole sentire quei profumi, provare quel freddo, ammirare quella povertà materiale e nello stesso tempo quella ricchezza spirituale dei principali rappresentanti della religione cristiana in una dimensione umana, solamente umana. È così paradossale, il presepe, che punta l’indice anche su quali devono essere i crismi di un cristianesimo vero. Più sono poveri i suoi rappresentanti, più sono veri. Più sono ricchi, più sono ipocriti. Il presepe, esattamente, trova conforto nella sensibilità artistica e nostalgica verso un mondo ormai perduto. Quasi ingombrante al giorno d’oggi, ubriaco di consumismo e di social network.
In una piccola contrada di Acri “Guglielmo”, alle pendici della Crista, la vetta più alta del paese natale di Vincenzo Padula, è andato in scena il 26 e il 27 dicembre scorsi il presepe vivente. La cura nel rappresentare gli ambienti della Natività, l’attenzione nell’inserire alcuni elementi della tradizione calabrese e tipicamente acrese, la passione nel ricreare le radici delle nostre origini, promossa dai volontari dell’associazione “Il Faro”, ha restituito il significato del presepe in tutte le sue sfumature. Ed è principalmente nell’artificio del presepe che sono riusciti. Nel fare arte qualcosa che non ha spazio e non ha tempo. Che varrà per sempre.

(con la collaborazione di Giulia Zanfino)

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