19 luglio 2016

"Operazione Capalbo"


Dopo l’uscita di scena di Salvatore Ferraro, il giornalista senza portafoglio del Comune di Acri, è tornata a sedere sul banco dell’Amministrazione Maria Paola Capalbo. Il sindaco, Nicola Tenuta, quale stratega di una città in perenne conflitto con se stessa, le sue idee e i suoi progetti, ha inteso da un lato: scongiurare che gli scricchiolii di vetro mandassero completamente in frantumi la sua maggioranza; dall’altra: riaprire quelle ferite che gli consentono di tenere ancora vivo il fuoco incrociato dei suoi amici e dei suoi nemici. Nelle more di una democrazia in agitazione ha un nome ben preciso questa operazione: strategia della tensione, e della confusione.
E così la Capalbo, protagonista inconsapevole di un piano bellico, antitesi virale di un sistema hegeliano governato dal suo capo, con una certa attenzione e anche una lodevole e sterile pignoleria, sta attuando il suo lavoro. Dopo la sua lettera aperta alla Fondazione Padula, in cui, neanche troppo ironicamente, invita la Fondazione a chiedere alla Regione di eliminare le barriere architettoniche piuttosto che organizzare i Premi letterari perché “a priori” e “imposti dall’alto”, sta concentrando le sue personalissime schegge idealiste sul Maca, sul museo di Vigliaturo, come le piace chiamarlo. A lei non piace, come non gli piace la Fondazione. In questo è fin troppo sincera, hegelianamente e anche marxianamente (quello che ha detto di aver messo in piedi, nella giusta direzione, la filosofia di Hegel) parlando. Tuttavia, lei sa e dovrebbe sapere, che i “piaceri” personali, opinabili quanto i gusti e la neve agostana, devono entrare in dialettica, prof.ssa Capalbo, con la realtà, con gli altri, con le istituzioni, con le persone, con il popolo. Con idee e pensieri reali, non immaginari, per addivenire ad una sintesi condivisa ed essere il risultato di un presente davvero consapevole.
A fronte di una dialettica monca e ferita nell’orgoglio, proprio per mancanza di quella polpa vitale che è l’antitesi, sta cercando di attuare il suo disegno mandando in avanscoperta i suoi poteri. Nel contesto vengono diffuse, guarda caso, notizie difettose, pregiudizievoli, più insidiose della falsità.
La mostra su Rotella non poteva passare inosservata alla sua sete di bere dal calice dell’arte. Vigliaturo non può da solo ergersi a paladino dell’estetica! E voilà: una notizia sulla mostra che diffidava il Maca dall’utilizzare le opere dell’artista. Ma chi precisamente? I suoi eredi e il notaio Rocco Guglielmo di Catanzaro, nonché presidente di un’altra Fondazione, non di Padula, ma di lui medesimo e dello stesso Rotella. Una Fondazione che, nelle more della lettera aperta ai calabresi dell’artista Rotella, dovrebbe muoversi secondo i dettami e le volontà del maestro quando scrisse: “La mia idea, per il futuro della Fondazione, è legata ad una visione culturale ampia di confronto e di dibattito e non alla costituzione di una scatola chiusa, riservata a pochi, che non avrebbe senso e finirebbe con lo svuotare di significato la mia stessa concezione dell’arte e della vita. Così parlò Rotella.
Dunque, la diffida di per sé è una grossa notizia. Addirittura! Si palesano fiori di quattrini da far pagare ai cittadini acresi, inconsapevoli delle volontà di Vigliaturo. Colpevole di aver organizzato una mostra sul Nouveau realisme che alla Capalbo è apparso strano, vista la poca dimestichezza che ha con le cose reali perché dettate solo dai propri piaceri. La notizia, una bomba detto in gergo giornalistico, è monca. Manca di qualcosa. Mandante e scrivano evitano accuratamente, oppure realmente non ne erano a conoscenza (eventualità che combacia perfettamente con il disegno aprioristico e del tutto pregiudizievole, come fa chi si ostina a comandare il vento) di riferire che la controversia era già terminata da un pezzo. Ma va! Che notizia è una notizia risolta? Nessuna! Dunque, l’antitesi che annulla la tesi non viene per nulla presa in considerazione dagli hegeliani spuri. E rimane loro in mano una tesi che si gloria del nulla metafisico: in altri termini: un pugno di mosche, e per giunta sterili.
Non completamente soddisfatta della magra figura e della catastrofe idealistica che se Hegel dovesse risorgere dalle ceneri! lasciamo stare…. sta condensando la sua mania di distruzione sui dipendenti che danno una mano alla funzionalità del Museo. Lei, quale assessore alla Cultura, li vuole con sé. A contemplare l’arte pura, dell’ “A me non piace” piuttosto che darsi da fare per l’unica estetica fruibile nel città di Padula. In queste ore non sta nella pelle. Rotella era suo. Lui e il notaio di Catanzaro. E in questo ménage, Vigliaturo é di troppo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

analisi perfetta dottor Grimaldi,che paese strano questo " Acri" ma chi sono che vogliono parlare di cultura? cultura e Acri su due binari diversi se no lo scontro era inevitabile .

Claudio ha detto...

Bravo dott. Grimaldi,
una lucida analisi.....