Pierpaolo Bruni, pubblico ministero della Procura di Crotone, individua le schede “coperte” di Salvatore Cirafici, procuratore della Wind Telecomunicazioni, più di duecento, per le quali ha ordinato un’ispezione. E Aldagisa Rinardo, presidente del Tribunale del Riesame di Catanzaro, amica di Antonio Saladino tanto che uno dei figli lavora in una delle società riconducibili al presidente della Compagnia delle opere nel Sud Italia, trasmette gli atti a Roma.
Sono gli ultimi sviluppi di una costola dell’indagine “Energiopoli” che vede coinvolti esponenti di spicco della politica calabrese e imprenditori in merito alla richiesta e all’ottenimento dei finanziamenti per la costruzione della centrale a turbogas di Scandale. Tra cui, Giuseppe Chiaravalloti, ex presidente della Regione Calabria, Pino Galati, ex sottosegretario di Stato al Ministero delle Attività Produttive con delega alla Contrattazione Programmata, Domenico Lemma, dirigente del settore ambiente della regione Calabria, Diego Tommasi, ex assessore regionale all’Ambiente, Giovanni Iannini, giudice del Tar della Regione Calabria, Pecoraro Ascanio, ex ministro dell’Ambiente, Giuseppe D’Anna, titolare della Power Consulting Company Overseas Limited). Il nome del procuratore della Wind, già noto a Luigi De Magistris, nell’inchiesta Why Not, si fa strada nel momento in cui viene captata dagli inquirenti una telefonata di grande interesse investigativo di Enrico Maria Grazioli, maggiore dei carabinieri, a Le Castella nel settembre scorso. I carabinieri di Crotone chiedono all’operatore telefonico l’identità del titolare della sim interlocutoria. Da subito risulta “disattiva”. La risposta insospettisce quelli della Procura che insistono. Finché poi si viene a sapere che era in uso allo stesso responsabile della Security della Wind telecomunicazioni, Cirafici. Grazioli, interrogato, non si fa pregare e confessa che “era stato lo stesso Cirafici ad informarlo del fatto che era intercettato” e che lui gli avrebbe fornito anche una scheda “coperta”, non rintracciabile. Un elenco, quindi, vi sarebbe, in uso, e fornito dal procuratore Cirafici, a personaggi insospettabili – non si esclude che possano appartenere anche a magistrati in servizio, avvocati, e imprenditori - e “irrintracciabili” , grazie a un “Id Account” identico alla stessa “famiglia” - cioè le informazioni anagrafiche - del titolare della scheda, annota il tenente Antonio Patruno, autore dell’ispezione presso la Wind.
Nel corso di una intercettazione Cirafici avrebbe detto a Grazioli che “Bruni va fermato”. Di tutta risposta il procuratore chiede gli arresti domiciliari per l’ex carabiniere, accordatigli dal gip, Gloria Gori. Ma il 31 dicembre scorso, Aldagisa Rinardo, presidente del Tribunale del Riesame, li revoca disponendo, per Cirafici, solo l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Aldagisa Rinardo, proprio lei, dell’entourage del sistema Saladino, costellato da magistrati, avvocati e politici che Luigi De Magistris avrebbe voluto sgominare nell’ormai notissima indagine Why not. Non solo, ma trasmette gli atti alla Procura di Roma anziché a quella competente di Salerno. Infatti, si è guardata bene dal far intervenire la Procura che già la conosce per i fatti di Saladino & company. Rimettendoli al pozzo della Procura della capitale, dove arriva di tutto. E tutto muore. O si insabbia.
1 commento:
Ecco del perchè le indagini di Luigi De Magistris sono state secondo loro un fiasco, come adesso vorrebbero fare con Pierpaolo Bruno,e tutto s'insabbia .
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