24 agosto 2011

Alli non olet



Il logo è di colore verde e blu. I colori della natura. Ener in blu e Ambiente in verde. E sono mantenuti in tutto il testo dell’insegna. Tre tangenti verdi concentriche lasciano intendere un ciclo. Il riciclo. Quello dei rifiuti. Tutto ritorna. Basta passare dalla Regione Calabria all’Impianto di Alli. Da qui alla società. Poi ad un’altra. I rifiuti che girano insieme ai politici e ai guru dell’economia dei gabbiani. Ciclano e riciclano. I soldi girano. Da una tasca all’altra. Qualcuno rimane senza. Via, messo da parte. Liquidato. Sembra. Perché si tratta sempre delle stesse persone. È questo il gioco. Il gioco delle tre carte. Pecunia non olet.
Vespasiano se fosse vissuto ai giorni nostri sarebbe stato contento dell’aggiornamento alla bravata del figlio Tito. Avrebbe magari detto che sono i rifiuti a non odorare, e non le monete raccolte nei gabinetti pubblici. Dato che valgono oro. Un po’ meno dell’evenienza che ad accaparrarsi i soldoni non è l’Impero Romano ma un’insospettabile cricca, veneta e calabra. Checché ne dica Bossi. L’Italia è più unita che mai.
Stefano Gavioli, veneto, amministratore di Enerambiente e di Enertech e proprietario e liquidatore di sé stesso, della Slia Spa; Loris Zerbin, veneto, direttore tecnico di Enerambiente e di Enertech; Giovanni Faggiano, pugliese d’origine e veneto d’azione, braccio destro del Gavioli, amministratore di Enerambiente e di altre società; Francesco Pugliano, calabrese, reggino per l’esattezza, assessore all’Ambiente e Sub Commissario per l’emergenza ambientale della Regione Calabria; Graziano Melandri, emiliano d’origine e calabrese d’adozione (anzi, è stato adottato da Giuseppe Scopelliti, prima in qualità di sindaco di Reggio Calabria e poi come governatore) Commissario per l’emergenza ambientale. Domenico Richichi, reggino, funzionario dell’Ufficio del Commissario per l’emergenza ambientale.
Il nome dell’indagine creato dalla Procura della Repubblica di Catanzaro dice tutto. Il crinale catanzarese Cucullera nobile trasformato in un pozzo senza fondo. Di rifiuti convertiti in oro.
Andiamo con ordine. Nel 1999 l’Ufficio per l’emergenza ambientale della Calabria firma un contratto con la Slia Spa per la gestione della discarica di Alli. Questa con una mano riceveva, i soldi, e con l’altra anziché restituirli e pagare le tasse accumulava debiti su debiti. Quando ormai non ne poteva più matura l’ingegno veneto calabro. Fondano un’altra società, la Enerambiente Spa. È il 2007. Alla quale trasferiscono solo le componenti attive e la stessa gestione del servizio. Non i debiti, questi no. Rimangono in dotazione alla società madre, che viene poi messa in liquidazione volontaria. Non lo potevano fare. L’articolo 26 dell’accordo dice testualmente: “E’ assolutamente vietato, sotto pena di immediata risoluzione del contratto e del risarcimento dei danni, la cessione del contratto”. Non avrebbero potuto. L’Ufficio del Commissario fa orecchie da mercante. E prende atto del subentro della nuova società. Prende atto. Tanto che l’insegna posta all’ingresso della discarica lo scrive a caratteri cubitali. Spiegato, allora, il danno erariale perché l’Agenzia delle entrate non sa a chi chieder più le imposte. Lo sa che spettano sempre alla ditta Gavioli & Faggiano. Conosce anche il loro indirizzo, via della Chimica, in Venezia Malcontenta, il medesimo per tutti i consorzi. Ma hanno cambiato nel frattempo abito. Da debitori diventano creditori. Dicasi truffa. “Un meccanismo fraudolento”, spiega l’ordinanza applicativa del sequestro dei beni firmato dal giudice per le udienze preliminari, Abigail Mellace, “che non ha altro fine che quello di rendere inattaccabili da eventuali azioni esecutive il patrimonio attivo e i crediti maturati dalle società nell’esecuzioni di proficui contratti di appalto e di vanificare gli esiti delle eventuali procedure di riscossione degli ingenti debiti tributari intentate o intentabili dall’Erario nei confronti delle medesime persone giuridiche”.
Ma c’è di più. Visto che stava andando bene, eccone spuntare un’altra. Eh sì, perché nel mentre, siamo nel 2010, anche l’Enerambiente si era indebitata. Arriva il turno, dunque, della nipote della Slia, Enertech Srl. Rispetto alla madre, è più tecnologica. Infatti, il suo capitale sociale è di soli 100 mila euro, rispetto al milione e passa della precedente. Pensava di riuscire a moltiplicare i soldi più velocemente grazie all’esperienza di chi l’ha preceduta. Con l’avvento del terzo giocatore il sequestro dei beni da parte del Tribunale di Catanzaro. Un sequestro pari a 90 milioni di euro. Tra cui una villa a Cortina d’Ampezzo, una barca a vela, automobili di grossa cilindrata e quote societarie. Gavioli, il veneto, stava per trasferire tutti i suoi soldi all’estero. Aveva visto giusto. Battuto sul tempo.
Ciclo e riciclo. Blu e verde. Rifiuti e soldi. Pecunia non olet. E non lo sanno solo i gabbiani.

L'ingresso della discarica di Alli

2 commenti:

giuseppe ha detto...

e i cittadini sono sempre quelli a pagare, tasse su tasse, l'immondizia rende bene, rende bene con l'aiuto dei soliti politici di turno.

domenico ha detto...

Bisognerebbe confiscare tutto quello che rubano. i soldi devono ritornare in Calabria.