Pazienti in attesa al Pronto Soccorso del Pugliese Ciaccio di Catanzaro
Morire fissando le luci accecanti del corridoio. Morire eclissati dal via via dei sanitari. Morire senza il conforto dei familiari invitati ad accomodarsi nella sala d’attesa. Morire nell’indifferenza. È successo ieri sera
al Pronto soccorso dell’ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro.
Un uomo di 75 anni si è recato al nosocomio perché avvertiva dei forti dolori addominali. Registrazione di routine. Visita e controllo del grado di urgenza. Ecco, urge una radiologia. Poi l’attesa dei risultati su un lettino. Arrivano, non arrivano. E lo lasciano lì. Hanno fatto il loro dovere, i medici e gli infermieri. Di più non possono fare. Non possono stare accanto ai malati per assisterli. No, non lo possono fare. In mille faccende affaccendati, considerata la carenza di personale, non hanno il tempo e la voglia. E ne approfittano. Quelli che riescono s’imboscano, tanto nessuno controlla E, altri, quelli che credono nel loro lavoro come una missione, lavorano il doppio. E si dividono tra lastre, pazienti ed esami. E familiari anche. Ecco, questi ultimi non c’erano sicuramente ieri sera all’ospedale. Oppure, se c’erano, non l’hanno sentito urlare di dolore e rabbia. Erano impegnati a fare altro. Probabilmente hanno evitato quella tragedia che, grazie a loro, non c’è stata.
Un uomo di 75 anni si è recato al nosocomio perché avvertiva dei forti dolori addominali. Registrazione di routine. Visita e controllo del grado di urgenza. Ecco, urge una radiologia. Poi l’attesa dei risultati su un lettino. Arrivano, non arrivano. E lo lasciano lì. Hanno fatto il loro dovere, i medici e gli infermieri. Di più non possono fare. Non possono stare accanto ai malati per assisterli. No, non lo possono fare. In mille faccende affaccendati, considerata la carenza di personale, non hanno il tempo e la voglia. E ne approfittano. Quelli che riescono s’imboscano, tanto nessuno controlla E, altri, quelli che credono nel loro lavoro come una missione, lavorano il doppio. E si dividono tra lastre, pazienti ed esami. E familiari anche. Ecco, questi ultimi non c’erano sicuramente ieri sera all’ospedale. Oppure, se c’erano, non l’hanno sentito urlare di dolore e rabbia. Erano impegnati a fare altro. Probabilmente hanno evitato quella tragedia che, grazie a loro, non c’è stata.
Quello che è successo ieri a Catanzaro è la punta di un
iceberg di un ospedale al collasso. Tutti comandano e nessuno comanda. Tutti lavorano
e nessuno lavora. Dove il diritto alla salute è diventato il diritto per chi è
stato eletto di restituire il favore. Dove il diritto al lavoro prende il
sopravvento sulla salute e sui meriti degli altri. Dove i personalismi detestano le persone. Dove si muore nell’indifferenza.
E giustamente stanno pensando di spostarlo dal centro urbano, l'ospedale. Così fa meno male.
Per quelli che vogliono approfondire la vicenda, leggano il
pezzo di UsCatanzaro
2 commenti:
in Calabria non ci si deve ammalare,grazie Emilio per le continue informazioni che ci dai tramite il tuo blog.
Poveri noi..
Posta un commento