11 giugno 2009
"Messa in sicurezza e bonifica delle discariche di Gimigliano". Lo chiedono l'Arpacal e l'assessore all'Ambiente
Discarica di pirite
“Messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica delle discariche di Rsu e minerarie di Gimigliano”. E’ quanto chiedono l’Arpacal e l’assessore regionale all’Ambiente, Silvestro Greco. La notizia, degli occhi puntati dagli organi amministrativi preposti alla difesa dell’Ambiente sulla montagna “Marra”, circolava già da giorni, ma è stata ufficializzata solo ieri mattina, al termine di una riunione voluta dall’assessore regionale alle Politiche dell’Ambiente, Silvestro Greco, con i tecnici dell’Arpacal (agenzia regionale per la protezione dell’ambiente in Calabria). Tutta la montagna “Marra”, dunque, potrebbe essere “ad alto rischio ambientale”, ragion per cui l’Agenzia si sta muovendo per “implementare iniziative di controllo della discarica dismessa di località Marra, nonché di alcuni siti minerari dismessi di pirite presenti nel territorio comunale, giungendo alla messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica di tali siti”. Iniziative di controllo che non risparmieranno “eventuali contaminazioni della falda, delle acque superficiali e delle ricadute sul terreno”.
Discarica di Rsu
Sulla pericolosità della discarica dismessa di rifiuti solidi urbani, dal 1982 al 1987, l’Agenzia si era già espressa nel mese di novembre 2008 con una relazione in cui rilevava “un alto rischio ambientale ed idrogeologico”. Un documento, firmato da Clemente Migliorino, dirigente del Servizio Suolo e Rifiuti, trasmesso al Comune e alla Procura della Repubblica di Catanzaro, per la contestuale apertura di un’indagine della magistratura, che indicava anche i bersagli potenziali dell’inquinamento: presenza nell’area della discarica di pozzi ad uso irriguo o idropotabile; presenza nell’area della discarica di sorgenti ad uso irriguo o idropotabile; presenza nell’area della discarica di corsi d’acqua (fiume Corace); presenza di falde sospese o profonde nell’area della discarica; uso del suolo (campi coltivati, aziende agricole; zootecniche, ecc). Con la recente scoperta di altre discariche, di natura mineraria, che insistono sulla stessa montagna, il rischio ambientale potrebbe ingigantirsi in modo smisurato. Oltre agli immensi cumuli di pirite, abbandonati dalla società Montecatini negli anni che vanno dal 1938 al 1948, per estrarvi il ferro, sgorga, infatti, una sorgente di acqua dalla dubbia qualità. Presenta un color neve e rende bianco tutto ciò che bagna. Sgorga nel “Fosso Patia”, e confluisce nel fiume Corace, principale fonte di approvvigionamento idrico dei comuni limitrofi e dello stesso capoluogo. L’acqua viene comunemente chiamata dagli abitanti come “l’acqua della pirite”, per distinguerla dalle altre più potabili. Un fiume da sempre conosciuto dai gimiglianesi tanto che, anche se non la usano per scopi alimentari, alcuni ricordano che negli anni passati utilizzavano le pietre “bianche” del fiume per pescare i pesci, facendoli prima morire con il semplice lancio delle pietre incriminate.
L'acqua della pirite
L’allarme vero e proprio potrebbe scattare allorquando la presenza dell’arsenico e di altri metalli pesanti venisse confermata dalle analisi chimiche e batteriologiche del liquido. “Le sostanze tossiche, presenti in diverse concentrazioni nelle ceneri di pirite, sono il rame, il cadmio, il tallio, e il piombo, oltre all’arsenico in assoluto la più cancerogena, secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc)”, ricorda Pasquale Montilla, il medico oncologo che nel maggio 2008 sollevò la problematica ambientale della montagna “Marra”, denunciando il caso alle autorità, insospettito di un insolito aumento di tumori nella cittadina, e sollecitando un tempestivo e appropriato controllo del territorio per potenziali combinazioni di altre concause sugli effetti della popolazione, accanto a quelli della diossina dei rifiuti.
Pubblicato anche su il Quotidiano della Calabria
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