20 febbraio 2011

Incongruenze pericolose


Delle “incongruenze”. Delle incongruenze ha riscontrato il Nisa, Nucleo investigativo per la Sanità e l’Ambiente della Polizia, rispetto agli esami effettuati dall’Arpacal, Agenzia regionale per la protezione ambientale della Calabria, sui rifiuti della Seteco, la fabbrica di servizi e tecnologie ecologiche di Marcellinara sottoposta a due sequestri dalla magistratura negli ultimi anni. Incongruenze talmente rilevanti da bloccare temporaneamente l’intervento di bonifica espletato dalla Regione Calabria attraverso il Dipartimento politiche dell’Ambiente. Come si ricorderà: l’Agenzia emise un verdetto: “Rifiuti non pericolosi”, sufficiente per decretarne lo smaltimento presso la discarica di Pianopoli i primi giorni di ottobre dello scorso anno. Ma poi la data slittò. Di settimane in settimane. Nel frattempo, invece, il Nucleo di Polizia, su mandato della Procura, aveva inviato le proprie risultanze. E l’Organo regionale fu costretto a rifare tutto da capo ammettendo a denti stretti le verosimili contraddizioni.
Giorni frenetici, questi di metà febbraio. Di sudaticci giri di posta tra i procuratori che hanno in mano l’inchiesta: Simona Rossi e Paolo Petrolo, il dipartimento Ambiente della Regione Calabria, l’Ufficio di presidenza del governatore di Giuseppe Scopelliti, e l’Ecosistem di Lamezia Terme, la ditta che si è aggiudicato l’appalto per lo smaltimento. Doppia la filigrana dell’affaire Seteco: la verità sulle attività poste in essere da Pasquale Leone, titolare della fabbrica che produceva fertilizzanti con gli scarti di animali fin dall’anno della sua inaugurazione, nel 2001, alla presenza dell’allora ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli; e la bonifica per la salvaguardia della salute dell’uomo e dell’ambiente, già consegnata ma che non è mai partita, complice il busillis sui rifiuti: ancora non si sa cosa esattamente sia stato bruciato in tutti questi anni.

Il busillis dei Cer
Il C.E.R. è il codice identificativo del rifiuto, secondo la normativa europea. Ogni rifiuto viene riconosciuto in base alla composizione e al processo di provenienza. E, a seconda della tipologia, le normative ne indicano modalità e luoghi di smaltimento. L’Arpacal ne ha riscontrati ben tre alla Seteco. Due “non pericolosi”. Il Cer numero 19.05.03 – compost fuori specifica, che non hanno una radice comune, tuttavia non sono pericolosi; e il Cer numero 19.05.02 – parte di rifiuti animali e vegetali non compostata, di cui era piena zeppa la Seteco, anche se adesso l’interno del capannone sembra ridotto quasi interamente in un cumulo di ceneri. Entrambi saranno smaltiti nella discarica di Pianopoli. E, infine, l’Agenzia ha rilevato la presenza del percolato - questo pericoloso: codice Cer: 19.07.03 – percolato di discarica, circa 200 metri cubi che la società dovrà smaltire presso un sito abilitato con la contestuale informativa all’Autorità giudiziaria e amministrativa.
Ora, con le “incongruenze” del Nisa, è verosimile il riconoscimento di altri codici identificativi e di altri rifiuti. Le analisi sono nelle mani dei magistrati, titolari dell’inchiesta, e in fase d’istruttoria, e solo alla fine se ne saprà di più. Tuttavia è prossimo lo sblocco, ai fini della bonifica, del busillis già per questo lunedì, 21 febbraio, quando si deciderà cosa smaltire e dove. E non è scontato il fatto che andranno tutti alla discarica di Pianopoli. Infatti, se dovessero rimanere preponderanti le iniziali difformità appurate, la Regione dovrà individuare altri siti (distinti da Pianopoli) dove far convogliare i rifiuti pericolosi della Seteco per ottemperare alla normativa che ne prescrive la messa in sicurezza.

Intanto, non fuma più
Intanto, la Seteco “non fuma” più. Dopo quattro lunghi e faticosi anni – almeno dal 2006 - di incessante sprigionamento di gas dal capannone. E’ dai giorni dei sopralluoghi effettuati da tutti gli organi competenti, tra i mesi di settembre e ottobre, che non si vedono più le colonne bianche e nauseabonde che impregnavano tutta la valle di Serramunda, il nome della località sulla statale dei Due Mari. Un’eventualità difficile da spiegare, considerata la sua oscura puntualità, di giorno e di notte, d’inverno e d’estate, con la pioggia e con il sole: H24.
Su questo ci auguriamo che possa far luce quanto prima la Procura. Nel mentre, i dubbi si alimentano da soli. Come le voci, surrogate da varie denunce, che insistono nel ritenere che la Seteco, nonostante i sigilli della magistratura, sia stata continuamente rimpinguata da bilici nell’atto di scaricare. La nuova lente d’ingrandimento del Palazzo di Giustizia, dunque, puntata nell’ultimo periodo, avrebbe dissuaso anche i più audaci. Forse.

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2 commenti:

domenico ha detto...

la Seteco ? un campo di calcio , la palla continua a andare secondo chi tira, chi tira più lontano ,chi non vuole fare gol, chi non vuole centrare l'obiettivo che i vari cittadini hanno lamentato da anni, grazie a lei dottor Grimaldi e ai vari componenti dell'associazione di cui lei fa parte,
grazie di avere scritto su questa fabbrica di veleni.

Anonimo ha detto...

the never ending story.............