Alberto Cisterna. Caricatura a cura del blogger
Il 3 marzo 2010
Luciano Lo Giudice manda un telegramma ad Alberto Cisterna. “Mi hanno
trasferito a Tolmezzo vorrei vedervi al più presto nell’attesa vi mando un
abbraccio”. Un abbraccio per
suggellare con un contatto corporeo un’amicizia profonda, intima. Così fan
tutti. Eppure per il numero due della Direzione nazionale Antimafia l’abbraccio del
capocosca era allusivo della sua volontà di consegnarsi alla giustizia. A lui
in persona, rappresentante la Giustizia in senso lato e anche circoscritto. Cronaca
del trasferimento del magistrato da Reggio Calabria a Tivoli per
incompatibilità ambientale, deciso dalla sezione disciplinare del Csm. Cronaca di
Cisterna. Cronaca di un giudice particolare. Un giudice Pinocchio. Si fa per
dire.
Il Consiglio superiore della Magistratura gli contesta i rapporti personali, che esulano da quelli istituzionali tra un magistrato e un cittadino, a maggior ragione se questo cittadino è stato più volte condannato per reati di mafia. A denunciarlo il fratello di Luciano, Antonino.
Il Consiglio superiore della Magistratura gli contesta i rapporti personali, che esulano da quelli istituzionali tra un magistrato e un cittadino, a maggior ragione se questo cittadino è stato più volte condannato per reati di mafia. A denunciarlo il fratello di Luciano, Antonino.
Storia di un’amicizia
Il dottor Cisterna
conosce Lo Giudice nel 2004 in un rimessaggio di barche. Glielo presenta Antonino Spanò, un amico in comune. Il Lo
Giudice, secondo il giudice, all’epoca risultava assolutamente incensurato e
manco segnalato negli archivi di polizia. Bugia. La prima di una lunga serie. Era
stato già condannato nel 1992 “per aver partecipato ad una associazione per
delinquere di stampo mafioso composta dai fratelli maggiori Lo Giudice Domenico,
Antonino, Giovanni (oltre ad altri), nonché per estorsione aggravata”. E lui lo
sapeva perché fin dal 1996 si occupava di lotta alla criminalità. E conosceva
bene i Lo Giudice. Aveva svolto la funzione di gip in un’indagine contro
Antonino. E quella di pm contro i fratelli.
La conoscenza è
produttiva. Decidono di catturare un pericoloso latitante Pasquale Condello. Così, al chiaro di luna e a pelo d’acqua. Il magistrato
lo mette in contatto con uno del Sismi, il colonnello Ferlito. Il momento è importante per la giustizia. Il cui fine
giustifica i mezzi. “E’ una prassi costante”, dice. Altra bugia. Sentito il
procuratore Grasso, il suo capo, lo smentisce. “Il canale istituzionale in
genere è quello della polizia giudiziaria che riceve le notizie, le cosiddette
veline dai Servizi, e che poi le valuta per ulteriori attività di riscontro”. Non
solo, ma avrebbe dovuto informarlo. E non lo fa. È una storia di amicizia dai
vasti orizzonti. Dalle barche a come gestire la lotta alla mafia. Luciano
è “un personaggio border-line da un punto
di vista informativo”, racconta. Dalla mafia alla caritas cristiana. Lo Giudice
ha un figlio malato. E Cisterna si dà da fare per aiutarlo. Non ricorda quando.
Peccato, però, che la patologia è posteriore ai contatti avuti con il
pericoloso criminale. Peccato, davvero. Quelli telefonici sono una settantina,
della durata solo di qualche secondo. In questa frazione infinitesimale di
tempo Lo Giudice si sarebbe dilungato nel descrivere al suo Samaritano “dei
vistosi miglioramenti della salute del bambino, delle cure a buon esito”. Annota
il Csm: “Frequenza e durata compatibili invece con risposte brevi per fissare
appuntamenti personali”. Invece.
Il 3 aprile 2005
Luciano viene fermato a bordo della sua Porsche
Cayenne dai carabinieri in un posto di blocco. Non vuole avere rogne. E chiama
Alberto. Alberto chiama il capitano. Il capitano lo richiama per dargli il
numero di cellulare del carabiniere per strada. E gli dice che Luciano è un “confidente”.
Suo personale, del giudice. E la Porsche schizza via.
Nel 2009 arriva una
lettera alla sede della Dna per Luciano. La mittente è Florinda Giordano, la consorte di Luciano. Per il giudice è andata
a finire nella corrispondenza d’ufficio. Non è vero, non rimane traccia nel
protocollo. Poi s’incontrano anche dal vivo, la donna e l’uomo. Il motivo è presto detto: il loro bambino aveva
avuto una ricaduta durante l’assenza del padre. C’era da aspettarselo. Poi il
telegramma nel marzo del 2010. L’abbraccio ideale con la giustizia. Ma non si
era pentito già nel 2005 quando disse al carabiniere che il conducente della
Porsche era un suo confidente?
L’amicizia tra i due
si rompe. Alberto lo tradisce. E Luciano s’incazza da dentro il carcere. Succede
un bordello. Una bomba contro l’abitazione del
procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. E un bazooka contro il capo
della Procura Giuseppe Pignatone.
Reggio Calabria,
lì 26 agosto e 6 ottobre 2010.
2 commenti:
Novità: con decreto monocratico il presidente del TAR del lazio ha sospeso il trasferimento! che schifo. Ma il tar avrà questa competenza?
Non è strano che da quando il dott Cisterna è stato indagato per aver preso soldi non se ne è mai parlato?
Si parla solo di rapporti discutibili. Con la menzogna dei soldi si sta procedendo alla eliminazione di un giudice scomodo per tutti e sottolineo tutti visto l'accanimento persino del CSM
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