Sergio de Marco, direttore generale della So.Ri.Cal
Sergio
de Marco è un ingegnere con la passione della pesca. A Gaeta qualche anno fa ha
catturato un tonno. “Un combattimento pazzesco”, così racconta su Facebook.
“Con salti, fughe laterali… Insomma la più incredibile avventura di pesca mi
sia mai capitata.” Un uomo che ama l’ebbrezza del pericolo. Che la va a
cercare. E l’affronta. Il suo sorriso non deve ingannare. È un combattente
nato. Se non sei d’accordo con lui ti guarda diritto negli occhi per capire
quanto sei in grado di resistere. Poi inizia a scaldarsi e, infine, quando meno
te l’aspetti, ti affonda il colpo mortale. La
più grande battaglia della sua vita la vive quotidianamente. Non nel
Mediterraneo, ma alla sua scrivania a bordo della So.Ri.Cal (società di risorse
idriche calabresi).
Qui dà il meglio di sé come direttore generale dell’area
tecnica. E non ci sono squali, piranha e balene che tengano alla sua
proverbiale capacità di circuire e convincere. Persuadere e zittire. E
spacciare benzina per oro colato.
Siamo
nell’estate del 2010. Nella provincia di Vibo Valentia e Catanzaro i cittadini
serviti dall’invaso dell’Alaco sono infuriati per l’acqua che arriva nelle loro
case. Gialla e maleodorante. Le proteste
riempiono le calde giornate della bella stagione. Gli articoli di stampa
occupano i quotidiani. I sindaci, gli uffici della regione Calabria, la
Prefettura di Vibo Valentia non sanno cosa rispondere. Sergio de Marco è lì che
aspetta. Li fa sfogare. Nel frattempo abbozza un comunicato. Poi lo strappa. Si
convince che ancora è presto. Aspetta. I telefoni del Palazzo a Germaneto di
Catanzaro si scaldano. Ad un certo punto li fa squillare a vuoto. Vorrebbe
darsi anima e penna ma continua a perseguire la sua strategia. I piranha lo
pizzicano. E sono i sindaci e i compagni di banco della regione Calabria. Ma sa
che non fanno poi così male. Sono gli squali i più pericolosi. E cioè i
cittadini. Allora che fa? Si defila. Schiva i colpi e trova un posto sicuro per
nascondersi osservando ciò che succede. È la sua scrivania. Si fionda nello
studio. Ripassa la storia dell’invaso. Ricorda lo champagne di quando
finalmente terminarono l’opera. E il suo volto si riempie di speranza.
S’illumina di positività e di futuro. “Mi ringrazieranno”, si augura. Questa
volta è la porta a bussare. Qualcuno lo cerca, visto che al telefono non
risponde. È Maurizio del Re, l’amministratore delegato. I due discutono del
caso. Si rincuorano a vicenda. Si abbracciano. E infine uno ricorda all’altro
che hanno usato “pochi soldi e molta intelligenza”.
Finisce
l’estate. È il 29 settembre 2010. È arrivato il suo momento. E invia una
comunicazione a tutti gli organi che hanno provato inutilmente ad avere una
risposta.
Mette
subito in chiaro una cosa. Che l’allarme lanciato con una campagna di stampa è
“ingiustificato”. E prima di entrare nel dettaglio delle contestazioni ritiene
“indispensabile dare evidenza” ad alcune puntualizzazioni. I comuni della
provincia di Vibo Valentia, alcuni di
Catanzaro e di Reggio Calabria “ricevono la fornitura idropotabile attraverso
il complesso ed articolato schema acquedottistico “Alaco”. È storia questa.
Così come il fatto che la diga Alaco “sia alimentata dal bacino dell’omonimo
fiume Alaco”. Non dalla luna, ma dallo
stesso fiume, giusto per essere esaustivi. E che la messa in esercizio e il
riempimento della stessa è opera della “scrivente”, non di lui ma della società. "Si è finalmente fatto in modo che una delle più rilevanti infrastrutture
idrauliche della Calabria, fino ad allora soltanto un’opera incompiuta,
raggiungesse il suo assetto funzionale per cui fu progetta e realizzata.” E
anche questa è storia. La storia che insegna, che sa essere maestra.
Contestualmente riferisce dei lavori di ammodernamento dell’impianto di
potabilizzazione. La Sorical ha messo a punto “un processo chimico-fisico
adeguato alle acque dell’invaso, ricche di ferro e manganese.” Il dosaggio di
permanganato poi “assicura un’efficace ossidazione e conseguente rimozione del
manganese e del ferro presenti in rilevanti concentrazioni nell’acqua
fredda.” Un gioco da ragazzi. Quasi
viene da pensare come mai non abbiano loro, sindaci e cittadini, riscontrato da
soli tale accorgimento chimico essenziale per depurare l’acqua. Non solo, ma
informa che a breve scadenza “ulteriori azioni rinnoveranno tutto il sistema di
automazione e di controllo”. Sergio entra nel vivo della
discussione che ha occupato le pagine dei giornali. E fa chiarezza sul
presunto errore tecnico avanzato dall’Arpacal allorquando puntò l’indice contro
la regione Calabria, rea di non aver proceduto al “taglio della vegetazione
boschiva preesistente sulle aree che sarebbero state sommerse”. Non è
assolutamente vero. Marco de Sergio ne è sicuro. Il taglio c’è stato. Prima a
cura della regione Calabria, ad opera del Corpo forestale, e poi a cura della
stessa Sorical che, a suo tempo, esperì un’apposita gara d’appalto. E anche
questa è storia. Il pescatore agguanta la preda. Ma non la cattura subito. Gli
concede un po’ di respiro. E rileva che “le acque dell’invaso sono
oggettivamente acque “difficili” da trattare”. Il ferro e il manganese
resistono. E con il caldo si autoalimentano. Non solo a pelo d’acqua, anche
nella pancia dell’invaso, laddove fomentano “i moti convettivi all’interno del
bacino”. E laddove alcuni livelli dell’impianto sono stati sommersi nella
stagione appena trascorsa per la prima volta". E la prima volta è sempre un
terno a lotto. Così è nella vita, così nell’Alaco.
Dunque,
“a fronte di alcune occasionali non conformità, di breve durata ed
assolutamente non pericolose per la salute pubblica, è sempre stata giudicata
potabile” sia dai referti interni che quelli dell’Arpacal per conto dell’Asp.
Un colpo tremendo. Ma ancora non vuole completamente annientarla. E gli concede
un’altra boccata d’ossigeno. “Pur non negando la sgradevolezza derivante da una
colorazione giallo/brunastro occasionalmente riscontrata” ed essendo
“consapevoli” delle cause che avevano generato tale problematica la società ha
deciso di “non interrompere il trattamento di potabilizzazione e l’erogazione
idrica né tanto meno di ingenerare dell’inutile allarmismo nelle popolazioni
servite che in nessun caso sono state esposte a rischi sanitari di alcun
genere.” Poi passa al setaccio le altre perplessità tecniche di sindaci e
cittadini.
Risolve
la questione del famoso 16 agosto, quando l’odore della varichina si sentiva a
distanza e il colore marrone ne proibivano l’uso, con un ininfluente
“temporaneo malfunzionamento di uno degli apparati di immissione dell’agente
disinfestante – ipoclorito di sodio”.
Infine,
il colpo mortale. Sul manganese che la Sorical non è riuscita mai a debellare.
“Fa parte della dieta alimentare.” Non solo. “L’assunzione di una persona
adulta di due litri al giorno di acqua con una concentrazione di 200
microgrammi di manganese (quattro volte il limite di normativa) da luogo
all’assunzione di una quota tra 1/5 e 1/22 del complessivo fabbisogno
giornaliero.” Cioè, l’acqua dell’Alaco meglio della Coca Cola. Dovrebbe essere
venduta come una bevanda preziosa in quanto corretta al metallo.
Nessun commento:
Posta un commento