28 febbraio 2010

La città "storta" di Catanzaro


Catanzaro è conosciuta per essere la città dei ponti e degli avvocati. Sparsa su tre colli, e a metà fra due mari, è piena zeppa di studi legali. E molti, provenienti anche dalle regioni del Nord Italia, decidono di recarsi nel capoluogo calabrese per superare l’esame di avvocato, forse perché più facile di altri. Si è contesa con Benevento la sede della Scuola di Magistratura per il Sud Italia in una competizione che solo l’ex ministro della Giustizia, il Mastellone (come viene amichevolmente chiamato in alcune intercettazioni insieme al suo compare Rutellone, ndb) di Ceppaloni poteva allestire. Protagonista dello scontro tra Procure con quella competente di Salerno nel dicembre 2008 per il sequestro e il contro sequestro degli atti delle inchieste di Luigi de Magistris, Poseidone e Why Not, e i successivi trasferimenti dei magistrati (secondo la politica degli “anticorpi” del Consiglio superiore della Magistratura, condivisa anche dal capo dello Stato). Capitale della “nuova massoneria”, a detta dell’ex pm ora parlamentare di Idv. A Catanzaro il diritto e i poteri, con tutte le ramificazioni, aperte e occulte, sono di casa. Difficile, avranno pensato gli organizzatori del convegno, individuare una città alternativa al capoluogo calabrese per parlare di “Magistratura & poteri”.
Alla Casa delle Culture del Palazzo della Provincia c’erano: Luigi de Magistris, presidente della Commissione Controllo bilanci della Comunità europea, Felice Lima, giudice del Tribunale di Catania, Doris Lo Moro, deputato Pd e componente della Commissione Affari Costituzionali, Nunzio Raimondi, avvocato, Giuseppe Spadaro, presidente di sezione del Tribunale di Lamezia Terme e Mario Tassone, deputato Udc e componente della Commissione Antimafia. Assente, per motivi personali, Wanda Ferro, presidente della Provincia di Catanzaro. Due avvocati, Raimondi e Tassone (deputato dal 1969) e ben quattro giudici o ex giudici, de Magistris e Lo Moro. Anche la distribuzione dei relatori è stata appropriata nella scelta di campo: la magistratura contra i poteri. Ad amministrare la giustizia sono i magistrati non i legali. Questi stanno in mezzo. A volte di qua. A volte di là. Enzo Fragalà, l’avvocato di Palermo morto nei giorni scorsi a seguito di un’aggressione, per esempio, ha ricordato Raimondi, suo collega in terra di Sicilia, era uno di quelli che quando vedeva “una cosa storta” l’andava a dire al magistrato. “Dottore, questa cosa è storta, gli diceva", ha ricordato con commozione “perché vedeva nel magistrato l’organo attraverso cui la giustizia doveva concretizzarsi”. La magistratura in senso formale. Così come è concepita nella Costituzione italiana. Non i magistrati singoli. Questi sono un’altra cosa. Anche questi, come gli azzeccagarbugli, possono stare di qua o di là. Dipende dalla morale. Che hanno. Spadaro ha rammentato una lezione universitaria che lo colpì molto. Quando il docente spiegò agli studenti la differenza fra Costituzione formale e sostanziale. La prima è quella che si legge. La seconda è quella che si applica. Lo steccato della giustizia e dello spirito delle leggi di Montesquieu, fondamento delle costituzioni moderne, trova sempre il modo di superarsi e di aggiornarsi con i tempi. Fatta la legge, trovato l’inganno, si dice. Raimondi è stato più chiaro: “Siamo di fronte a una legislazione antistorica, che non accetta il parere del popolo; egoistica, perché i parlamentari si fanno le leggi per sé; schizofrenica e discordante, con un’infinità di articoli spesso contradditori; placebo, sembra che voglia fare chissà che cosa ma in sostanza non dice niente; anoressica, fa le riforme senza gli alimenti,; presbite, quando le regole riguardano il futuro non il presente; dislessica, che lingua parla il Parlamento?”
Ecco, allora, la “Costituzione di carta” rispetto a quella reale, ha denunciato Spadaro. E quella reale? “Quando c’è un magistrato che vuole fare applicare la legge diventa oggetto di intimidazioni. Gli bruciano la macchina, il portone di casa. Lo trasferiscono. Questi fatti hanno un'enorme influenza pedagogica”, ha sostenuto Raimondi. I poteri della logica del più forte da un lato, quindi, e della “carta”, della burocrazia, dall’altra. Con il trasferimento dei magistrati scomodi da parte della stessa Magistratura che dovrebbe, invece, preservarli.
“La forza ha molte facce”, ha spiegato Lima. “La logica del più forte è sempre quella precedente a Montesquieu che, nonostante il bando dalle Costituzioni moderne, trova il modo di farsi valere. “L’Italia non appare più una Repubblica fondata sul lavoro ma sulle relazioni di potere”, ha concluso amaramente.

2 commenti:

Rosalba ha detto...

Accidenti legislazione antistorica, egoistica, presbite, anoressica, schizofrenica...infine placebo.Allora proviamo con Padre Pio non si sa mai, San Antonio di Padovapure lui li fà...il sistema è ammalato ma di brutto...e pensare ad una cura disintossicante? Tipo purgante...di pulizia radicale intendo.
Grimaldi sei sempre chiaro...

domenico dragone ha detto...

Bravo come sempre giovane Grimaldi, ti devo confessare che sono in tanti a scendere in Calabria per raggirare gli ostacoli, oltre a quello che tu hai descritto molto bene scendono in Calabria persino per prendere la patente....
Ci vorrebbe veramente una pulizia radicale sul tutto il territorio Calabrese.
grazie come sempre per l'informazioni che ci fornisci .