“Quando
compongo mi sembra di mettere le mani nell’argilla e di plasmare qualcosa. Ecco
perché le mie canzoni sanno di terra.” Fabio Curto, professione cantautore. Ma non
troppo. “Se cantautore significa che prima si scrivono i testi e su di essi si
musicano le note, allora non lo sono.” Prima i suoni. Della sua terra, di Acri.
Vertiginosa finestra sulla Sila Greca. Che riflette colori primari e sprigiona odori
genuini, ancora non del tutto contaminata dal cemento e dal progresso contraffatto.
Poi i testi “che descrivono ciò che sento, provo. Niente di più.”
Non è un cantautore. Oppure lo è a modo suo. Autore di se stesso. Sensazioni autentiche di un universo semplice. Ancestrale, non inquinato nemmeno dai pregiudizi. Dove le parole non hanno il compito di riempire ciotole lasciate volutamente vuote per essere vendute al miglior offerente. Delimitano le pulsioni del cuore e della mente. Gli danno un senso, una direzione. Altrimenti rimarrebbero inchiodate nella nuda terra. Le fanno volare verso l’alto.
Non è un cantautore. Oppure lo è a modo suo. Autore di se stesso. Sensazioni autentiche di un universo semplice. Ancestrale, non inquinato nemmeno dai pregiudizi. Dove le parole non hanno il compito di riempire ciotole lasciate volutamente vuote per essere vendute al miglior offerente. Delimitano le pulsioni del cuore e della mente. Gli danno un senso, una direzione. Altrimenti rimarrebbero inchiodate nella nuda terra. Le fanno volare verso l’alto.
Ventisei
anni. Di cui ventidue passati insieme agli strumenti. Figlio d’arte, il padre
suona in un gruppo folk locale. Ha studiato Scienze politiche, ma è con la
musica che ha stretto un contratto d’amore.
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