Un frame del film documentario La penna di Bruzio
C’è una radice paduliana che accomuna tutta la città di
Acri. Qualcosa che trae origine dalla vita, dalle opere, dalla penna di Vincenzo Padula. E’ quella propensione
all’eccellenza, nei rapporti umani, nell’arte, nella letteratura, nella
democrazia. Ma in egual misura è presente anche l’inclinazione alla mediocrità,
all’arroganza, alla barbarie. Non sono due lati della stessa medaglia, ma due
maschere che convivono e lottano per vincere la libertà, la bellezza, l’autenticità.
Il film LA PENNA DI BRUZIO ne è la prova documentale. Scritto, diretto e partecipato da persone impegnate in una ricerca all’eccellenza che dallo stesso Padula prende forza. Giorno dopo giorno. E con il tempo grazie ad Andrea e Matteo Aragona si è guadagnato una fotografia all’altezza. Attori ed interpreti all’altezza. Come Giusto d’Auria e Giovanni Turco, nei panni di Padula adulto e Padula anziano. Come Santo Bifano, di Jaccapitta, e tutte le altre comparse. Come la voce maestosa di Gino Manfredi. Come la voce vibrante di Fabio Curto. Un laboratorio di idee, professionalità, di persone, da far invidia a chiunque. Ebbene, nel suo percorso l’eccellenza, amabile discendente del Bruzio, si è scontrata ben due volte con altrettanti potentati dell’hinterland acrese. Due padroni indefessi del potere nostrano. Che per motivi diversi e logiche diverse hanno provato ad ostacolare la realizzazione del documentario. Raffiguranti il controaltare del sublime paduliano, trafficano quel mondo che Padula ha sempre combattuto.
Ecco, la penna di Bruzio è fiorita alla fine. E di questo gli autori ringraziano quelli che l’hanno permesso. Come la Fondazione Padula. Come il popolo acrese che ama Padula. Che è eccellente nella sua genuinità. E nello stesso tempo ringraziano quelli che hanno fatto di tutto perché venisse obbliato dai se e dai ma, passati, presenti e futuri. Che ancora oggi non perdono occasione per aggrottare le sopracciglia e vestire i panni dei personaggi anziché delle persone. Che, per ragioni genetiche, interpretano la maschera del nulla.
Il film LA PENNA DI BRUZIO ne è la prova documentale. Scritto, diretto e partecipato da persone impegnate in una ricerca all’eccellenza che dallo stesso Padula prende forza. Giorno dopo giorno. E con il tempo grazie ad Andrea e Matteo Aragona si è guadagnato una fotografia all’altezza. Attori ed interpreti all’altezza. Come Giusto d’Auria e Giovanni Turco, nei panni di Padula adulto e Padula anziano. Come Santo Bifano, di Jaccapitta, e tutte le altre comparse. Come la voce maestosa di Gino Manfredi. Come la voce vibrante di Fabio Curto. Un laboratorio di idee, professionalità, di persone, da far invidia a chiunque. Ebbene, nel suo percorso l’eccellenza, amabile discendente del Bruzio, si è scontrata ben due volte con altrettanti potentati dell’hinterland acrese. Due padroni indefessi del potere nostrano. Che per motivi diversi e logiche diverse hanno provato ad ostacolare la realizzazione del documentario. Raffiguranti il controaltare del sublime paduliano, trafficano quel mondo che Padula ha sempre combattuto.
Ecco, la penna di Bruzio è fiorita alla fine. E di questo gli autori ringraziano quelli che l’hanno permesso. Come la Fondazione Padula. Come il popolo acrese che ama Padula. Che è eccellente nella sua genuinità. E nello stesso tempo ringraziano quelli che hanno fatto di tutto perché venisse obbliato dai se e dai ma, passati, presenti e futuri. Che ancora oggi non perdono occasione per aggrottare le sopracciglia e vestire i panni dei personaggi anziché delle persone. Che, per ragioni genetiche, interpretano la maschera del nulla.
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