Salvatore Ferraro
Salvatore Ferraro, vicesindaco del Comune di Acri, assessore
all’Igiene e all’Ambiente, ai Lavori pubblici, all’Arredo urbano, alla
Protezione civile e al Traffico. Dentista per i clienti. E blogger per diletto
e costume. E’ un amante della penna. Follemente innamorato. Gli scivola addosso
come su un impermeabile fino a conquistare il foglio bianco. E poi le cartelle.
E quando queste non bastano aggiunge scansioni e scansioni di fior fiori di
documenti al papello. Tutto per la scrittura. La sua musa ispiratrice. Quella
che gli permette di essere il vero giornalista senza portafoglio dell’Amministrazione
Tenuta. Il fatto che Acri diede i natali a Vincenzo Padula, poeta e luminare dell’800
italiano, è solo una coincidenza. Una felice fatalità del destino. Che ha
voluto s’incarnasse 150 anni dopo in una soggettività in cravatta. Autentica
forza oscura del retorico in tempi di crisi d’identità e d’astinenza dalla
cultura.
La sua ultima performance “Giornalisti nostrani, svolgimento di unservizio o esercizio di potere” (Punto. Non punto interrogativo, ma solo il semplice e timido segno senza domanda. La sua è una risposta che non ha bisogno di interrogazione) è una pagina grondante sangue e inchiostro. Il sangue del duro lavoro a Palazzo Gencarelli. Lì a cercare, attraverso la penna, di lavare, lustrare e abbellire per non cadere nel ridicolo. Un lavoro immane. Per rimanere inchiodati alla poltrona fino alla fine del mandato istituzionale. E anche dopo. La sua carriera, di governante ombra e di giornalista di genere, è appena iniziata. E l’inchiostro che schizza contro la razza di persone che predilige di più. I giornalisti e i cittadini attivi. Suoi rivali di penna e verità. È entusiasta di tanta fortuna. Quella di dimostrare ai suoi compagni di Palazzo come si fa a screditare il lavoro degli altri. Rivoltarlo contro. Per amore di poltrona e di potere. E sciorina una disamina in cinque punti. Cristallizzati in un intervallo di video e documenti inconfutabili. La penna di Padula - questa sì per amore di verità, che non ha mai elemosinato coraggio e bellezza per difendere i sudditi - sacrificata sull’altare della poltrona e del portafoglio. Non si sta rivoltando nella tomba. Se la sta ridendo a crepapelle perché anche lui fece incazzare i potenti di turno.
La sua ultima performance “Giornalisti nostrani, svolgimento di unservizio o esercizio di potere” (Punto. Non punto interrogativo, ma solo il semplice e timido segno senza domanda. La sua è una risposta che non ha bisogno di interrogazione) è una pagina grondante sangue e inchiostro. Il sangue del duro lavoro a Palazzo Gencarelli. Lì a cercare, attraverso la penna, di lavare, lustrare e abbellire per non cadere nel ridicolo. Un lavoro immane. Per rimanere inchiodati alla poltrona fino alla fine del mandato istituzionale. E anche dopo. La sua carriera, di governante ombra e di giornalista di genere, è appena iniziata. E l’inchiostro che schizza contro la razza di persone che predilige di più. I giornalisti e i cittadini attivi. Suoi rivali di penna e verità. È entusiasta di tanta fortuna. Quella di dimostrare ai suoi compagni di Palazzo come si fa a screditare il lavoro degli altri. Rivoltarlo contro. Per amore di poltrona e di potere. E sciorina una disamina in cinque punti. Cristallizzati in un intervallo di video e documenti inconfutabili. La penna di Padula - questa sì per amore di verità, che non ha mai elemosinato coraggio e bellezza per difendere i sudditi - sacrificata sull’altare della poltrona e del portafoglio. Non si sta rivoltando nella tomba. Se la sta ridendo a crepapelle perché anche lui fece incazzare i potenti di turno.
Ma il dentista prestato alla
politica per dare sfogo ai suoi bisogni di Igiene pubblica in fondo è un amante
della denuncia. Nell’intestazione del suo blog dispiega la più alta dignità del
giornalismo. Quella che si scaglia contro gli “Amministratori incapaci e
incompetenti. Che “devono la loro fortuna al Pregiudizio, al Luogo Comune, alla
Disinformazione, al Bisogno della gente.” Chiaramente non può scagliarsi contro
se stesso. Ma contro gli altri. Soprattutto contro chi si
permette di denunciare le sue denunce in un virtuosismo cieco, di dialettica vuota perché monca del
polo dialettico, appunto. Come quell’oratore che si accontenta di guardarsi
allo specchio per attestare la sua arte.
E non è detto che il giornalista
senza portafoglio dell’Amministrazione Tenuta alla fine non chieda il conto. “L’Associazione
Trasparenza prende 35.000 €. Beh, lasciatemelo dire. Se fossi stato io al posto
del Professor Iorio, avrei preteso almeno 350.000 € dal Comune di Acri e solo
per la supervisione offerta a Sindaco, Segretario Comunale e Uffici (altro che
non è mai iniziata la formazione) per uscire dal dissesto.” Così vede la
questione Trasparenza annunciata gratuitamente, denunciata dai giornalisti,
quelli veri. E poi risolta con “pochi spiccioli” secondo Mentadent.
Anche lui, igienista prestato al Potere, sta facendo un’opera onorevole. Che non ha pari nel panorama silano. Riesce a vendere la feccia per vino cristallino. Una produzione d’origine controllata. Dal valore inestimabile.
Anche lui, igienista prestato al Potere, sta facendo un’opera onorevole. Che non ha pari nel panorama silano. Riesce a vendere la feccia per vino cristallino. Una produzione d’origine controllata. Dal valore inestimabile.
1 commento:
Quando la volpe non arriva all'uva dice che è acerba. E non è nemmeno una volpe, è solo un Mentadent cariato
Posta un commento