4 maggio 2012

Why Not e Poseidone. Punto e a capo

Gioacchino Genchi

Enrico Maria Grazioli e Salvatore Cirafici saranno sentiti per Why Not e Poseidone. Lo ha disposto la Suprema Corte che ha accolto il ricorso di Gioacchino Genchi all’archiviazione disposta dal gip di Salerno degli atti relativi alle condotte illecite di Dolcino Favi, Enzo Iannelli, Salvatore Murone, Mariano Lombardi (deceduto), Alfredo Garbati, Domenico De Lorenzo e Aldagisa Rinaldi. La Sesta sezione penale, composta da Adolfo di Virginio, Francesco Serpico, Arturo Cortese, Domenico Carcano e Carlo Citterio, dichiarando fondata l’opposizione dell’ex consulente di Luigi de Magistris al decreto di archiviazione emesso il 23 febbraio 2011, ha rimandato gli atti a Salerno. Tutto da rifare, quindi, per il porto delle nebbie del Sud d’Italia.
E se per l’ex maggiore dell’Arma dei carabinieri di Catanzaro e per l’ex procuratore della Wind telecomunicazioni, già sotto i riflettori per l’inchiesta Energiopoli condotta dal pm Pierpaolo Bruni di Crotone, si tratta di una recherche du temps perdu in Calabria durante gli anni d’oro dello sperpero del denaro pubblico, per Genchi è una vittoria. Una vittoria del suo metodo. Che, finito di essere scandalo - dixit Berlusconi - si sta riavvolgendo. Come un nastro. “Puoi smentire di aver preso e dato tangenti, di averla giurata a qualcuno. Ma una telefonata non la puoi smentire. Una telefonata la puoi soltanto giustificare”, dice Edoardo Montolli in “Il caso Genchi, storia di un uomo in balia dello Stato”. Dunque, se n’é accorta anche la Suprema Corte. Che ha ridicolizzato la motivazione con la quale il gip di Salerno liquidò come “irrilevante” l’opposizione allora proposta dal consulente informatico.
“Violato il diritto al contraddittorio”. La persona offesa, si legge nella sentenza, “ha diritto ad interloquire per rappresentare le proprie ragioni istruttorie”. Anche per l’abuso d’ufficio in suo danno contestato agli ex magistrati di Catanzaro.
L’irrilevanza, come intesa dalla Procura competente sul capoluogo calabrese, nondimeno, è una forzatura giuridica. “Quanto al secondo motivo, - spiega la Corte di Cassazione - il Gip ha dichiarato in concreto inammissibile l’opposizione di Genchi argomentando l’irrilevanza, quanto all’art. 410 cpp, delle contestazioni alle valutazioni probatorie svolte dal pubblico ministero (sul punto della necessaria duplice illiceità dell’avocazione delle indagini e della revoca della consulenza stante il limitato periodo temporale tra le due) e la “non influenza” degli ulteriori elementi di prova indicati (riesame del dott. Bruni, esame dell’indagato in altro procedimento Grazioli, accertamenti di circostanze già oggetto di indagine in altri procedimenti davanti a diversa autorità giudiziaria) nella valutazione della sostenibilità in giudizio delle indicate condotte di reato. Infine: “la mancanza di un’adeguata motivazione” da sola avrebbe consentito, pur secondo giurisprudenza minoritaria, di procedere de plano anche secondo il parametro della non rilevanza”.
In altre parole, l’opposizione di Genchi andava considerata legittima anche se irrilevante.
Ma forse, più che irrilevante, fu ritenuta dannosa per gli uomini della Giustizia calabrese. Forse.

1 commento:

Anonimo ha detto...

cosa dire.....questi articoli così strumentali...che celebrano apoditticamente il sig. GENCHI....e poi alla fine proprio GENCHI è stato condannato ...già condannato pure a Milano per diffamazione...e un'altra condanna, la terza sta per arrivare.....!!!...misteri dell'informazione faziosa e partigiana....!!!