5 marzo 2010

La caduta libera del senatore della 'Ndrangheta



Nicola Di Girolamo, 49 anni, avvocato e imprenditore. Pizzetto e testa pelata. Occhiali quando legge. È lui la mela marcia del Senato. Scaricato in quattro e quattro otto dalla Camera senile. Senza se e senza ma. Sulla richiesta di arresto del gip di Roma nell’ambito dell’inchiesta di riciclaggio transazionale e dell’accusa di essere stato eletto grazie ai voti procurati dal clan Arena di Isola Capo Rizzuto il Senato non fa una piega. Unanime la condanna. Nicola Di Girolamo è il "diavolo" in persona. Nicola Di Girolamo è il volto della ‘ndrangheta in Parlamento in giacca e cravatta.
Nel discorso che fa ai suoi colleghi parla di “esperienza straordinaria” e ringrazia tutti quelli che gli sono stati amici. Ma non li menziona, consapevole del fatto che potrebbe metterli nei guai. Il parroco di Isola Capo Rizzuto, don Edoardo Scordio, affida a un legale, Francesco Verri, un comunicato in cui “smentisce categoricamente di essere stato presente alla cena svoltasi a Isola Capo Rizzuto in occasione delle politiche del 2008 per festeggiare l’elezione del senatore”. Di Girolamo, nella seduta del Senato, in riferimento a una foto pubblicata dall’Espresso - che lo ritrae in atteggiamenti amichevoli con Franco Pugliese, suocero di Fabrizio Arena, boss della ‘ndrangheta – spiega che non sapeva “chi fosse in realtà”. In compenso, però, dice di aver fatto tante altre foto, circa 250, “senza chiedere documenti” o informazioni sui “carichi pendenti” con le persone che lo attorniavano per immortalare un ricordo con il neosenatore della Repubblica italiana. “Con il parroco, con il sindaco e con il maresciallo dei carabinieri”. Anche il sindaco, Carolina Girasole, si tira fuori. Si attende ancora il comunicato del maresciallo dei carabinieri.
Nicola Di Girolamo è “Lucifero”. La feccia puzzolente della politica. Scandalo a Palazzo Madama. Scandalo perché prima di Di Girolamo la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta, non si erano mai viste. Ora, eccolo lì, in giacca nera, cravatta blu e camicia bianca. Pronto per essere trasbordato a Rebibbia.
Accostarsi a lui fa male. Lui lo sa ed evita di fare nomi. Pensa che dire “parroco” o “sindaco” non sia così circoscritto. Ops, accenna a certi “suoi colleghi”, che gli “sono stati vicini”, anche dell’“opposizione”. È probabile che alcuni zelanti parlamentari nei prossimi giorni consulteranno le proprie agende per verificare se caso mai qualche volta hanno incontrato di persona il Senatore della ‘ndrangheta per diramare contestuali e circostanziate note per la stampa “libera”. Al Senato, di questi tempi, basta stare lontani da Di Girolamo per dimostrare di essere degli angioletti.
A dare il là alla lapidazione pubblica è stato Renato Schifani, presidente del Senato. “Dubbia l’elezione di questo signore”, ha detto all’indomani del suo coinvolgimento nell’inchiesta. Una dichiarazione che ha significato la caduta libera dell’eletto nelle circoscrizioni estere. Schifani, proprio lui che il pentito Gaspare Spatuzza accusa di avere avuto frequentazioni con il boss di Brancaccio Filippo Graviano negli anni novanta. Lui nega. Proprio lui che è stato socio in affari con personaggi poi condannati per mafia. Questo fatto non può negarlo e si difende dicendo che allora erano “insospettabili”. Su Schifani, in Senato, non si è mossa mai una foglia.
Fabrizio Cicchitto: “Va rivista la legge per il voto degli italiani all’estero, prescindendo dal caso specifico di Di Girolamo. Con la normativa vigente non viene assicurata la trasparenza delle liste. E i rischi di manipolazione del voto sono molto alti”. Fabrizio Cicchitto, tessere P2 numero 2232. Nessuna alzata di scudi contro di lui. Nessuno mai lo ha rinnegato. Si potrebbe continuare per un bel po’. A citare anche Giulio Andreotti. Lo stesso Berlusconi. Eccetera. Eccetera.
Ma, a pensarci bene, prima della Camera più alta del Parlamento italiano, era stata la stessa ‘ndrangheta a scaricare il senatore. Gennaro Mokbel, della banda della Magliana, e legato al clan degli Arena, quando si accorge che il suo figlioccio comincia a fare di testa sua così lo apostrofa: “Se t'è venuta la "candidite", se t'è venuta la "senatorite" è un problema tuo, però stai attento... ultimamente io sò stato zitto, ma oggi mi hai riempito proprio le palle Nicò, capito? Oggi devo stare con la mia gente... sei una grandissima testa di cazzo... Nicò sei proprio sballato, sei una grande delusione lo sai Nicò, ha avuto comportamenti strani …Mò ricordati che devi pagà tutte le cambiali che so state aperte e in più devi pagà lo scotto sulla tua vita, Nicò perché tu una vita non ce l'avrai più.. ricordati che dovrai fare tutte le tue segreterie tutta la gente sul territorio, chi te segue le Commissioni, il porta borse, l'addetto stampa, il cazzo che se ne frega... ma come ti funziona sto cervello Nicò? Nicò, non stai facendo un cazzo, perdendoti nelle tue elucubrazioni, ti ho avvisato una, due, tre volte ed io con un coglione come te non me ce ammazzo... vuoi far il senatore, prendi i tuoi sette mila euro al mese, vattene affanculo a non me rompè se no ti metto le mani addosso".
Allora il dubbio s’insinua spontaneo. Quanto vale condannare un infiltrato della malavita in Senato se questi viene infamato, minacciato e bandito dalla stessa associazione a delinquere di cui faceva parte? Nulla.
Al Senato è tutto come prima.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi viene da pensare alle parole di un rivoluzionario di circa 2000 anni fa: "Chi non ha peccato scagli la prima pietra"......

Anonimo ha detto...

i mafiosi in galera, e buttate la chiave!

francesca ha detto...

e poi condannano le brigate rosse.francesca

Anonimo ha detto...

molti comuni hanno infiltrazioni mafiose e sellia marina non e' da meno.
basta vedere sulla 106, gente che non aveva la strada per camminare adesso si trova con negozi che avrebbero potuto realizzare solo con il 6 del superenalotto.