Uno degli striscioni esposti a Catanzaro durante il Sit-in organizzato dal Comitato per la bonifica e la verità sulla Seteco lo scorso 30 luglio Da story Seteco, la Regione sapeva. Quanto? Cosa? Scrubber e biofiltri per purificare l’aria. Deodoranti per l’abbattimento degli odori. Deodoranti? Sì, deodoranti. Richieste ai settori Chimico e Fisico-Ambientale dell’Arpacal - già l’Arpacal, l’Agenzia di Protezione ambientale della Regione Calabria - di effettuare almeno due controlli nel periodo provvisorio dell’autorizzazione, 180 giorni. La Regione sapeva. Era al corrente di qualcosa. Di quello che veniva bruciato là dentro. E, dopo una prima sospensione - a meno di un anno dall’inizio dell’attività - dell’ordinanza, che valeva quale autorizzazione ad emettere “derivanti dall’impianto per il trattamento dei rifiuti e produzione di compost”, qualcosa è cambiato. Negli uffici regionali c’è stato un cambiamento di rotta. L’ente locale non si è più opposto. A cosa? A quale ragione superiore? Non si sa. La Regione ha dapprima revocato la sospensione e poi ha erogato finanziamenti al legale rappresentante della ditta, Pasquale Leone. Infine, ha concesso il “numero di riconoscimento comunitario” per l’impianto di compostaggio “avente struttura e capacità industriale, che provvede alla degradazione biologica di prodotti di origine animale, trasformati in condizioni aerobiche in concime organico, appartenenti alla categoria 3” nel 2004. Cioè: “ossa, residui di pulitura delle ossa, corna e unghie, penne e piume, residui carnei, sangue, residui di pesce, crisalidi”, e “scarti, peluria e pilucchi di lana e altre fibre di origine animale, rifiliture e scarti di pelo”. Non allarmatevi! Ossa, in questo caso, fa riferimento a quelli animali, non a quelli umani: ossi, secondo il linguaggio comune. Un lapsus, dunque. Può capitare anche ai dirigenti locati alto. Gli odori della Seteco - la fabbrica che produceva fertilizzanti attiva dal 2002 - “sgradevoli” (per i tecnici dell’Ufficio del Commissario per l’Emergenza ambientale della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti, cioè quando erano ancora recitantati all’interno del capannone nel 2003) e “nauseabondi” (“inconfutabilmente attribuibili alla conduzione dell’attività”, riferiva un sopralluogo della Provincia di Catanzaro, sempre nel 2003), sono, finalmente, liberi dalle maglie della burocrazia del tira e molla. All’aria aperta. Dal 2006. Al cospetto dell’uomo e dell’ambiente. Come un mostro che ha dormito per tanto tempo. Grazie agli organi competenti che, volenti o nolenti, hanno contribuito a farlo crescere. A rifornirlo delle primarie e secondarie necessità. Ecco lo spettro di quello che si sa. In attesa della prossima bonifica richiesta dalla giunta Scopelliti. E della chiusura delle indagini da parte della Procura di Catanzaro. Il 27 giugno 2002 con l’Ordinanza numero 1913 la Regione, attraverso Giovambattista Papello, responsabile unico del procedimento, e Giuseppe Chiaravalloti, commissario per l’emergenza ambientale della Regione Calabria, disponeva di “prendere atto delle approvazioni del progetto dell’impianto di recupero di rifiuti non pericolosi con produzione di fertilizzanti ubicato nel Comune di Marcellinara (CZ) – zona industriale località Serramunda – e delle relative autorizzazioni alla realizzazione dello stesso”. Il 14 marzo 2003 l’Ufficio del Commissario effettuava “con propri tecnici sopralluogo presso l’impianto verificando che, pur in presenza dei dispositivi necessari per prevenire forme di inquinamento ambientale, permanevano sgradevoli odori e, pertanto, veniva prescritto l’ottimizzazione dell’impianto costituito da scrubber e da biofiltri e l’utilizzazione di deodoranti nebulizzati per l’abbattimento degli odori”. Il 28 marzo 2003 la Provincia di Catanzaro informava che “nel corso di un sopralluogo disposto in proprio presso la ditta Seteco s.r.l. ed effettuato in data 19 febbraio 2003, veniva rilevato che la Società suddetta era sprovvista di autorizzazione ai sensi del D.P.R. 203/88 nonché la presenza di odori nauseabondi inconfutabilmente attribuibili alla conduzione dell’attività. Si rilevava, inoltre, che all’atto dell’accertamento l’apertura di alcuni varchi non consentiva di ottenere il corretto controllo delle emissioni”. Il 4 aprile 2003 l’Ufficio del Commissario Delegato, “facendo seguito al precedente sopralluogo e alle comunicazioni intercorse con la società, visionata la proposta della società relativamente agli interventi da porre in essere per la mitigazione delle emissioni odorose e ritenuti gli interventi proposti compatibili, invitava la Ditta a metterli in atto con immediatezza e a voler eseguire il procedimento di ulteriore deodorazione nel termine di 30 giorni dal ricevimento della nota stessa”. Il 12 maggio 2003 gli ispettori di Polizia giudiziaria del NISA (Nucleo investigativo Sanità e ambiente) e carabinieri del NAS (Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell'Arma) provvedevano al sequestro dello stabilimento della Società “in ordine al reato di cui all’art. 674 del C.P., avendo, tra l’altro, rilevato l’assenza di autorizzazione allo scarico da parte della Provincia di Catanzaro ai sensi del D.Lgs. 152/99 e della L.R. 10/97 e dell’autorizzazione all’emissione in atmosfera ai sensi del D.P.R. 203/88. Venivano tuttavia concessi alla ditta 60 giorni per il completamento delle operazioni di lavorazione del materiale in giacenza diffidando il legale rappresentante della società dall’introdurre ulteriori merci per la lavorazione, con esclusione di segatura e cippato di legno nella quantità sufficiente a lavorare il materiale in giacenza”. Il 13 maggio 2003 il responsabile della Sezione NISA di Catanzaro e il Comandante del NAS comunicavano di aver constatato la non conformità delle opere realizzate rispetto al progetto esecutivo depositato presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Marcellinara riguardo la mancata realizzazione della palazzina da adibirsi ad uffici e ad abitazione del custode nonché la diversa destinazione dei locali previsti quali officina ed autorimessa modificati in uffici amministrativi e la diversa collocazione dei servizi igienici”. Il 2 settembre 2003 il dirigente del Settore Rifiuti della Regione Calabria, Massimo Pucci, decretava “di liquidare all’Azienda SETECO di Catanzaro la somma di euro 13.014,71 quale 50 per cento del costo del progetto codice 57 a valere sulla Misura 1.C della Legge 236/93 della Circolare del M.L.P.S. n. 92/00, gravando l’importo sull’impegno n. 3046 del 22/8/2003, capitolo n. 3221130, consolidato con D.D. n. 11931 del 25/8/2003”. E che prendeva atto che “l’Azienda sta realizzando le condizioni stabilite dalla convenzione n. 424/03 ai sensi del 2° comma lett. b) dell’art. 45 della Legge 8/2002”. Il 17 settembre 2003 il dirigente generale della Regione Calabria, Giuseppe Mizzitello, sanciva “di autorizzare in via provvisoria per un periodo di 180 (centottanta) giorni la ditta Seteco S.r.l. alle emissioni derivanti dall’impianto per il trattamento di rifiuti e produzione di compost, ubicato in Loc. Serramonda, Zona Industriale del comune di Marcellinara”. E che “l’autorizzazione definitiva sarà rilasciata entro quarantacinque giorni dalla scadenza dell’autorizzazione provvisoria a condizione che la ditta abbia osservato tutte le prescrizioni stabilite nel presente Decreto e che i risultati dei controlli sulle emissioni effettuati dall’Arpacal e dalla ditta stessa risultino conformi a quelli previsti nel D.M. del 12/7/1990”. (Autorizzazione definitiva che non c’è mai stata. Un particolare ininfluente perché la Seteco, giocando sulle autorizzazioni provvisorie, non ha mai smesso di fumare, ndb) Il 13 ottobre 2003 il dirigente del Settore Rifiuti, Giuseppe Mizzitello, e il Commissario Giuseppe Chiaravalloti, revocavano l’ordinanza di sospensione del 19 maggio 2003 con un capolavoro amministrativo. La Regione aveva ordinato “misure di mitigazione ambientale per l’eliminazione dell’emissione di odori sgradevoli”. E Leone che ha fatto? Si è dotato di Scrubber, o ha selezionato a dovere i rifiuti? No! Ha comunicato di “aver implementato i portoni a tenuta nella zona di stoccaggio e di aver completato il montaggio e il relativo ripristino della linea di trattamento aria”. Cioè? Il legale rappresentante della società ha informato l’ente di aver acquistato delle porte per bloccare i fumi. Incredibile, ma vero. E di aver ripristinato la linea di trattamento aria. E come? Il decreto non lo spiega. Riguardo, invece, ai chiarimenti in merito alla “legittimità dell’esistente in relazione agli atti autorizzativi rilasciati” la Regione ha dato per buona la fantomatica “concessione in sanatoria n. 3 del 30/9/2003 rilasciata dal Comune di Marcellinara per l’esecuzione delle opere eseguite in parziale difformità dalla C.E. n. 31 del 22/11/2000”. E l’autorizzazione della Provincia che si è sempre rifiutata di rilasciare, per le emissioni in atmosfera? È stata bella bypassata con la concessione in sanatoria del Comune. E quella di scarico? In soccorso, alla Seteco, è arrivato ancora il Comune di Marcellinara. “In merito alla terza condizione dell’ordinanza sopracitata – delucidano il dirigente e il commissario - la ditta SETECO s.r.l. con nota del 24/6/2003 ha trasmesso copia dell’Autorizzazione allo scarico n. 2065 del 14/5/2003 rilasciata dal Comune di Marcellinara a specifiche condizioni”. Il 19 maggio 2004 la Seteco beneficiava dell’erogazione del saldo. Di quanto? E perché? Il Bollettino Ufficiale della Regione Calabria ha un buco. Il decreto numero 6701 non c’è. Il 21 aprile 2004 il dirigente del Settore, Giorgio Piraino, decretava “di assegnare alla ditta «SETECO Srl», amministratore unico Sig. Leone Pasquale, con sede in localita` Serramonda, Zona Industriale, nel Comune di Marcellinara (CZ), il numero provvisorio di riconoscimento CEE 324/AC, per l’impianto di compostaggio, avente struttura e capacità industriale, che provvede alla degradazione biologica di prodotti di origine animale, trasformati in condizioni aerobiche in concime organico, appartenenti alla categoria 3, relative alle tipologie: ossa, residui di pulitura delle ossa, corna e unghie, penne e piume, residui carnei, sangue, residui di pesce, crisalidi”. E a “scarti, peluria e pilucchi di lana e altre fibre di origine animale, rifiliture e scarti di pelo”. Ossi od ossa? |
10 settembre 2010
Seteco, la Regione sapeva
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1 commento:
davvero?
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