2 settembre 2016

Acri, "l'acqua Santis" del sindaco Tenuta

Gli operai della So.Ri.Cal scavano nel terreno del sindaco Tenuta 
per trovare la condotta idrica comunale (novembre 2014)


(2.9.2016) “L’acqua Santis” del sindaco Tenuta

di Acrinrete ed Emilio Grimaldi

Egregio signor sindaco,
le mezze verità hanno un pregio e un difetto. Il pregio è che se propinate senza soluzione di continuità riescono a convincere anche i più indecisi, spesso distratti o in altre faccende affaccendati. Il difetto, purtroppo, è che l’interlocutore, se abilmente attento, rinsalda ancora di più i dubbi.
RISPOSTE. Si guarda bene dal rispondere alle semplici domande che Le sono state  poste. Ad onor del vero, accenna solo alla questione del permesso a costruire di cui fu dotato il terreno da Lei acquistato senza entrare nel merito e nel contenuto. Sottolinea più volte che lei “non era più sindaco” quando ha comprato e iniziato ad edificare.
Il MERITO. Sui Germani De Santis  Le sfugge di riferire che uno di loro (verosimilmente Stanislao De Santis, già componente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Cosenza) è stato e continua ad essere uno dei suoi avvocati preferiti. Non abbiamo motivo di ritenere, finché il Comune non diffonderà altre notizie in merito, che lo abbia difeso anche in altre cause poi immediatamente soddisfatte, proprio perché non lo sappiamo. Ciò di cui siamo a conoscenza (ahimè!) sono solamente i debiti contratti dalle Amministrazioni che si sono succedute nel corso di 13 anni, dal 2000 al 2013. È ovvio che si tratta di mere coincidenze. Che lei abbia, quando era un semplice cittadino, e non più sindaco, individuato dei terreni per soddisfare il suo ius aedificandi di proprietà di quel tale che, guarda caso, era stato chiamato più volte da lei medesimo in qualità di avvocato per rappresentare il Comune altrimenti sguarnito di una sicuramente incomparabile difesa legale. E ancora più sicuramente il permesso a costruire, se era stato sempre lei ad autorizzarlo negli anni precedenti, si è verificato sempre per una mera e ostinata causalità. 
IL CONTENUTO. Lei compra un terreno, un ex fienile e un capanno di legno. E costruisce una “nuova costruzione”.
Poteva costruire una villa così grande al posto di un povero e lugubre casotto (dai, signor sindaco, si tratta di una villa: una bella e grande villa. Il sogno di una vita di sacrifici, non solo di Lei, ma di tutti gli onesti lavoratori) in una zona registrata con il vincolo di “zona alberghiera”? Oppure si è dato all’agricoltura voltando definitivamente le spalle alla politica attiva e al commercio di concetto? Si tratta di una domanda. Il dubbio sorge nelle menti dei comuni mortali, quali siamo anche noi, che ogni giorno cerchiamo di barcamenarci in norme e regolamenti davvero restrittivi. Pensi che un cittadino di Acri per costruire una baracca ha dovuto chiedere il permesso al Comune. E non gli è stato nemmeno facile ricevere la Scia: la Certificazione di inizio attività, la chiamate così, vero? Pensi che uno per restringere la porta della sua abitazione ha dovuto combattere con i vigili urbani per ben tre giorni, il tempo utile per completare i lavori.
Lo faccia per i cittadini e la “splendida comunità che sta amministrando”. Lo faccia per loro. Per l’amore che avverte per i tanti onesti lavoratori che quel tozzo di pane che si guadagnano lavorando anche di sabato e domenica alla sera lo sentono amaro quando si trovano nella condizione di doversi battere per i propri diritti se non riconosciuti.
Non risponde alla domanda sulla So.Ri.Cal. A tal proposito una precisazione. Nessuno ha mai detto che “la carenza idrica dell’acqua ad Acri” deriva dalle sue presunte violazioni di legge, di Lei: sindaco Tenuta. Questo noi non lo abbiamo mai detto. È stato lei a chiarire una cosa che ha pensato e scritto nella sua più totale autonomia di pensiero e azione. La domanda, a scanso di equivoci, (davvero, sic!) è: ha avvisato la SoRiCal dal momento che vige il divieto di movimentazione terra e costruzione fino a sei metri dalla condotta idrica? Non ha risposto. Ha preferito esulare e sgombrare i dubbi da lei stessi maturati e non quelli di chi Le ha posto un altro interrogativo. Dunque, dobbiamo presumere che non l’ha avvertita la SoRiCal. O l’ha fatto? E se l’ha fatto, quale miglior risposta a dire la verità?
Sulla licenza edilizia - del perché non l’ha esposta, se l’ha espletata - non ha risposto. Cosa dobbiamo pensare? L’avrà forse nascosta nell’interrato? Si sarà persa per strada? O nella galleria Trionto che nessuna Istituzione si decide ad aprire?
GIORNALISMO SPAZZATURA. Alcune riflessioni doverose sul “giornalismo spazzatura” di cui ci accusa anche con un certo trasporto. In fondo non ha tutti i torti. Sia nel merito che nel contenuto siamo convinti che il vero giornalista sia un po’ come il buon pastore. Come costui puzza di pecore, così il giornalista puzza un po’ delle cose di cui scrive. E, per rimanere in tema, crediamo di averLe fornito una vasta gamma di raccolta differenziata.  Abbiamo differenziato: l’umido, rappresentato dalla nuda terra; le carte, cioè i documenti che dovrebbe fornire; e, infine, il vetro e la plastica. Decida lei in quale mastello mettere la spazzatura rimanente. Per lo smaltimento dei rifiuti speciali o tossici, infine, al momento non siamo attrezzati.
ALTRE DOMANDE. In sostanza, signor sindaco, Le ribadiamo le domande a cui non ha risposto e gliene offriamo delle altre, suggerite proprio dalla Sua lettera aperta.
  • -          Come spiega  la causalità che il De Santis, già suo venditore, sia lo stesso proprietario dei terreni confinanti poi espropriati o acquistati dal Comune per costruire il Palazzetto dello Sport?
  • -          Dalla foto si vedono chiaramente una piccola baracca in legno di un piano e un fienile. Come possono trasformarsi in un volume edilizio di due piani più un seminterrato?
  • -          Il rapporto tra la volumetria e il “piccolo terreno”, come lo definisce lo stesso sindaco, è congruo e sufficiente per poter costruire “il sogno della sua vita”?


*

(29.8.2016) IN RISPOSTA ALL’ARTICOLO “ACRI, L’ACQUA DEL SINDACO TENUTA”. QUANDO IL “GIORNALISMO” DIVENTA DIFFAMAZIONE

di Nicola Tenuta

Non è mia abitudine replicare ad accuse infamanti, becere, e che sono relegate, a mio avviso, ad un modo di fare “giornalismo” ovvero politica “sporco” e privo di valori morali e civili.
Ad ogni modo, dopo aver ripetutamente ignorato i numerosi articoli e le foto che ritraggono la mia privata abitazione, non posso più tacere atteso che sono stato accusato, con l’articolo scritto dal sig. Grimaldi (“Acri, l’acqua del sindaco Tenuta”), di aver violato la legge sull’edificazione e di aver cagionato un danno alle condotte idriche della nostra comunità.
Sul punto preciso quanto segue:
- ho acquistato nell’anno 2006 (quando non ero più sindaco), dai Signori Feraudo Adelaide e Germani De Santis, un piccolo appezzamento di terreno in località Serra di Buda sul quale erano ubicati due fabbricati rurali.
Su tale terreno, prima che diventasse di mia proprietà, era stato rilasciato regolare permesso a costruire, recante il n. 1.725, alla Signora Feraudo Adelaide, al fine di realizzare un nuovo fabbricato, previa demolizione di quelli esistenti. Pertanto il terreno in questione, al momento dell’atto di compravendita, era già dotato di concessione edilizia, la cui voltura a mio nome è stata richiesta, al Comune di Acri in data 30/08/2006 (quando non ero più sindaco) con protocollo n. 017828. Preciso che l’abitazione di nuova costruzione è costituita da un interrato, da un piano terra e da un piano elevato e che i lavori di realizzazione sono iniziati sempre nell’anno 2006 (quando non ero più sindaco).
Per quanto riguarda la linea “acquedotto Trionto” della So.Ri.Cal tengo a precisare che questa è stata realizzata successivamente alle due unità immobiliari rurali, ed in ogni caso sono state ampiamente rispettate tutte le norme, i divieti ed i vincoli vigenti.
Per non ingenerare confusione e con l’intento di stroncare sul nascere la vergognosa strumentalizzazione volta a collegare mie presunte violazioni di legge con la carenza idrica estiva ciclica, voglio ricordare che la rottura della tubazione in questione, è avvenuta nel novembre dell’anno 2014 ed è stata prontamente ripristinata dai tecnici della società regionale.
E’ palese dunque che nessuna responsabilità può e deve essere addebitata al sottoscritto.
Per l’effetto, ho conferito mandato al mio difensore di fiducia al fine di denunciare il sig. Grimaldi per il reato di diffamazione, a tutela della mia immagine e di quella dei miei congiunti, gravemente lesa dalla calunnia e dalla menzogna, aggravata dalla diffusione capillare dell’articolo avvenuta a mezzo internet.
Invero, in nessun ordinamento giuridico né secondo alcun codice morale ed etico, un uomo può essere considerato un esempio di “mala politica” per essere riuscito a 61 anni, dopo innumerevoli sacrifici, a realizzare il sogno della sua vita: costruire la propria casa.
Il sig. Grimaldi, in mala fede, infanga la reputazione di un uomo e della sua famiglia che ha edificato nel rispetto della legge con i proventi derivanti dall’onesto lavoro, dall’impegno, dalla dedizione quotidiana alla propria professione.
Questo articolo tenta, dunque, di seminare l’odio attraverso la menzogna, al fine di creare una frattura tra chi amministra e la comunità. Esiste dunque una regia occulta che intende sabotare il mio operato e sovvertire il voto democratico ricorrendo ad un falso scoop giornalistico?
Non sono il politico che usa la propria carica istituzionale con l’intento di soddisfare i propri interessi personali: la magistratura sanzionerà, come avviene in uno Stato di diritto, queste becere illazioni.
Affermo, con forza, il mio diritto ad ottenere la verità, affinché non solo io, ma tutte le lavoratrici e i lavoratori onesti, non debbano essere offesi, umiliati, denigrati sulla pubblica gogna mediatica per aver esercitato i propri diritti.
​Denuncio quindi questo modo di fare “giornalismo”, affidandomi cecamente all’operato delle forze dell’ordine e della magistratura che, sono certo, tuteleranno l’immagine non solo del sindaco, ma, soprattutto, dell’uomo, del cittadino, del lavoratore onesto.
​Sul piano morale mi chiedo, invece, come possa la rivalità politica, la differenza di opinioni, diventare “giornalismo spazzatura”, volto unicamente a calunniare e diffamare un altro essere umano.
​La mia coscienza mi impone di continuare a rispettare il prossimo, di lavorare onestamente e di non fare deliberatamente del male a chi considero un antagonista, nella vita pubblica o privata che sia.
Questo è il modo in cui ho scelto di improntare la mia esistenza e con cui continuerò ad amministrare questa splendida comunità, con buona pace del sig. Grimaldi e di tutti i detrattori di turno.
Del resto, “Quando non si può attaccare il ragionamento, si attacca il ragionatore”: l’odio e la calunnia non fermeranno il mio lavoro, al resto penserà la Giustizia.
Il Sindaco Nicola Tenuta

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 (27.8.2016) Acri, l’acqua del sindaco Tenuta

 di Acrinrete ed Emilio Grimaldi

Prima che prendessero piede in Italia le società che hanno iniziato a gestire l’acqua per i cittadini, c’era la cosiddetta “acqua del sindaco”, cioè quella appartenente al territorio retto dall’autorità locale e quindi interamente pubblica. L’Italia, pur se divisa su tutto: partiti e democrazia, interessi per molti e interessi per singoli, ha sempre (in passato) salvaguardato un principio: che il bene primario non può essere svenduto a società orientate più a gonfiare il loro portafogli che a dare servizi ai cittadini. E così, dopo il fiorire delle società miste (mefistofelica condivisione di pubblico e privato, in cui la finalità viene spacciata per pubblica e poi gestita da pochi intimi. In altri termini: un’oligarchia equamente rappresentativa dei poteri che nei fatti comandano) è tornata di moda “l’acqua del sindaco” indicata come la vera “rivoluzione” contro gli sperperi che le società miste stanno dilapidando.
Anche Acri ha la sua “acqua del sindaco”. Ma non si tratta di uno o più pozzi che rendono autonoma la cittadina dal fabbisogno del bene comune più importante, bensì e paradossalmente proprio di quella che proviene dalla So.Ri.Cal. (società di risorse idriche calabresi). Si dà il caso, infatti, che il tubo che approvvigiona alcune frazioni come San Benedetto, Sant’Angelo, Duglia, Vallone Cupo, Ordichetto, Settarie, Macchia di Baffa, Sorbo e San Giacomo passi nel terreno di proprietà del primo cittadino, Nicola Tenuta, in via Niccolò Copernico.
Quando alla fine del 2014 scoppiò la condotta idrica lasciando a secco circa 10 mila acresi intervennero tutti, dipendenti comunali e dipendenti della So.Ri.Cal. Volarono accuse pesanti e reciproche, tra il sindaco e i lavoratori che accorsero numerosi per scavare alla ricerca di questo famigerato tubo per ripristinarlo, e lo trovarono verosimilmente sommerso da una montagna di terra. Oggi, a distanza di quasi due anni, Nicola Tenuta ha ultimato la sua villa proteggendola con un gabbione di cemento e pietre investendo (dei lavori) sia il fosso di scolo che probabilmente la condotta idrica.

  • Signor sindaco, ha informato la SoRiCal dei lavori che ha fatto dal momento che, fino a sei metri di distanza dalla condotta, vige il divieto assoluto di movimentazione terra e quant’altro?
  • Dov’è la licenza edilizia che le ha permesso di costruire, e come mai non è stata esposta?
  • Com’è stato possibile, poi, che Lei abbia fabbricato una villa di tre piani - recuperando un ex fienile - su un terreno a regime seminativo e/o sportivo?

I cittadini di Acri hanno il sacrosanto diritto di sapere che il sindaco che li governa non può e non deve in alcun modo essere ricattato dalla macchia dell’illegalità.


Ultim’ora
Oggi, sabato 27 agosto, è lutto nazionale per i 300 morti del terremoto che ha devastato alcune città del Centro Italia. Molte amministrazioni pubbliche hanno devoluto indennità, stipendi, gettoni presenze, fatto collette, messo a disposizione appartamenti. Ad Acri, invece, nella villa del sindaco si lavora a pieno ritmo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Cartello di cantiere: ecco cosa si rischia a non esporlo
Per la mancata esposizione del cartello di cantiere, il Testo Unico dell'edilizia prevede delle sanzioni penali che prevedono ammenda e arresto

Redazione 16 maggio 2016
La mancata esposizione del cartello di cantiere configura il reato previsto all’art. 44 del Testo Unico Edilizia, che prevede, appunto, ammenda del valore di oltre 10 mila euro e l’arresto fino a due anni, sempre che il fatto non costituisca un reato più grave.

Il cartello, inoltre, deve essere esposto non solo all’inizio dei lavori, ma deve protrarsi in maniera continuativa durante tutta la fase di esecuzione degli stessi, ivi compresi i periodi in cui i lavori siano momentaneamente sospesi, risultando irrilevante la causa della sospensione.

In buona sostanza è questo il punto posto all’attenzione dei giudici della Cassazione, sez. penale, nella sentenza del 7 aprile 2016 n. 13963, nella quale viene affrontato il tema della configurabilità del reato edilizio in quei casi in cui il soggetto titolare del titolo abilitativo non provveda ad esporre il cartello in cui sono indicati gli estremi del titolo medesimo ed i nominativi dei soggetti responsabili ovvero vi provveda inizialmente, ma rimuovendolo in occasione della sospensione dei lavori.

E’ indubbio che per la Cassazione penale l’obbligo di esposizione sussiste non solo all’inizio dell’attività di cantiere ma anche quando i lavori sono sospesi.

Anonimo ha detto...

http://www.ingegneri.info/news/edilizia/cartello-di-cantiere-ecco-cosa-si-rischia-a-non-esporlo/

da controllori a essere controllati il passo è breve.