9 febbraio 2009

Shakespeare e la baronessa Pimpa. Il fantasma del Castello De Nobili a Ruggero di Sellia Marina


Le due palme si alzano solenni davanti al “Castello”. Anche lo stemma araldico sovrasta il portone d’ingresso, che non c’è più, come un testimone imperituro. Sono gli indizi più tangibili che resistono al tempo che passa. Al tempo che si trascina ancora un pezzo di storia della decadenza della famiglia De Nobili fino all’oblio.
Ma ci sono ricordi che non si cancellano, che rimangono scolpiti nella memoria degli uomini. Che soffiano ancora sull’altare della storia pretendendo di più. Quel di più che il governo delle Amministrazioni locali non gli ha mai riconosciuto. Che gli ha negato, mentre gli incendi degli anni ‘80 e ’90 e le depredazioni di persone senza scrupoli hanno agito indisturbati.
Riaffiora ancora nel ricordo dei pochi, oramai, che l’hanno conosciuta, la baronessa “Pimpa”, che si affacciava dalla finestra. L’ultimo essere vivente che ha abitato il “Castello”, così lo chiamavano gli abitanti del posto. Il Castello, per via della sua mole e maestosità. Un punto di riferimento importante, dominante e incrollabile, rispetto alle baracche circostanti. A due passi della ferrovia, vero crocevia di comunicazione di allora con il capoluogo e con il resto della Calabria. La baronessa Pimpa insieme a suo figlio Giuseppe De Nobili. Che poi si è sposato con un’insegnante di francese abbandonando quella madre con cui non riusciva proprio a stare. Forse per via del suo carattere. Tanto che aveva riposto la sua fiducia, nella gestione delle sue terre, a un certo Benito Ciocci, un geometra del posto. Che ha provveduto a cedere qualche loro proprietà ad alcuni signorotti di Sellia Marina. Ma il Castello no. E’ lì, testimone inconsapevole della storia di una famiglia decaduta, sotto gli occhi di tutti. E che nessuno vuole ereditare. Nemmeno lo Stato democratico e le sue diramazioni locali che, almeno nei principi costituzionali, sembra avere fame di storia e cultura, di monumenti storici e di tradizioni, perché le sue fondamenta poggiano sulla memoria del passato.
Un incendio durante gli anni ’80 del secolo scorso, doloso ricordano i più informati, ha fatto crollare le aree esterne del palazzo. Poi sono iniziati i saccheggi. Dell’archivio. Della biblioteca. Degli arredi. Di tutto. Pare siano stati trovati anche mucchi di banconote. Predatori senza scrupoli e amministrazioni indifferenti, sembra un paragrafo della famiglia dei Gattopardo raccontata da Tommasi di Lampedusa. Come quella siciliana, anche la famiglia De Nobili, da sempre fedele al governo borbonico, ha vissuto sulla propria pelle gli anni del Risorgimento italiano. Furono proprio alcuni De Nobili che fecero uccidere Attilio ed Emilio Bandiera nel 1844. Quando sbarcarono in Calabria per fomentare una sollevazione popolare. La delazione dei fratelli De Nobili fu provvidenziale per la salvaguardia dello status quo fino alla spedizione dei Mille. I Bandiera furono fucilati il 25 luglio del 1844. E i De Nobili si salvarono dalla condanna di omicidio, ordito ai danni di Saverio Marincola, qualche anno prima.
Saverio Mirancola faceva parte dell’omonima casata nobiliare di Catanzaro che aveva idee politiche avverse a quella dei De Nobili. Appoggiava la politica indipendentistica carbonara. Ma non lo uccisero per questo. Ma perché amava la loro sorella, Adele, o Rachele ricordano altri. Anche questo episodio sembra una pagina uscita dalla letteratura universale di Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Anche Adele, come Giulietta, si affacciava dalla finestra del Palazzo di famiglia (l’ultima a destra della facciata anteriore), ora sede comunale, per incontrare l’amato. Anche Saverio, come Romeo, vi arrivava di sotto con il suo cavallo dagli zoccoli d’argento per avvisare del suo arrivo l’amata. I fratelli osteggiarono fin da subito la passione fra i due. E la recisero con il sangue di lui. Una sera venne appostato nei pressi della salita del rione Samà e con alcuni colpi di carabina segnarono la fine dell’amore della sorella e l’inizio del declino della propria famiglia. Ci fu un processo, furono condannati in contumacia. E si rifugiarono proprio al Castello de “La Petrizia”, rientrante nell’orbita dei feudi della Bagliva, per sfuggire all’arresto e alla condanna a morte. Così è scritto nei verbali del processo. E da lì, dalla spiaggia poco lontana, salparono per l’isola di Corfù. Furono poi prosciolti dalla condanna per la delazione sortita ai danni dei fratelli Bandiera. Poterono così far ritorno così in Calabria. Ma ormai la famiglia si avviava al crepuscolo. Adele si chiuse in un dolore ancora più amaro della morte stessa. Divenne suora nel Convento delle “Murate vive” a Napoli, non per vocazione ma per sentire fino all’ultimo respiro tutte le fibre della sofferenza per la perdita dell’amato. Non perdonò mai i suoi fratelli. E tuttora, a più di 150 anni dai fatti, c’è chi sostiene che il suo fantasma ancora si aggiri nelle stanze del Palazzo comunale, dato che la finestra da cui si affacciava per incontrare Saverio è stata murata.
Sulla statale 106, a ridosso del Castello, sono appena iniziati i lavori per la costruzione di una rotatoria. Il Palazzo verrà solo sfiorato dalle opere in essere. Come se non ci fosse. Come un fantasma inavvicinabile. Lasciato alla mercé del tempo che passa e che tutto distrugge.
Eppure pare ancora di sentire la baronessa Pimpa.
Eppure pare ancora di sentire i cavalli al galoppo dei fratelli De Nobili che arrivano senza fiato da Catanzaro per sfuggire all’arresto e alla morte.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

De Nobili: la differenza sta nella geografia non nel censo. La geografia come motrice storica suggerisce azioni difformi. I De Nobili, di cui non conosco bene gli sviluppi, so per certo vicini ai moti risorgimentali e al Cavour del Regno di Piemonte e di Sardegna. I De Nobili del levante ligure, più vicini a Firenze per ispirazione aristocratica e a Genova per aspirazione rivoluzionaria,hanno conservato il patrimonio , la cui magnificenza si può indovinare in piazza S. Agostino in La Spezia, dimora della contessa Oldoini Castiglione , amica di Costantino Nigra e di Napoleone III . Venite a vedere

Anonimo ha detto...

passo molto spesso da quelle parti,e quella strana struttura mi ha sempre affascinata, avevo proprio voglia di conoscere cosa si nascondesse dietro i brandelli di quel palazzo, e ringrazio chi pubblica e racconta quello che realmente fa parte della storia di Catanzaro, perchè conosciamo ben poco...Mi auguro che quel palazzo un giorno non cada nel dimenticatoio ,ma spero che una struttura che si regge in piedi, dopo tantissimi anni, possa destare interesse anche a chi ci governa per poterla valorizzare e far si che possa rivivere quella che come dicevo è la storia di Catanzaro, xchè credo che sia un peccato e sopratutto vergognoso da parte di queste persone, lasciare che questo palazzo come d'altra parte altrettante dimore storiche vengano distrutte dal tempo.

Anonimo ha detto...

una storia romantica per alcuni versi, ma molto triste per altri...........per l'incuria degli amministratori

Anonimo ha detto...

ciao a tutti, la storia della suora fantasma è molto bella e suggestiva.
Avri intenzione di tirarci su uno rappresentazione teatrale con i ragazzi di un centro psichiatrico.
Qualcuno conosce i nomi dei tre fratelli di adele?
Grazie

Unknown ha detto...

Trovo strano che Emanuele De Nobili sia considerato come un fedele borbonico. Visto che fu gran ciambellano di Murat era sicuramente anti-borbonico. Vero è che i figli scappati in Grecia tradirono chi si apprestava a sbarcare in Calabria contro i borboni, ma lo fecero per motivi personali (salvarsi dalla condanna), mentre non è vero che rientrarono in Italia. Solo il più piccolo rientrò e scontò ka sua pena in carcere.