24 ottobre 2021

Un dito di io ovvero la fenomenologia della coscienza

 



Quando ho scelto il titolo da dare al libro che vi sto per presentare avevo le mani sulla tastiera e, come mi capita spesso quando mi concentro a pensare o a scrivere qualcosa, con le dita della mano sinistra iniziavo ad attorcigliarmi delicatamente e testardamente i capelli alternando queste manovre con talune carezze al mento, mentre la destra stava comodamente riposta sulle lettere morte. I miei pensieri erano in procinto di essere estromessi dall’interiorità, catapultati fuori e lontano dal luogo dove prima vivevano. L’immagine statica della testa e delle mani, così lontane e anche così vicine, mi ha sorpreso come un’esperienza primigenia e ha permesso di soffermarmi sul contesto primitivo della relazione tra mente e parola mettendomi in guardia dall’ambiguità della situazione, che le opere degli uomini potrebbero essere scambiate per l’intera esistenza degli esseri viventi. E nello stesso istante, che mai sarei riuscito a rivelare in una sola azione tutto il mio essere, il mio Io. Al massimo un dito. Ecco perché gli ho dato questo nome.

Un dito di io è il cammino della mia coscienza. Ho rivissuto tutte le tappe più importanti della mia vita. Le ho cristallizzate in un percorso lineare - secondo la linea del tempo - ma anche centripeto - secondo la prassi del pensiero riflesso. Ogni volta che aprivo una stanza ne scoprivo un’altra al suo interno. Prima l’abitudine, poi la battaglia contro l’abitudine, a seguire la nuova abitudine, l’identità, la coscienza e la libertà e infine la verità. Momenti vissuti in un determinato spazio e in un preciso tempo. Quando ho raggiunto l’ultima stanza una luce che non avevo mai visto prima mi ha costretto a girarmi e a rivedere tutto il cammino. E la libertà, ancella preferita della verità, mi ha mostrato ex novo tutte le stanze rivestendole di una materia che non avevo considerato, eppure essenziale all’essere: il non essere. Nessun uomo contemporaneo ha la facoltà di comprendere la verità delle cose che sono successe, succedono o che succederanno. Nel fare questo mi invitava ad andargli incontro. Non solo verso il passato - la frazione di tempo che non c’è più e per questo più assassina del tempo - anche verso il presente e la sorpresa del futuro.

La cifra esistenziale della verità storica che si relaziona con il tempo è la scoperta più importante della mia vita. Per raggiungerla non solo ho vissuto, mi è stato necessario rivivere le fasi della mia esistenza sotto altre spoglie, con coscienza e con libertà.

In questo viaggio mi sento di ringraziare alcune persone con cui ho condiviso la gioia e il dolore di questo travaglio.

Ringrazio Angela Ales Bello, mia ex professoressa alla Pontificia Università lateranense. Risentirla dopo molto tempo è stato come inseguire l’eco delle sue magistrali lezioni su Edith Stein, San Tommaso d’Aquino e sulla filosofia cristiana. Scrive: 

“L’aggettivo che mi viene in mente dopo aver letto lo scritto di Emilio Grimaldi è: perturbante. Senza scomodare riferimenti psicoanalitici - si sa che tale aggettivo è usato da Freud per indicare situazioni di disorientamento - perché la psiche dell’Autore si mostra ben salda e tutt’altro che fragile, si può affermare che tante sono le emozioni contrastanti provocate dalla lettura, che non è facile esaminarle con il dovuto distacco. Il testo - in realtà, si tratta di una testimonianza - avvince non solo per la storia che narra, ma per il commento critico, lucido, in qualche caso spietato, che l’accompagna… La filosofia diventa una consolatio, serve per illuminare il percorso all’interno, ma anche all’esterno. Dalla chiusura in ambito ristretto all’apertura al mondo attraverso i fatti degli altri, attraverso il giornalismo… Interiorità ed esteriorità sono strettamente connesse nello scritto di Grimaldi; centrale, però, è la ricerca dell’identità… Condivisibile è l’idea secondo la quale la verità non è un fatto teorico, intellettuale, ma un’esperienza vissuta in modo positivo nella concretezza esistenziale. E, nonostante appaia la parola nulla, che è la spia di un’irrequietezza - quella che fa dire ad Agostino: Inquietum cor meum donec requiescat in te - emerge la speranza del bonum, che è legata al verum, nelle parole finali dello scritto. Quanta verità c’è al mattino quando mi sveglio, il nuovo giorno può portare con sé qualcosa di nuovo e di positivo. Di quante verità di ieri mi pento, perché non sono riuscito a realizzarle, anche se le ho viste. Quante verità sopravvivono al nulla, allora la verità non ha niente a che fare con il nulla. Quanta verità c’è sul dito della mia mano, si tratta di riconoscere che siamo capaci di cogliere solo ‘piccole’ verità coerentemente con la nostra finitezza.  Ne rimangono nove, è il segno di un’ulteriorità e, forse, la spia di un cammino che conduce alla Verità? Ci si può chiedere perché Grimaldi abbia voluto condividere il suo cammino interiore con i lettori; rispondo che il motivo risiede nel fatto che, a mio avviso, il testo ha una finalità ‘pedagogica’: si tratta di una sorta di paradigma che ammonisce a ‘liberarsi’ e a cercare la propria identità, quella ‘vera’. E tutto ciò richiede coraggio, saldezza e determinazione, qualità che non mancano all’Autore. L’aspetto costruttivo, benché forse ancora non del tutto raggiunto, si manifesta nel senso di una vittoria su una vita che rischiava di essere vissuta passivamente e che, invece, è presa in mano con un atteggiamento che potrebbe essere definito stoico. Il racconto, reso pubblico, è sì perturbante, ma, letto fino in fondo e meditato, ci aiuta ad affrontare con consapevolezza la ricerca, mai compiuta, della nostra identità.”

Ringrazio lo psicoterapeuta Domenico Mauro, con cui abbiamo condiviso in passato la battaglia per la bonifica dello stabilimento “Seteco” sulla strada statale “Due mari”, tra Catanzaro e Lamezia Terme, perché le affinità elettive ci hanno fatto rincontrare. Scrive: 

“Da scrittore esperto, compie un avvincente excursus della sua vita: dall’infanzia trascorsa come chierichetto - con promessa di un futuro da sicuro sacerdote - all’età del seminario; da studente di filosofia a giornalista d’inchiesta. Il lettore può seguire il percorso di crescita dell’autore, tra i vissuti di speranza, le riflessioni profonde, fino al dramma personale di un abuso subito; dalle crisi esistenziali ai processi inferenziali che portano a intuizioni gnoseologiche. Ed è qui che si inserisce ed emerge il filosofo. Attraverso un indubbio lavoro introspettivo, che lo porta a riflettere sulla verità, la verità storica. Nel momento in cui crediamo di conoscere le cose, ci rendiamo conto che non è tutto come appare: la percezione è condizionata da fattori soggettivi e la conclusione è che la nostra verità non possiamo conoscerla appieno. Emilio a tal proposito, con grande abilità, ci fa riflettere sulla relatività della verità; cita l’esempio degli uomini della storia di cui conosciamo la verità (noi ora sappiamo come loro hanno vissuto, che cosa hanno fatto): quella verità che loro non hanno conosciuto e di cui, di conseguenza, ne hanno avuto una consapevolezza parziale, perché riferita al loro passato mentre oggi noi viviamo una porzione del tempo, il futuro che a loro non è più concesso… Facendo riferimento al dramma dell’abuso subito, il nostro autore pone l’accento sull’opportunità che quella esperienza, seppur atroce, gli ha offerto: la crescita nel presente. Non autocommiserazione dunque ma, esprimendo in pieno il concetto di resilienza, la violenza patita è motivo di evoluzione personale nella dimensione attuale.”

Ringrazio il mio editore Marco Marchese perché ha creduto in me fin da quando facevo il corrispondente per Il quotidiano della Calabria. Si è sempre battuto per i diritti di tutti, in special modo a favore degli ultimi, e per questo credo che, alla maniera di Marco Pannella, abbia “una sete alternativa profonda, più dura, più "radicale" di altri.”

Ringrazio Federica Servidio, consulente editoriale, perché da lettrice formidabile dell’animo umano mi ha guidato in un lavoro di editing provvidenziale.

Ringrazio le mie figlie, Elisa e Oriana - il dono più bello della vita e della mia compagna Giulia Zanfino - perché mi hanno dato la forza di affrontare questo viaggio con sorrisi meravigliosi, lacrime innocenti e una lucida follia. Il libro è dedicato a loro.    

E ringrazio tutti i miei lettori, particolarmente quelli che sanno piangere e anche ridere dei mali del mondo.

Con riconoscenza il vostro Emilio.



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