1 dicembre 2010

Scandalo esumazioni a Torino. A pagare solo due calabresi

Antonio Marchio e Ilario Umbaca (Ringrazio Rosanna Bergamo per la foto) Da story

Questa è una storia di morti e di vivi. Di tombe e di lavoro. Di un cimitero, quello di Torino, e di due calabresi che vi prestavano servizio. Una storia di esumazioni “sbrigative”, che suscitarono l’indignazione dei parenti nel 2004 senza più uno scheletro da pregare. Tra gli operai dell’Ics, Antonio Marchio di Albi e Ilario Umbaca di Locri. La società alla quale il Comune di Torino aveva affidato un progetto di 24 mila dissotterramenti in due anni esatti per quasi 9 milioni di euro. 34 al giorno che passarono a 108 per ottimizzare le spese per le ossa da traslare e gli operai da pagare. Inizia il contenzioso tra la ditta e il Comune. I familiari non trovano più i loro cari. Ammassati insieme agli altri. Tombe profanate da escavatori impazziti, senz’arte e senza grazia. La polvere e lo scandalo sotto la Mole. La Procura indaga per vilipendio delle bare. La storia va su tutti i giornali. Nella sala del Consiglio salta la poltrona dell’assessore di allora, Beppe Lodi, con delega ai Cimiteri. Il sindaco pro tempore, Sergio Chiamparino, chiede scusa ai cittadini. Ma ormai la frittata è fatta. La proposta choc è quella di cremarli al costo di 430 euro o di rimetterli in terra a soli 830.
Dopo sei anni la tegola della giurisdizione. C’è stato un difetto di giurisdizione, la vicenda va trattata non in sede civile ma in un Tribunale amministrativo. Lo scandalo si riduce ad un pugno di mosche. Il comitato dei parenti è sconcertato. A pagarne solo i due calabresi. Rimasti senza lavoro. Sono accampati sul tetto del cimitero monumentale da più di un mese. Chiedono il diritto di sfamare le loro famiglie. All’Ics subentra un’altra ditta che non ne vuole più sapere. Eppure il contratto prevedeva l'obbligo del reintegro.
C’è un capro espiatorio in questa storia. I calabresi calzano bene. Hanno provato pure ad infangarli per furto di bare, Marchio, e molestie sessuali, Umbaca. Non ci sono riusciti. E li hanno licenziati. Sotto la Mole c’è un forte desiderio di dimenticare quella che è ancora una ferita aperta. E i calabresi lasciati a casa aiuta. I tempi di quando in alcuni bar era vietato l’ingresso “ai cani e ai meridionali” non è poi tanto lontano.

3 commenti:

Unknown ha detto...

E' difficile commentare.
Davvero.
Alla fine l'importante è che qualcuno paghi.
chiunque essi sia.

Anonimo ha detto...

«Cessate d'uccidere i morti», invocava Giuseppe Ungaretti. Scriveva, il grande poeta, della carneficina della guerra. Ma mai come oggi quei versi sono apparsi attuali. Mai come oggi, infatti, la morte è stata stuprata. «È arrivato questa mattina il corpo di una bambina, che ne facciamo? Deve essere cremata», chiede in un'intercettazione il dipendente al titolare di un'azienda coinvolta in uno degli scandali più sconvolgenti. Risposta: «Mah... Niente cremazione, buttala via, nell'immondizia, tanto è poca roba».
dal corriere della sera sulle falsi cremazioni.

vincenzo ha detto...

Lo facevano sul serio, di buttare i corpi nel pattume. La cronaca di Nadia Francalacci su Panorama gela il sangue: «Quando le ruspe hanno iniziato a scavare, è spuntato un piede. Era di uno dei sei corpi saponificati abbandonati in un campo di 30 metri quadrati assieme ai resti di amputazioni ospedaliere, a feti abortiti per gravi malformazioni e a decine di sacchi di plastica neri che contenevano le ceneri di centinaia di persone cremate e mai riconsegnate ai familiari».