5 giugno 2011

Disequitalia

La sede dell'Equitalia Etr di Catanzaro, via A. Lombardi

Equitalia Etr S.p.A., più che “equa” per i cittadini italiani, spesso si configura come una spada di Damocle. Cartelle esattoriali e ingiunzioni di pagamento identificati con codici incomprensibili. Raccomandate indecifrabili. Notifiche alla carlona. Da oggi, non è più così. Un giudice di Catanzaro, Emanuela Marinaro, ha accolto l’opposizione di un cittadino, M.A., contro la società per la riscossione dei tributi, dichiarando “la nullità dell’intimazione di pagamento”, emessa da Equitalia, perché dovuta “all’illegittimità della procedura di riscossione”. Ed ha anche condannato la società al ristoro delle spese di giudizio.
La storia è presto detta. Un catanzarese un giorno riceve una raccomandata da parte di Equitalia. C’è da fare un pagamento, questo si capisce, ciò che non si capisce è il perché, e soprattutto per quale illecito amministrativo commesso. Si rivolge al Codacons, l’associazione a difesa dei consumatori. L’avvocato Francesco di Lieto legge la letterina della società di riscossione dei tributi. E si accorge subito che è viziata. Ha un vizio, cioè non è stata rispettata la procedura di notifica. Manca l’ufficiale giudiziario, in primis. A monte, comunque, il fatto che non si saprà mai, per quale motivo il cittadino debba pagare. Forse per una contravvenzione per divieto di sosta. Forse.
Il giudice di pace accoglie l’opposizione e motiva una decisione che apre una breccia sulla legittimità della maggior parte delle cartelle di pagamento emesse dal colosso della riscossione tributi. Andiamo con ordine. Il codice di proceduta civile prevede la notifica a mezzo posta tramite invio di raccomandata con avviso di ricevimento che può avvenire solo nel domicilio fiscale del destinatario. Perché tutta la procedura sia a norma di legge è necessaria la cooperazione di due soggetti: l’ufficiale giudiziario e l’ufficiale postale. Su quello postale ci siamo. È quello giudiziario abilitato dall’Etr che manca. Dunque è illegittima. Sulla base di una sentenza, a sezioni unite, della Cassazione, numero 16412 del 2007, secondo cui “la legge non consente all’amministrazione finanziaria di scegliere se utilizzare indifferentemente la cartella di pagamento o l’avviso di mora, ma detta una precisa sequenza procedimentale, nella quale l’esercizio della pretesa tributaria si dipana dall’atto impositivo alla cartella di pagamento ed all’eventuale avviso di mora”. Il mancato rispetto della sequenza, allora, “determina un vizio della procedura di riscossione che, incidendo sulla progressione di atti dalla legge a garanzia del contribuente, determina l’illegittimità dell’intero processo di formazione della pretesa tributaria”. Non solo ma, Equitalia, “omettendo il deposito di copia della cartella esattoriale non solo non ha fornito la prova della rituale notifica del provvedimento, ma non ha altresì consentito la verifica dell’esistenza del titolo in base al quale intende agire per la riscossione della pretesa”.
Non sono i 460 e dispari euro che dovrà pagare l’Etr a favore del cittadino a fare notizia. Ma molto di più. Potrebbero essere annullate tutte le cartelle non notificate dall’ufficiale giudiziario e quelle sprovviste del titolo per il quale intima la riscossione.

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