Il cementificio Calme della famiglia Speziali
Il cemento fa le strade. Innalza i ponti. Fonda le
città. Il cemento è “speziale” a Lamezia Terme. Il gip del Tribunale di
Catanzaro, Antonio Rizzuti, ha assolto Rocco Anello, Francesco
Iannazzo e Antonio Giuseppe Salvatore Speziali per
non aver usato violenza aggravata nei confronti di Salvatore Mazzei,
messo fuori dai giochi nell’affare della cava di Curinga. Perché il fatto non
sussiste.
Il fratello di Antonio è presidente di Confindustria
di Catanzaro, Giuseppe. Il padre è senatore della Repubblica
italiana, Vincenzo. Il cemento da questi parti gronda di spezialità.
Salvaguardata dalla locale Antimafia e tenuta a battesimo dalla Chiesa. La
narrazione che fa Rizzuti della quaestio è una pagina di
storia che vede coinvolti mafiosi, esecutori materiali, politici, imprenditori,
avvocati e preti. Una pagina scritta con la penna rossa, color sangue. Di Torquato
Ciriaco, per esempio, la “colonna” dell’impresa di Mazzei.
Materia del contendere
Il Mazzei, detentore del monopolio del calcestruzzo
nel lametino, ha un problema nel 2006. Con l’ingegnere Speziali, altro
imprenditore locale. Segue un incontro, risolutore, con Eugenio Sgromo, suo
socio, Francesco Iannazzo e Rocco Anello. Nel corso del quale
sarebbe stato “invitato” a mettersi da parte. L’affare della cava di Curinga è
loro. Grazie alla Curia vescovile che gentilmente concede un terreno.
Antefatto
“Tale contesto è caratterizzato da forme spontanee, ma
radicate, di regolamentazione, in cui vi è la pressoché totale negazione dei
principi della libera iniziativa economica e di libera circolazione dei beni e
delle persone e, per contro, la vigenza di principi che non è azzardato
definire di tipo feudale”. Esordisce il gip. “Il territorio di Lamezia Terme è
suddiviso in aree di influenza di gruppi delinquenziali. Di tipo mafioso che
impongono lo sfruttamento delle risorse economiche, principalmente, tramite le
estorsioni di denaro degli imprenditori”, spiega. In questo modo: “Agli
imprenditori accondiscendenti viene garantita dalla consorteria mafiosa che
domina il territorio la “tranquillità” nei loro cantieri (ossia l’esenzione da
atti vandalici e di danneggiamento) e l’incolumità personale, nonché, più in
generale, la “protezione” da indebite ingerenze da parte di altri soggetti”.
Una di queste aree, quella a sud di Lamezia, è appannaggio dei fratelli Anello,
Rocco e Tommaso. Esecutori: Santo Panzarello, Vincenzino Fruci e Francesco
Michienzi (quest’ultimo collaboratore di giustizia). Mazzei pagava per aver la
“tranquillità”. 40-50 milioni di lire. A tale Claudio Fiuamara. Ad un certo
punto sconfina nel territorio degli Anello. Ed è costretto a pagare altri 100
milioni. “Anche a rate”, si legge. Si fa vivo Francesco Iannazzo per riscuotere
il dovuto, su mandato di Tommaso Anello. Mazzei prende tempo. Anche agli Sgromo
gli Anello garantivano la tranquillità. Stessa modalità. Camionate di soldi. A
questo punto spunta l’affare della cava di Curinga, sotto la protezione degli
Anello. Il terreno era di proprietà della famiglia Bevilacqua che
l’avevano concessa in affitto a Michele Lo Russo, amministratore
dell’impresa edile “Edilorusso Srl”. Per continuare a coltivarla era
necessario estendere l’attività ad un terreno limitrofo, della Curia di Lamezia
Terme. Lo Russo e Mazzei spingono Bevilacqua e la Chiesa per averla. La Curia è
resistente. E Mazzei lascia che sia il suo socio ad occuparsene. Per lo Russo
inizia un periodo di gravi difficoltà economiche. Guarda caso. Le mazzette gli
tagliano le gambe. E non accetta. E cede la sua impresa alla “Esse Srl”
di Sgromo e Speziali, che sanno evidentemente - a differenza sua - come va il
mondo.
Fatto
Mazzei si accorge che è estromesso dal mercato. Per la
fornitura del calcestruzzo un suo cliente abituale, Ventura, non si
rivolge più a lui. Ma alla società di Sgromo e Speziali. Mazzei protesta.
Lamenta pressioni. Anche all’interno della Curia, di personaggi del clero (“un
non meglio indicato prete di Lamezia Terme”) perché fosse favorita la società
del figlio del futuro senatore. Si organizza una riunione per garantire la
“serenità”. Di politica economica, chiaramente. Tra tutti gli stakeholders. Nel corso della quale Mazzei sarebbe
stato minacciato a stare zitto e ad accontentarsi.
Epilogo
Mentre Antonio è sotto processo per
mafia Giuseppe Speziali, in qualità di presidente di Confindustria, organizza
un convegno sul racket a Catanzaro. E' il 20 giugno 2008. Presenti al seminario
l’allora prefetto di Catanzaro Salvatore Montanaro, il procuratore
nazionale aggiunto Antimafia Emilio Ledonne, il neo senatore e
padre di Giuseppe Vincenzo Speziali, l’onorevole Mario Tossone in forza Udc, il presidente della Provincia di
Catanzaro Wanda Ferro, il presidente della Camera di
Commercio Paolo Abramo e il procuratore facente funzioni Salvatore
Murone. Lo stesso magistrato che, come presidente del Collegio del
Tribunale di Lamezia Terme, aveva assolto il Cafarone, uno dei protagonisti del
cemento sereno e tranquillo, nonché speziale.
Assoluzione poi rimandata dalla Suprema Corte di Cassazione alla Corte
d’Appello di Catanzaro. E rimodulata in una condanna a sette anni di carcere.
I dati del congresso sono
raccapriccianti. Il 40 per cento subisce un tentativo di estorsione. Il 25 paga
regolarmente il pizzo. E solo il 35 denuncia. Il presidente Speziali
incoraggia: “Non c’è sviluppo senza legalità, non uno slogan, ma un obiettivo
al quale si può arrivare solo se si lavora insieme”.
Del 22 marzo 2011 scorso la sentenza
del fratello. Che vale più di un’assoluzione. È la cristallizzazione del
cemento. Più speziale che mai.
Notabene
Gli avvocati. Saverio
Rotundo di Rocco Anello. Francesco Gambardella di Francesco Iannazzo. E Giuseppe Fonte e Gincarlo Pittelli di Antonio Giuseppe Salvatore Speziali.
Notabene.
3 commenti:
Emì, non ti faranno mai lavorare. Non gli interessi, dici sempre la verità e non te ne frega nulla. Grazie.
Grazie davvero
Tutti gli atti del processo utilizzati per la decisione (perchè, a volte, ce ne sono alcuni che vengono dichiarati inutilizzabili sulla base di quello che il codice di procedura penale o la giurisprudenza prevedono) sono stati pubblicati su internet in modo che si possa giudicare eventualmente ingiusta l'assoluzione?
Non penso, verò?
E allora, se non si conoscono gli atti e soprattutto la scansione del processo penale e le norme che lo sorreggono, forse è il caso di non esprimere giudizi.
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