La copertina di Gelusa di Loredana Nigri (ed. Dalla Costa)
La vita e il tempo, luoghi speculari dell’esistenza, per un
certo periodo viaggiano appaiati. Nascono, giocano, soffrono, vivono e muoiono
prima di prendere strade diverse e allontanarsi per sempre. Quando si accorgono
che il tempo non è bastato per rendere giustizia ad una vita, oppure una vita
non ha più tempo per finire quello che aveva cominciato, questi ancora si
cercano. Nonostante l’assenza eterna, che non torna più, i sudari dell’esistenza
continuano a bagnare quella terra e a implorare qualche minuto in più al dio
per vedere, sentire, vivere l’ultimo saluto, per incrociare ancora una volta l’orizzonte
dell’infinito che già si disperde. E qualcosa rimane a chi viene dopo. Basta sapere
vedere e leggere i segni del mistero che aleggia sulla vita, sulla libertà,
sulla morte.
Il romanzo di Loredana Nigri: “Gelusa” (edizione Dalla Costa) è un’esplosione di vite, di storie, di sentimenti e parole che s’infrangono sulla terra e sul tempo e non vogliono più andare via. Dove il substrato della terra e del tempo che sta per arrivare è già coltivato abbastanza per finire il lavoro incompleto di quelle persone che non sono riuscite a vivere la pienezza di un’età già compromessa dalle vite precedenti. E diventa laboratorio per il futuro. Delle future generazioni.
Il romanzo di Loredana Nigri: “Gelusa” (edizione Dalla Costa) è un’esplosione di vite, di storie, di sentimenti e parole che s’infrangono sulla terra e sul tempo e non vogliono più andare via. Dove il substrato della terra e del tempo che sta per arrivare è già coltivato abbastanza per finire il lavoro incompleto di quelle persone che non sono riuscite a vivere la pienezza di un’età già compromessa dalle vite precedenti. E diventa laboratorio per il futuro. Delle future generazioni.
L’intreccio dei personaggi che viaggiano a ritroso, alla
scoperta delle loro radici, non trova pace nella ricerca della ragione della
loro vita. Ma lasciano segni indelebili perché qualcuno, mosso da pietà, compia
un gesto d’amore per raddrizzare una linea del tempo altrimenti inspiegabile e
beffarda. Ma tale rimarrà, inghiottita dall’infinità delle variabili del
passato, e già impegnata ad accompagnare le nuove generazioni, allo stesso modo
disorientate e belle. Giovani e già morte.
L’arco temporale, dal 1830 al 1940, consente all’autrice la
descrizione di una delle pagine più inquiete della storia d’Italia e della
Calabria in particolare. Dove la linea di Cronos pare si diverta a far nascere
e a recidere quei fiori coccolati dal piacere e dall’amore e poi strapazzati dalla
violenza, dall’ignoranza, dal pregiudizio e dall’istinto di conservazione. La lotta al brigantaggio, l’emigrazione e la prima guerra mondiale prosciugano le radici
di una terra bellissima e luogo disincantato di un Cronos con la barba,
sapiente e vendicatore.
Gelusa, il libro, è il luogo della nostalgia. Del ritorno a
casa con dolore per il dolore vissuto. Per spiegare e rendere giustizia alle
ingiustizie che hanno flagellato una terra presa a morsi dai prepotenti di turno
e abbandonata a leccarsi le ferite, unico sollievo di una vita amara e visionaria,
protesa in avanti e legata dalle pastoie ingombranti del passato.
Gelusa è il viaggio dello spirito che estirpa il male e
consegna al viaggiatore la promessa di raddrizzare l’albero della vita verso il
bene. Verso cui altre vite sono già in agguato per amore e per desiderio
di sopraffazione.
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