30 luglio 2011

La Guardiania costiera di Uria

Un ombrellone posto sotto sequestro dalla Guardia Costiera di Crotone

La Guardia Costiera di Crotone fa piazza pulita alla foce del torrente Uria del Comune di Sellia Marina. Dopo il sequestro del depuratore omonimo, che scarica nell’alveo a circa un chilometro e mezzo dalla spiaggia, mette i sigilli anche agli ombrelloni e alle “freschiere in legno” dei turisti. Cresce la rabbia dei villeggianti per il cemento, invece, che sarebbe stato “dimenticato” dagli zelanti operatori della Capitaneria di Porto. “Hanno chiuso un occhio – dichiarano – forse perché le costruzioni dei soliti noti sono intoccabili?”
Sono selliesi che lavorano nelle città del nord d’Italia e d’estate ritornano per godersi una meritata vacanza. Persone che ogni anno sono costrette a pagare spese condominiali per servizi che non ricevono, lamentano, e che devono fare i conti con le regole non scritte degli imprenditori locali. La “guardiania”, per esempio, è un servizio imprescindibile “per avere la casa a posto”. Quindici giorni di vacanza al prezzo di circa 500 euro a testa. E sono proprietari, particolare non trascurabile. Vacanze bramate, nostalgiche e auspicate per l’affetto che li lega alla loro terra d’origine. Pressoché assente, invece, il controllo degli organi competenti per garantire la legalità e soddisfare i diritti fondamentali tutelati costituzionalmente. Giustificato, a questo punto, il disappunto dei cittadini per le “scorribande” temporanee e occasionali degli operatori della sicurezza solo per “gli ombrelloni fuori norma” e le “freschiere coperte da teli di colore verde” quando “il marcio sta altrove”, urlano.
Per la cronaca un vigile della polizia locale nel corso della mattinata è stato impegnato a fotografare la foce del torrente perché, a quanto pare, il Comune si era preso la briga di analizzare per proprio conto le acque con risultati che sarebbero discordanti da quelli rilevati dalla Guardia Costiera di Crotone.


Il dettaglio delle spese dei villeggianti di Uria

25 luglio 2011

Seteco, bonifica e vendita. In attesa della verità

I vigili del fuoco del Nbcr all'ingresso della Seteco

È partita la bonifica della Seteco (Servizi e tecnologie ecologiche) nel Comune di Marcellinara. Dal 13 luglio scorso gli operai della Ecosistem di Lamezia Terme, aggiudicatrice dell’appalto, coadiuvati dal Nbcr (Nucleo biologico, chimico e radiologico) dei Vigili del fuoco, sono al lavoro per la rimozione, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti presenti nello stabilimento. Hanno trenta giorni di tempo per risanare la “fabbrica dei veleni nascosti”, così come è stata ribattezzata da un comitato spontaneo di cittadini che ha portato all’attenzione pubblica e degli organi competenti lo scandalo dell’azienda: ben due volte - forse tre - posta sottosequestro e incessantemente fumante negli ultimi cinque anni. Fumante di gas e polveri di difficile connotazione chimica, che ha condizionato la vita dei lavoratori della zona Pip del Comune catanzarese e dei cittadini di località Serramonda. Finalmente una buona notizia. Un risultato positivo, grazie al dinamismo della cittadinanza attiva. In attesa della verità. Il comitato chiede anche che la Magistratura faccia piena luce sul tipo di materiali arrivati da chissà dove e messi al rogo della Seteco di Pasquale Leone. Dovevano servire per produrre fertilizzanti. Dovevano.

Monitoraggio strumentale
Come da cartello affisso sul cancello d’ingresso della Seteco i lavori sono partiti il 13 luglio con il cosiddetto “monitoraggio strumentale”, sia ai fini dello smaltimento che delle garanzie di sicurezza da porre in essere per gli operai. Il trasporto vero e proprio del materiale, però, è iniziato solo da martedì 19. Destinazione: presso la discarica Econet e la Ecoinerti, entrambi i siti risiedenti nella zona industriale di Lamezia Terme. Come si ricorderà, tre sono i Cer, i codici che l’Arpacal (Agenzia regionale di protezione ambientale della Calabria) ha individuato nello stabilimento. Due “non pericolosi”. Il Cer 19.05.03 compost fuori specifica, che non hanno una radice comune, tuttavia non sono pericolosi; e il Cer 19.05.02parte di rifiuti animali e vegetali non compostata, di cui era piena zeppa la Seteco, anche se adesso l’interno del capannone sembra ridotto quasi interamente ad un cumulo di ceneri. Il terzo, infine, questo sì pericoloso, anche ufficialmente, il percolato: codice Cer: 19.07.03* percolato di discarica, circa 200 metri cubi. Ed è proprio il percolato che ancora non si sa dove smaltire. Fino all’anno scorso il tutto sarebbe dovuto essere trasportato nella discarica di Pianopoli. Le vicissitudini giudiziarie e il tira e molla sull’identificazione della qualità dei rifiuti tra l’Arpacal e il Nisa (Nucleo investigativo per la Sanità e l’Ambiente della Polizia di concerto con la Procura) hanno convinto l’Ente appaltante, la stessa Regione Calabria, a cambiare.

L’incendio all’esterno della fabbrica
È da circa 20 giorni che a fumare non è più l’interno bensì l’esterno della stabilimento. A ridosso della recinzione, coperti dalle erbacce, vi sarebbero gli stessi rifiuti che per anni hanno bruciato tra le quattro mura della fabbrica di Leone. La puzza è la stessa. Buon naso non mente.
Anche di questa zona la ditta sta provvedendo alla bonifica. Un’operazione tutt’altro che facile a causa dell’alta temperatura di questi giorni.

La vendita
Una volta bonificata la Seteco, essendo in regime fallimentare, sarà venduta al miglior offerente. Il finanziamento dell’Ente appaltante, in realtà, non è altro che un credito in prededuzione, un anticipo, che la regione Calabria vanterà nei confronti della curatela fallimentare quando l’avrà liquidato. L’ultima perizia, depositata al Tribunale delle esecuzioni immobiliari, stima il valore dell’immobile in 11 milioni di euro. Molti? Pochi? In ogni caso troppi rispetto al precedente apprezzamento che si era fermato alla modica cifra di 800 mila euro.
Il rischio più grosso è che potrebbe essere acquistato da una società con le stesse caratteristiche della fabbrica di Leone. Difficile, infatti, immaginarci un supermercato di derrate alimentari o un negozio di abbigliamento. Il pregiudizio sulla fabbrica dei veleni è difficile da correggere. E questo vale anche per il mercato immobiliare.

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*Errata Corrige: il Cer 19.07.03 "non è rifiuto pericoloso", ad esserlo è il percolato con Cer 19.07.02


Il cartello dei lavori

18 luglio 2011

L'Ordine della Torre Cavallara


Ci inerpichiamo per una collina del quartiere Aranceto di Catanzaro che dà sul Golfo di Squillace. La salita è ripida. Rischiamo di rovesciare pericolosamente all’indietro. Ci aiutano le erbacce a sostenerci. Raggiungiamo la vetta. Un paesaggio mozzafiato. A sud il mare, a Nord i ponti di Catanzaro città. In mezzo una Torre, la cosiddetta Torre Cavallara di Lido, secolo XVI. Una fortezza ormai alla deriva. Era una punta del sistema difensivo della città. Anche lei fece la sua parte nell’eroica resistenza dei catanzaresi contro i francesi nel 1528. Tanto che si meritò il titolo di “fedelissima” dal sovrano del Sacro Romano Impero, Carlo V, e l’autorizzò a fregiare il proprio stemma con l’aquila imperiale.
Ci avventuriamo. Ha una pianta quadrangolare. Distribuita su due livelli. Al secondo si accedeva per una scala esterna ad arco che finiva su un ponte levatoio, ormai scomparso. Il pian terreno è ancora in buone condizioni. Un grosso pilastro al centro la mantiene ancora in piedi. Al suo interno resti e indizi di un passato recente. Fino a dieci anni fa, secondo l’indagine della procura di Catanzaro. Campeggia sulla parete una figura androgina. Tre corna sulla testa. Quella centrale conserva ancora i motivi del fuoco. La fiaccola di Lucifero. Ali di corvo. Seno femminile. E piedi caprini. Il caduceo ermetico (che rappresenta il principio panteista che fa coincidere il bene e il male), al posto dei genitali, è ormai consumato dal tempo. E’ l’immagine simbolo dell’ “Ordine del triangolo nero”, una setta satanica. Era lì, quasi certamente, che si riunivano i suoi seguaci una o due volte al mese per “celebrare le messe e i vari riti in onore di Satana”. Il virgolettato appartiene al testo di un sito internet, oscurato dopo pochi mesi dalla sua creazione e fondato da uno studente di Catanzaro che si faceva chiamare “Zergo”. Sull’home page c’era scritto: “Noi crediamo realmente nell’esistenza di Satana, ma non come raffigurazione di noi stessi, bensì come vero dio al quale riportiamo adorazione”. L’indagine conoscitiva fu diretta da Roberto Coppola, vice questore e dirigente della Polizia giudiziaria della Procura presso il Tribunale di Catanzaro, che si avvalse della preziosa consulenza di uno dei maggiori studiosi italiani di esoterismo, Giuseppe Cosco, catanzarese, scomparso a soli 52 anni nel 2002. Pure il triangolo è rimasto. Piccolo, in realtà, rispetto all’importanza che deteneva. Un triangolo dentro un cerchio. È lo stesso consulente a spiegarlo in un’intervista tutt’ora consultabile sul suo spazio web: “Il triangolo nero dentro al cerchio loro dicono che: “rappresenta l’adorazione dell’uomo verso i piaceri della carne e del sangue”. A tal proposito è anche interessante quanto afferma, sempre nel loro sito, Alucard, un adepto: "sono un ‘Adoratore del Sangue’: Me ne cibo e lo considero molto stimolante nei rapporti intimi". Il sangue è la parte dell’uomo che contiene il principio vitale, anche per i satanisti. Bevendolo si può acquistare, secondo loro, la sua soprannaturale qualità. Il triangolo è, per i satanisti, uno strumento per la manifestazione degli spiriti, rappresenta la trinità, intesa come tripla natura del nostro mondo (mentale, psichica e fisica)”. Non possono mancare le croci capovolte che simboleggiano “l’opposizione alla croce di Gesù Cristo”. E poi altre scritte di difficile interpretazione. Dei piatti di plastica testimoniano un banchetto di poco tempo fa. Forse degli aderenti? L’inchiesta da lì si sparse a macchia d’olio in tutta la provincia di Catanzaro. Ad Acconia, frazione di Curinga, gli investigatori scoprirono in un edificio d’origine medievale gli ingredienti di una messa nera fresca fresca. Un gatto nero sacrificato per la causa: l’inneggio a Santana, incorniciato da una stella a cinque punte, appeso alla parete. Al centro del salone una tavola disegnata per terra. Secondo l’esperto si tratta di un’“Ouija”, caratterizzata da lettere e numeri. Che serve per “far comunicare con gli spiriti” il membro designato dalla setta, una sorta di “channel”, cioè colui che “ha la capacità di aprire un canale tra questo mondo e gli altri”. Un circolo magico a tutti gli effetti. Pericoloso, avvisa la Chiesa cattolica, perché si rischia di cadere in balia del demonio, oltre che del peccato, s’intende. La Costituzione, invece, garantisce la libertà di culto, a patto che non vengano compiuti atti che violano le norme penali. E durante i riti satanici gli abusi sono il piatto principale. Abusi psicologici, fisici, sessuali, fino ad arrivare all’omicidio. Non solo, ma il vilipendio dei cadaveri risulta un passo importante per inneggiare all’angelo decaduto. E nel cimitero di Santa Maria, giù dalla Torre Cavallara, in quello stesso periodo, diversi furono gli episodi di profanazione delle tombe, con delle sorprese. Organi di animali ancora sanguinanti e carcasse di povere bestie carbonizzate e all’uopo innalzate come la Croce di Cristo.
Ma la scoperta più sconvolgente si presentò nei locali della facoltà di Farmacia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, di stanza a Roccelletta di Borgia. Fu uno scandalo. In molti si strapparono le vesti quando sarebbe bastato avere degli occhi più guardinghi. Bene. Furono rinvenuti un disegno, raffigurante la dea Iside, e una scritta a lei dedicata. È sempre Cosco che ci spiega i motivi più profondi di questa peculiare venerazione. “Iside, la più importante delle divinità egizie, è spesso raffigurata, secondo il mito riferito da Plutarco (De Iside et Osiride, 12, 19) alla ricerca del corpo di suo fratello, e allo stesso tempo sposo, Osiride, ucciso e poi fatto a pezzi da Seth e gettato nel Nilo, che la dea restituisce alla vita col suo soffio divino. E’ anche frequentemente rappresentata mentre tiene in braccio e allatta il figlioletto Horus. Iside è, pure, la protettrice dei defunti. In epoca ancora più antica era considerata la dea che proteggeva il focolare. Essa fu adorata in Medio Oriente, in Grecia, a Roma e in tutto il bacino del Mediterraneo come la dea suprema. In tutti i circoli esoterici è considerata come l’Iniziatrice, incarnante il principio femminile, che detiene il potere della vita, della morte e della risurrezione. Sua rappresentazione è la croce cosiddetta ansata o Ankh, oppure nodo. Una sua valenza infera si è fatta luce nella vicenda di Castelluccio dei Sauri (Foggia), che ha visto sul banco degli imputati due giovani studentesse, Annamaria Botticelli e Mariena Sica, per lo strangolamento della loro amica Nadia Roccia”. Da Iside agli occulti poteri satanici il passo è breve. Lo documenta il tenore dello scritto in maiuscolo: “Quando la luna sarà nel capricorno, Iside principe delle tenebre, ti darà la vita. Tu grande principe degli inferi risorgerai, prenderai le tre vergini spose giacenti nelle bare ed elle torneranno in vita. Io gran sacerdote insieme ai tuoi seguaci ti adoreremo portando il tuo segno, il 666. Così è scritto e così sarà fin dalla notte dei tempi”. Tuttavia, secondo Cosco, si sarebbe trattato di una sorta di “satanismo acido” - differente da quello “occultista” (rivolto al demonio della Bibbia) o “razionalista” (che considera Satana il simbolo della rivolta contro ogni tipo di morale, e anche contro la religione cristiana) – “che nasce dalla sperimentazione di droghe da parte di piccoli gruppi con un’infarinatura di occultismo, che credono di vedere il diavolo quando, in realtà, sono in preda all’esaltazione psichedelica”.
Non solo nella città di Catanzaro, ma segni di presenza di rituali satanici furono ritrovati anche nelle cosiddette “casematte”, le fortificazioni belliche seminterrate della seconda guerra mondiale, di cui è cosparsa tutta la provincia.
Lì, nei pressi della Torre, guardando verso il mare s’intravede una Croce. E’ issata su un traliccio senza più cavi. Pare che sia stata fatta innalzare da uno dei proprietari dei terreni limitrofi. L’una di fronte all’altra. Si osservano e si sfidano. Il bene e il male.

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17 luglio 2011

Ivan Ciacci si dimette

Il sindaco, Ivan Ciacci, festeggiato dai sostenitori il giorno della sua rielezione, il 28 maggio 2007.

Il sindaco di Belcastro, Ivan Ciacci, si dimette. Abbandona la poltrona di primo cittadino che ha occupato fin dal 2002, quando – com’è scritto nella sua biografia presente sul sito istituzionale dell’ente - subentrando ad una gestione commissariale riuscì nell’intento di assicurare, stando al tenore del suo profilo, “stabilità politica alla cittadina”. Quella stessa instabilità che lui, adesso, ripaga con la stessa moneta. Entro il 30 luglio, infatti, al termine dei venti giorni garantiti dalle norme sugli enti locali, se non rivedrà la sua decisione la prefettura di Catanzaro nominerà un commissario ad acta che traghetterà il Comune fino alle prossime elezioni. Al momento è retto dall’attuale vicesindaco, Antonio Mazzei.
Durante questi nove lunghi anni di governo Ciacci si ricorda il restauro dei monumenti storici maggiormente rappresentativi di uno dei borghi più antichi della Calabria, come la Chiesa della Madonna della Pietà, la Chiesa dell’Annunziata e il Castello dei Conti d’Aquino. Un interesse per il risveglio culturale di Belcastro molto lodevole cui ha fatto da contrappeso, però, una gestione amministrativa non ugualmente meritoria. Poca l’attenzione dimostrata dall’Amministrazione alla viabilità, sia all’interno del tessuto urbano, sia rurale (l’economia del paese si regge principalmente sull’agricoltura) che, infine, per la strada provinciale che da Botricello raggiunge Belcastro e Petronà. Lavori, questi ultimi, di competenza della Provincia di Catanzaro mai portati a termine durante la gestione del sindaco dimissionario. A questo si aggiunge l’atavica questione del Palazzetto dello sport. Un fiume di denaro finito in fondo al mare. Una cattedrale nel deserto. Mai aperto alle attività agonistiche. La raccolta differenziata dei rifiuti che non è mai decollata. Contemporaneamente alcuni provvedimenti presi dagli organi sovra comunali, come l’accorpamento della Scuola primaria e secondaria all’Istituto di Botricello con la contestuale perdita dell’autonomia, e il trasferimento della sede dell’Ipsaa dalla località Fieri a Sersale, hanno lasciato il segno alla progressiva decadenza della cittadina sotto il profilo politico e sociale.
A queste inefficienze amministrative si aggiungono alcuni fatti drammatici che hanno scosso la comunità belcastrese, come l’uccisione con un oggetto contundente di una signora anziana, Teresa Gualtieri, il 7 maggio 2009, da parte di ignoti che si sono introdotti nel suo appartamento quasi certamente per rubare. L’indagine della Procura è ancora ferma al palo. Ma soprattutto la morte commissionata a colpi di arma da fuoco ai danni di Silvano Talarico, di Belcastro, il 4 luglio 2008, mentre tornava con la propria moto dal lavoro che svolgeva nella vicina Petronà. L’inchiesta della Magistratura come sopra. Circostanze che già allora fecero pensare al sindaco di dimettersi. Di recente, dal mese di dicembre scorso, anche la sofferenza della parrocchia per la vacatio lasciata dall’ex prete, don Roberto Mastro, che Ciacci annovera tra i “dieci motivi” inviati al prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci, per giustificare il suo gesto.
Tuttavia, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, per sua stessa ammissione, è il debito che Belcastro si trascina con la SoRiCal, la società di risorse idriche calabresi, che gestisce l’approvvigionamento idrico in quasi tutti i Comuni calabresi. Quasi mezzo milione di euro.

16 luglio 2011

Il Mare nostrum


Una "cosa" marrone rinvenuta da alcuni turisti a Botricello, a poche centinaia di metri dal depuratore

Mare sì e mare no. Quando va bene arriva la schiumetta intorno alle ore 11. Aspetti che passi e di necessità virtù il bagno te lo fai comunque, il caldo dopo un po’ è irresistibile. Quando va male ti penti di esserci andato. Amaramente. È il mare nostrum. Dell’alto Ionio catanzarese, che abbraccia i Comuni di Simeri Crichi, Sellia Marina, Cropani e Botricello. Chiazze di inconfondibile color marrone fanno la loro comparsa, la passerella in bella vista, fino al calar del sole. A volte di forma irregolare, di contenuto irregolare. Parallele alla battigia. A volte, invece, di una certa consistenza, ben solidificate. Come è possibile?
A sentire gli amministratori interessati i depuratori funzionano tutti. Non solo, ma ci tengono a rimandare la patata bollente ai vicini: “Ci auguriamo che anche gli impianti degli altri siano efficienti, altrimenti il nostro lavoro è inutile”. Perché loro lo sanno, che il mare non ha barriere, non issa steccati. E, quindi, scaricano la responsabilità sugli altri. Osannano il loro interventismo e con l'indice puntato e lo sguardo rivolto in alto auspicano, sperano. Poi abbassano gli occhi e ti guardano fisso perché pretendono che gli dia ragione, che è vero: che sono gli altri. All’unisono. Un coro unanime.
Intanto, il mare, sua maestà il mare, che non ha mai fatto politica, che non si intende di queste cose, ti coccola e ti accarezza con ingenuità. Ricambia a seconda di ciò che ha. Non nasconde niente, neanche gli stronzi.

11 luglio 2011

Panico sul lungomare di Catanzaro Marina


Il luogo dell'incidente, lungomare Stefano Pugliese

Panico sul lungomare di Catanzaro Lido. Intorno alle ore nove di ieri sera una Cinquecento ha invaso il marciapiede della corsa opposta investendo tre persone. Ha fatto saltare i paletti di protezione davanti ad un’abitazione finendo la sua folle corsa su un’altra parcheggiata che, a sua volta, è sobbalzata su una terza. Non solo, ma, come una scheggia impazzita, ha distrutto anche l’impianto elettrico della casa. Immediato l’intervento dei sanitari del 118 che hanno provveduto a trasportare i feriti in ospedale. Sul posto anche la polizia di Stato che ha messo in sicurezza tutta l’area per consentire i soccorsi e il ritorno alla normalità.

10 luglio 2011

A fuoco la discarica vicino alla centrale dell'Edison a Simeri Crichi


A fuoco il sito di stoccaggio degli ingombranti nella zona Pip di Simeri Crichi. Preoccupazione per la vicina centrale dell’Edison.
Erano da poco passate le 13 di oggi quando si è propagato un incendio nel sito dell’autorimessa “Lauritano & figli” adibito alla raccolta dei rifiuti ingombranti. Data l’elevata temperatura le fiamme sono divampate in ogni dove. Decine e decine le carcasse d’auto andate distrutte, ma il pericolo maggiore proveniva dalla limitrofa centrale a turbo gas dell’Edison che produce 800 MW di energia all’anno. Un’ecatombe sarebbe potuto succedere. Massiccia la macchina dei soccorsi intervenuti. Vigili del fuoco, Protezione civile, Afor (Agenzia forestale della regione Calabria), carabinieri, Polizia di Stato e anche un Canadair. Le operazioni di spegnimento si sono protratte fino a sera.
Sulla natura dell’incendio gli inquirenti non escludono il dolo. Le indagini sono tutt’ora in corso.

9 luglio 2011

La "Stratificazione" della spiaggia di Pizzo. Commissario, sveglia!

Due immagini del degrado in cui versa la spiaggia Colamaio 1 di Pizzo

Era partito bene Pino Militare, assessore all’Ambiente del Comune di Pizzo. Lo scorso 22 aprile annunciò la pulizia delle spiaggia molto prima degli altri enti calabresi. “Obiettivo dell'attività – dichiarò - è la tutela degli habitat costieri presenti lungo la nostra costa. Tutto ciò – continuò - nell'attuazione di una politica di tutela e conservazione di tali valenze ambientali che la nostra amministrazione da tempo sta portando avanti con opportuni interventi che cerchiamo di anticipare rispetto ai tempi”. Era partito bene, appena nominato dal sindaco, Fernando Nicotra. Nemmeno il tempo di fare mente locale sul rimpasto della giunta che il 12 maggio successivo giunse la spada di Damocle della nomina del triunvirato commissariale, Bruno Strati, Sabrina Pane e Salvatore Lafaci, da parte del prefetto, Luisa Latella, dopo la sfiducia al primo cittadino. Oggi di quella famosa “pulizia” è rimasta solo l’ombra. In località Colamaio 1 i rifiuti la fanno da padrone. Sconcerto tra i turisti che stanno affollando in massa le spiagge rinomate di Pizzo Calabro.

E’ di quasi 24 mila euro il finanziamento della Regione Calabria destinato al Comune vibonese per le sole attività ambientali riguardanti la costa. Un sussidio che il commissario prefettizio in parte ha indirizzato lo scorso 21 giugno proprio alla pulizia “degli arenili ricadenti nel territorio comunale, delle strade di accesso al mare e delle pinete di Colamaio 1 e 2” per “le gravi condizioni igienico – sanitarie” in cui versano, ha motivato. Ad occuparsene la Mediterraneo srl, vincitrice del relativo bando di gara.

L’augurio dei bagnanti è che la spiaggia venga al più presto restituita al suo splendore di un tempo. E, soprattutto, che i soldi pubblici raggiungano i lidi giusti.


6 luglio 2011

La disinfestazione secondo Tulelli

L'Avviso di Vincenzo Tulelli

Via le zanzare e i ratti da Sellia Marina. L’assessore alla Sanità, Vincenzo Tulelli, si è deciso: iniziate ieri, e terminate oggi, le attività di disinfestazione e di derattizzazione del territorio comunale. Un’operazione senza precedenti. Per l’incolumità e la sicurezza dei selliesi e dei turisti è stato pubblicato anche un Avviso: “Ai cittadini si raccomanda di non sciorinare panni all’esterno, tenere porte e finestre chiuse, il ricovero di animali, la difesa di prodotti alimentari con idonea copertura, di evitare di circolare e di fermarsi nelle aree trattate per tutto il periodo delle operazioni”. Le priorità raccomandate le ha sciorinate l’assessore in persona: prima i panni e poi i cibi, prima gli animali e poi gli uomini. L’assessore sa quali siano. Chi meglio di lui.
Un avviso che doveva essere bandito per le strade almeno con una settimana d’anticipo. E, invece, è stato inserito nell’albo on line insieme ai decreti, nemmeno nell’home page del sito, solo il giorno prima. Un intervento, soprattutto, tardivo. Si dà il caso, infatti, che la disinfestazione è principalmente antilarvale, e le larve si schiudono a maggio, non a luglio, quando sono belle e mature, quando hanno già molestato e nuociuto. Un attivismo che, ad occhio, fa acqua da tutte le parti. Sembra, ma non è così. Non tutti sanno, ad onor del vero, che il buon Tulelli è anche assessore ai Servizi cimiteriali. Un colpo al cerchio e uno alla botte.

5 luglio 2011

I hate facebook



Il web ha cambiato la vita alle persone del terzo millennio. Ha aperto nuovi orizzonti. La gente si collega al pc per parlare con i propri amici, parenti, anche lontani, dall’altra parte dell’Oceano, oppure per conoscerne dei nuovi. Capita di chiedere alla vicina di casa una ricetta senza la fatica di affacciarsi, oppure cosa ne pensa della politica del Governo. Capita di imbattersi in personaggi strani, account si chiamano, che non si sa chi siano. Ci tengono all’anonimato. Capita di corteggiare ed essere corteggiati. In Inghilterra il solo facebook pare abbia fatto aumentare i divorzi del 30 per cento. Con la tastiera in mano siamo tutti più bravi. Poi magari s’incontrano e si rimane delusi. Oppure ti affascinano nonostante la magrezza dei link condivisi. La comunicazione, vuoi per piccione viaggiatore, vuoi via lettera tradizionale, vuoi via telefono e vuoi via chat, conserva sempre una certa dialettica, sta all’intelligenza di quelli che comunicano intuire o saper interpretare la corrispondenza delle cose dette. Ma capita, anche, di litigare. Anche se non si è amici e non si ha nessuna voglia di diventarlo. L’occasione la dà la nuova chat dei gruppi. Il recente strumento operativo dei guru della comunicazione via facebook.
Eccone un assaggio, rigorosamente Made in Calabria. Precisamente: provincia di Catanzaro. Protagoniste due ragazze. Che non sembrano avere molti peli sulla lingua. Il tenore della conversazione lascia perplessi per la profondità degli argomenti trattati. E nel merito. Difficile azzardarne un’imitazione. Insuperabile sul piano sociologico ed educativo. Nell’arte della comunicazione potrebbe a pieno titolo essere inserita nell’estetica del brutto. Per imparare ad evitarla, certo.
Ciao a tutti”, esordisce una. “???”, l’interrogativo dell’altra. “Nn era rivolto a te il mio salutooo”, spiega la prima. “Ki ti ha interpellato, scusa, se risp vuol dire ke ti sei sentita interpellata, nn ci sei solo tu in linea, cm puoi vedere, quindi statti queta, ca parrasti gia' abbastanza per i cunti mei”, per i non locali la seconda parte della chat significa: “Statti zitta, che parlasti già abbastanza per me”. Inizia lo sputtanamento. La ragazza, risentita per qualcosa detto in pubblico dall’altra, giustifica il proprio malessere, e cioè che si sarebbe inventata degli “aborti” sul suo conto. La replica è: “Trovati l psicologo che meglio”. “Trovati un avvocato”, i due professionisti che si consigliano reciprocamente. “Che io ho ancora la tel registrata e lasciami stare, addio”. La conversazione sembra destinata alla chiusura, e invece: “Avisti puru u coraggiu ma mi saluti, ohi stupida”. “Non salutavi ati ignorante”, per la precisione. Evidentemente, non si erano chiarite abbastanza, infatti: “Ma si mi parrasti puru, cretina, l'ignorante sei tu nn io, ca tu nn teni nente intra i mani, eu si ca tegnu a registrazione, da chiamata ki facisti, duve parravi ca eu fici nn sacciu quanti aborti, per tua informazione nn sacciu mancu chi su i ginecologhi”, si capisce, si capisce, anche per i non locali. Sullo sputtanamento il discorso è ancora lungo. “A (omissis) parranu di porcati toi”, cioè: parlano delle tue porcate. “La gente conosce me e conosce te”, eguaglia una e poi incalza: “A tia miseru l'amante nn fazzu u nome pe rispettu soi ma nn pe tia tanto lo sanno ki è”, significa: “Di te dicono che hai un amante, e non faccio il nome per rispetto suo, non tuo”. “Dillo!” le risponde. “Nn sono una pentita come te o na lorduna”, a stretto giro di posta. La discussione va avanti senza soluzione continuità fino alle minacce. Le offese, infine, dai familiari passano sul personale. “E vota bona che ti sgonfio”. “Guardati u culu toi ka e sgonfiare cinde abbastanza”. “Alla faccia tua”. “Aru tua stupida, ca nn ti capanu mancu i pantaloni”.
No comment!

2 luglio 2011

Incidente al bivio di Cropani


Una delle due auto coinvolte nell'incidente

Erano da poco passate le sette di questa mattina quando due auto si sono scontrate quasi frontalmente sulla statale 106 all’altezza del bivio di Cropani. Una stava svoltando per immettersi sulla provinciale mentre l’altra proveniva da Crotone in direzione Catanzaro. Tanta la paura tra gli occupanti dei veicoli. Immediato l’arrivo dei carabinieri della Radiomobile della Compagnia di Sellia Marina per i rilevi del caso, e dell’ambulanza che ha provveduto a trasportare i feriti all’ospedale del capoluogo. Sul posto anche gli operatori dell’Anas, che hanno ripulito l’asfalto dai lubrificanti fuoriusciti dalle auto. Secondo le ultime indicazioni, le loro condizioni non destano particolari preoccupazioni.