17 novembre 2011

Alli. Arrestati i manager dell'Enertech. Anche La Barbera avrebbe approvato


Le manette. Alla fine sono arrivate. Puntuali. E dire che Loris Zerbin, direttore tecnico della Enertech, la società che ha avuto in gestione la discarica di Alli fino al sequestro, eseguito dai carabinieri del Noe di Catanzaro lo scorso 14 ottobre, lo aveva paventato. Parlando con Antonio Garrubba, suo dipendente, e disquisendo con lui sulla bontà o meno di smaltire illegalmente il percolato il 16 aprile 2011 ad un certo punto sbotta: “Sai a me cosa mi fanno se mi trovano il percolato che va fuori? Mi portano via con i braccialetti! No? E ci lascio pure la famiglia a casa”. Poi il percolato è fuoriuscito. E pure i braccialetti sono arrivati. Per lui e Stefano Gavioli, amministratore della società. Mentre Giovanni Faggiano, Enrico Prandin e l’avvocato, Giancarlo Tonetto, sono finiti agli arresti domiciliari. Per il Garrubba e Paolo Bellanio, il gip, Abigail Mellace, invece, ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Infine interdizione dai pubblici uffici per il commissario per l’emergenza ambientale, Graziano Melandri, e i tecnici, Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo. Indagato anche l’assessore regionale all’Ambiente, Francesco Pagliano.  
Se sono arcinote le performance della ditta Gavioli & Faggiano, in danno all’Erario in tutta la penisola italiana, trasformando i rifiuti in oro grazie alla loro spiccata propensione ad eludere le tasse, dal Veneto alla Sardegna, dalla Campania all’Emilia Romagna, dalla Puglia fino alla Calabria, meno noto è il curriculum del loro avvocato, Tonetto. Mai la massima greca del filosofo Empedocle: il simile conosce il simile, fu più azzeccata.
Siamo negli anni ’90, a Milano. L’allora capo della Squadra mobile, Arnaldo La Barbera, conosceva un sacco di legali, bravi e meno bravi, grazie anche al ruolo che ricopriva. Tuttavia, quando ha bisogno che qualcuno si occupi di curare alcune pratiche della compagna, Marina Busetto, si rivolge proprio a lui. Accetta volentieri. Fare cortese e apparente disponibilità a risollevare le sorti della cliente, si accattiva le simpatie della coppia. Poi, la sorpresa. L’amara sorpresa. Trasferisce alcune società venete a Catania. E gliele intesta a sua insaputa. Non solo, ma falsifica pure la firma nell’atto di accettare il patteggiamento per la sopraggiunta bancarotta. Appena lo scopre presenta un esposto in Procura. Ne nasce un procedimento penale contro il promettente avvocato venuto dalla Laguna, istruito dall’allora pm, Antonino Fanara, ora membro della Direzione distrettuale Antimafia di Catania. In quell'occasione viene sentito anche il superconsulente, Gioacchino Genchi, come persona informata sui fatti. 
Visto che in Sicilia non era più ben visto ritorna nel Nord d’Italia e si allea con i suoi corregionali. Per sempre. Da Venezia alla conquista della monnezza nel resto del paese. Nell’affaire sempre verde dei rifiuti che, come dicono da quelle parti, non puzzano. Di oggi la notizia dei braccialetti. Se fosse ancora vivo il superpoliziotto forse strapperebbe un sorriso di compiacimento. Forse sì. 

6 commenti:

domenico ha detto...

quando si dice che tutti i nodi vengono al pettine.

wanessa ha detto...

"La carriera" dell'avvocato Tonetto gli ha permesso di concedersi lussi riservati a pochi. si è rivelato un delinquente di penna, ma dai gusti raffinati:sembra che nella sua sontuosa villa siano stati ritrovati quadri di de chirico. Ma saranno originali?

Anonimo ha detto...

sarebbe interessante sapere come è finito il processo di catania, come mai il fine conoscitore della vicenda giudiziaria sorvola proprio sull'esito..?

Anonimo ha detto...

che vergogna

Anonimo ha detto...

Sono stato compagno di scuola di uno dei figli dell'avvocato, ed ho avuto il "piacere" di entrare spesso in contatto con l'altro figlio. Posso solo sperare che la spocchia di questi giovani parvenus, che hanno sbattuto in faccia la loro immeritata opulenza a coetanei indigenti ma onesti, si ridimensioni e faccia decisamente comprndere tanto a loro quanto al loro sventurato padre che esiste una Prònoia, e che così facendo si inficiano non solo le istituzioni (che, ladre, non ci autorizzano ad essere ancor più ladri) ma anche quei poveri meridionali diuturnamente vituperati e vilipesi. Primum: honeste vivere. Secundum: alterum non ledere

Anonimo ha detto...

Ottima citazione. La frase: "honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere" è infatti incisa sulla facciata del palazzo di giustizia della nostra bella Milano, una vera vox Ironiae nel caso del nostro caro avvocato. Forse è un pò eccessivo attaccare i figli. Dal canto mio ho sempre chiesto a mio papà se qualche volta aveva infranto la legge. Lui mi ha sempre risposto di no... ma nel malaugurato caso in cui m'avesse mentito almeno avrei la coscienza a posto.