Gioacchino Genchi
Gioacchino Genchi
di qua, Gioacchino Genchi di là. Tutti lo vogliono. Anche se è ricoverato su un
letto d’ospedale. Ma a volerlo di più sono i suoi aguzzini.
La seconda sezione del Tribunale di Roma lo ha dichiarato contumace per non essersi presentato all’udienza del processo del 17 aprile scorso in cui è imputato per presunta acquisizione indebita di utenze riconducibili a parlamentari nella famigerata inchiesta Why Not. Era sotto i ferri, ma i giudici: Carmelo Rinaudo, Chiara Bocola e Maria Concetta Giannitti non hanno voluto sentire ragioni. In particolare, ancora prima dell’apertura del procedimento, è stata la Giannitti ad anticipare la decisione che da lì a poco avrebbe preso l’intero Collegio. “Con i tipici cenni di dissenso della testa e del viso”, commenta il suo legale, Fabio Repici. Un legittimo impedimento, anzi doppio. Lo stesso giorno avrebbe dovuto recarsi a Marsala per depositare la sua testimonianza, come consulente del pm, nell’udienza sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone. Il Tribunale siciliano, nonostante la diffida ad intervenire, ha accolto la richiesta proposta da Genchi rinviandola al prossimo 7 maggio. Marsala sì, Roma no. E pure Milano sì. Avrebbe dovuto recarsi perfino davanti al Gup del capoluogo lombardo per un altro cruccio giudiziario sempre lo stesso fatidico 17 aprile. Roma caput mundi. Non si direbbe, anche delle vicende calabresi. Si dà il caso che Maria Concetta Giannitti forse aveva un buon motivo per liberarsi di Genchi. Mors tua vita mea, si dice così. È qualcosa che deve far male. Molto male. Riavvolgiamo il nastro.
La seconda sezione del Tribunale di Roma lo ha dichiarato contumace per non essersi presentato all’udienza del processo del 17 aprile scorso in cui è imputato per presunta acquisizione indebita di utenze riconducibili a parlamentari nella famigerata inchiesta Why Not. Era sotto i ferri, ma i giudici: Carmelo Rinaudo, Chiara Bocola e Maria Concetta Giannitti non hanno voluto sentire ragioni. In particolare, ancora prima dell’apertura del procedimento, è stata la Giannitti ad anticipare la decisione che da lì a poco avrebbe preso l’intero Collegio. “Con i tipici cenni di dissenso della testa e del viso”, commenta il suo legale, Fabio Repici. Un legittimo impedimento, anzi doppio. Lo stesso giorno avrebbe dovuto recarsi a Marsala per depositare la sua testimonianza, come consulente del pm, nell’udienza sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone. Il Tribunale siciliano, nonostante la diffida ad intervenire, ha accolto la richiesta proposta da Genchi rinviandola al prossimo 7 maggio. Marsala sì, Roma no. E pure Milano sì. Avrebbe dovuto recarsi perfino davanti al Gup del capoluogo lombardo per un altro cruccio giudiziario sempre lo stesso fatidico 17 aprile. Roma caput mundi. Non si direbbe, anche delle vicende calabresi. Si dà il caso che Maria Concetta Giannitti forse aveva un buon motivo per liberarsi di Genchi. Mors tua vita mea, si dice così. È qualcosa che deve far male. Molto male. Riavvolgiamo il nastro.
Nel corso dell’inchiesta sul posizionamento di un ordigno
all’ingresso della Direzione sanitaria di Siderno avvenuto il 14 dicembre 2006,
il pubblico ministero della Procura distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, Mario Andrigo, conferisce un incarico
al super consulente. Quello di far luce sulle utenze riferibili a Francesco Chiefari, imputato per
strage. L’indagine si collega veloce veloce a Why Not, nel dettaglio alla fuga di notizie sul pentimento di Domenico Novella, auto accusatosi
dell’uccisione di Francesco Fortugno,
vicepresidente del Consiglio regionale. L’esame del circuito di telefonate
indicizza il giornalista Paolo
Pollichieni e i magistrati Alberto
Cisterna e Francesco Mollace. Con
l’avocazione dell’inchiesta catanzarese Genchi non conclude Why Not, tuttavia,
fino a quel punto, le risultanze sono di assoluta importanza investigativa. Si
viene a sapere, per esempio, che Novella aveva avuto contatti con Chiefari. E
che il cellulare, un “Motorla v600”, usato dal collaboratore di giustizia subito
dopo la morte di Fortugno, era stato utilizzato da un certo Riccardo Tropiano di Melito Porto
Salvo. Che, guarda caso - vedi come si accanisce il caso - aveva inviato due
sms durante un viaggio dal Lazio fino alla Calabria ad un numero di telefonia
mobile intestato “ad un soggetto di sesso femminile identificato all’atto della
stipula del contratto d’utenza in “Giannitti Maria Concetta, nata a Fondi il
21/06/1966”", riferisce la richiesta di astensione del giudice da parte dell'imputato. Ma non è tutto. I Giannitti perseguitano Genchi.
Il ctu riceve un altro mandato investigativo, sempre su un omicidio, di Pasquale Simeri, consumato a Gioisa
Ionica il 26 luglio 2005. Dall’analisi dei tabulati vengono fuori quattro utenze,
in contatto con soggetti indagati nel delitto, in uso a tale Achille Giannetti, notaio di Gioiosa
Ionica e fratello del giudice, allora presso il Tribunale di Palmi.
Sarà un caso, un fatidico caso, allora, se la Giannitti e
tutta la sezione di Roma non abbiano avallato il doppio legittimo impedimento
di Genchi. Come un caso sarà anche il fatto che il Tribunale abbia ammesso quale
teste, perché riferisca sulla professionalità del consulente di Why Not, il
parlamentare Giancarlo Pittelli.
Proprio lui, una delle persone offese dal reato. Roba da manicomio. Anzi, sono
i sintomi di quando qualcosa fa male. E si fa di tutto per disconoscerlo. Ma
non era Genchi ad essere ricoverato in ospedale?
3 commenti:
QUANDO I GIUDICI HANNO PAURA CHE LA VERITA' VENGA A GALLA.
se il tempo è galantuomo...........e di tempo ne è passato, la verità sta arrivandoooooooooooooo
il dottor Gioacchino non si può e non si ve ammalare parola del giudice...
e questa sarebbe giustizia , intanto i mafiosi e indagati si possono ammalare.
ma se Berlusconi non si è mai presentato nei vari processi, ma se le escort sono solo delle signorine buona sera , ma Ruby era la nipote....e la Minetti si vestiva da suora , ma i giudici queste cose le sanno , la prego dottor Genchi non si ammali più.
Posta un commento