4 gennaio 2024

È ancora Lì, la consolatio della scrittura

 


La storia de È ancora la mia Lì di Gabriele Soriani (Officine editoriali da Cleto) è la dimostrazione lampante che gli avvocati non dovrebbero mettersi a scrivere romanzi. Non ne hanno la competenza, né l’attitudine. Saranno sicuramente bravi a difendere i loro clienti sotto tanti profili: civile, penale, sportivo e dell’amministrazione della giustizia in generale. Potranno certamente dimostrare anche quelle qualità umane che distinguono i veri uomini dagli altri, meno onesti e meno buoni. Tuttavia, la scrittura è un’altra cosa. La scrittura è quella dimensione dell’uomo che trasporta la vita dell’autore verso una dimensione più pubblica, più universale, che vale per tutti. E nel farlo lo scrittore raggiunge una parte di se stesso che non pensava di avere. In altri termini, la scrittura rappresenta la scoperta di se nel mondo e del mondo in se stesso. Soriani, avvocato vibonese, non fa niente di tutto ciò. Espone la sua vita, della moglie, dei figli, della malattia, delle gioie e dei dolori senza nessuna mediazione. Mi perdoni l’autore, ma per fargli capire ciò di cui sto dicendo è come se lui in qualità di avvocato si mettesse davanti ad un giudice a sostenere l’innocenza del suo assistito senza filtrare le sue dichiarazioni con gli strumenti normativi e i codici dei procedimenti giudiziari di cui dovrebbe essere a conoscenza.   

Tuttavia, è proprio qui che vedo una luce. Offuscata da tanta disperazione e verso la malattia dell’Alzheimer che ha colpito Francesco (il protagonista della storia) e verso la desolazione dell’essere umano che sa essere indifferente e cattivo - massimamente dinnanzi ai mali altrui - quanto basta per essere evitato e seguire così la massima di Seneca che sosteneva: “Ogni volta che andavo tra gli uomini ne ritornavo meno uomo di prima”.

La sincerità di Gabriani è disarmante. Proprio come quella dei bambini. E come davanti ai bambini abbiamo il dovere morale di stare lì a concentrarci sulla pretese, sulle richieste, sul contesto. A capire, a domandarci. Per risolvere, per stare insieme. Per amare.

E’ ancora la mia Lì (il nome della moglie del protagonista) è la storia di una coppia. Che prima s’innamora, poi si sposa, infine mette su famiglia. E per la quale poi la vita chiede il conto. Caro. Carissimo. Inspiegabile. Anche ai ferventi credenti come il protagonista. La vita è dolore. Ti prende e ti consuma. All’improvviso o giorno dopo giorno. Senza nessuna ragione ragionevole. Inspiegabile. La dolcezza dei primi momenti cede alla sofferenza. E il ricordo dei bei momenti diventa solo un evanescente palliativo di una vita che meritava un avvenire migliore. Più giusto. Più onesto.

E’ ancora la mia Lì è una storia che ti fa compagnia nel mare della disperazione. Di tutti, autori e lettori.

E’ ancora la mia Lì è la storia di tutti noi. Senza tante figure letterarie. Senza retorica e senza filtri. Amara. E amaramente scritta. 




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