17 marzo 2009

Enzo & Domenico Jannelli Company


Enzo Jannelli voleva preservare l’Archivio di Genchi. E’ per questo motivo che si era rivolto al Csm per chiedere la revoca del suo trasferimento, deciso dopo la bagarre costruita ad arte fra la sua Procura, quella di Catanzaro, con quella di Salerno. Si, voleva tenere al sicuro quella che anche la relazione del Copasir ha definito un fatto di “sicurezza nazionale”. E, proprio alla luce, di tale “scandalo”, secondo le parole del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, l’ex procuratore di Catanzaro si è rivolto al Consiglio superiore della magistratura per difendere la bontà del suo controsequestro. Una bontà, di cui, lui è stato il primo interprete, il primo ad aver visto giusto, ancora prima del Ros, Pasquale Angelosanto, del presidente del Copasir, Francesco Rutelli, e dello stesso Premier. Un fatto “nuovo”, aveva evidenziato l’ex procuratore di Catanzaro, aveva fatto il suo ingresso nella "Guerra fra Procure". Una novità per gli altri, ma non per lui. Tanto di cappello, dunque, al luminare della giurisprudenza italiana, lui, l’unico, che sarebbe andato oltre legge, senza scalfirla minimamente. E perché non è scritto da nessuna parte che lui, e tanto meno la sua Procura, poteva sequestrare il sequestro (scusate il gioco di parole, ma è d’obbligo per intendere meglio i termini dei fatti narrati) effettuato dalla competente Procura di Salerno sugli atti delle inchieste di Luigi De Magistris per lungo tempo richieste, e mai accolte, alla Procura di Catanzaro. Ma lui si, poteva farlo. È due tacche più avanti degli altri. Per fortuna il Csm ha respinto la sua richiesta perché la circostanza dell’archivio di Genchi non è stata giudicata “tanto nuova”. Ma dove avrà trovato tanta sapienza? La famiglia Jannelli, per chi non lo sapesse, è un capitolo della storia della giustizia italiana. Un capitolo vero e proprio. Un Post Scriptum in calce alle leggi. Enzo Jannelli, ex procuratore generale di Catanzaro, già procuratore a Pisa, è anche sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione. Durante la sua brillante carriera si è occupato anche del sequestro delle liste degli iscritti alla P2. Enzo è figlio di Domenico, procuratore della Repubblica negli anni quaranta del secolo scorso prima a Reggio Calabria, poi a Palmi, e anche a Torino. Domenico Jannelli è fratello di Vincenzo, suo zio, di Enzo, che ha ricambiato il favore al fratello, del cosiddetto “rinnovamento del nome”, chiamando a sua volta suo figlio, Domenico. E anche Domenico Jannelli junior ha seguito la strada dell’avvocatura, come da tradizione familiare. È sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Un pezzo grosso, per intenderci, lo stesso che si è rivolto a Giuseppe Chiaravalloti, ex governatore della Calabria, per una gentilezza presso la procura di Vibo Valentia per una causa pendente, la “Campisi Tema”, in cui era implicato Oreste Campisi, marito della cugina, Barbara Jannelli, figlia di Gaetano Jannelli, fratello del padre. Patrizia Pasquin, pm di Vibo, interpellata dal presidente della regione Calabria, non si tira indietro. Anche perché, come si dice, con una mano si da e con un’altra si riceve. Il magistrato di Vibo, infatti, era lì lì per ricevere i finanziamenti per la costruzione del “Melograno Village” di Parghelia. Enzo & Domenico Jannelli, una garanzia per la giustizia italiana.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Vorrei sapere se è possibile pubblicare questo post anche sul blog http://iostocongenchi.wordpress.com


Cordialmente
Marco Salvi
iostocongenchi@gmail.com

Anonimo ha detto...

Egregio Emilio Grimaldi,
solo oggi leggo il Suo articolo del 17 Marzo dedicato a mio fratello Enzo. Nella vicenda sono stato indirettamente coinvolto perché mi è stata attribuita, da alcuni ancora oggi, la lettera a tale Chiaravallotti che anche Lei cita nel Suo articolo. Almeno Lei, pur fra tante “imprecisioni”, almeno questa la ha evitata. Le accludo in fondo a queste note la lettera che ho da poco inviato al Direttore di Micromega in relazione ad uno scambio epistolare avuto col giornalista Ruotolo; troverà qualche notizia che potrà esserLe utile per il prosieguo della Sua professione. Tra l’altro vedrà che non corrisponde affatto al vero che ci fu un rifiuto di collaborazione da parte del PG di Catanzaro, ma al contrario furono i magistrati di Salerno ad evitare ogni forma di dialogo.
Dopo la lettura del Suo articolo mi sono chiesto il motivo dello strana sensazione di insoddisfazione che provavo. Le Sue “imprecisioni” certo non mi giungevano nuove, ma ho capito in poco tempo che la pena che provavo per Lei era dovuta alla inadeguatezza dell’aggressività del Suo tono e dell’acredine da vecchia zitella del Suo scritto rispetto al contenuto concreto delle Sue affermazioni. Lei ripercorre l’albero genealogico di mio fratello, riporta parzialmente fatti riferiti già da altri, ma nel concreto rimprovera al PG di Catanzaro di non aver dato l’archivio di Genchi ai magistrati di Salerno (e a De Magistris), a cui del resto era ben noto. Cita poi del tutto a sproposito il Ros Pasquale Angelosanto, ed il presidente del Copasir, Francesco Rutelli fingendo di ignorare che sono le stesse persone che nelle loro relazioni hanno lodato il comportamento istituzionale di mio fratello e stigmatizzato il comportamento di Genchi, De Magistris e dei magistrati di Salerno. Se non c’è arrivato da solo, Le chiarisco che quando il Presidente della Repubblica parlò di atto eversivo, si riferiva proprio a questi personaggi. Mi chiedo, e Le chiedo, se tale archivio sarebbe mai stato conosciuto nella sua interezza se fosse ritornato nelle mani di quei magistrati.
Lei ha poi la bontà di interessarsi al lavoro svolto in precedenza da mio fratello, dicendo testualmente “Durante la sua brillante carriera si è occupato anche del sequestro delle liste degli iscritti alla P2”. Ohibò! Avrebbe anche potuto ricordare il ruolo svolto da giovane magistrato nella inchiesta Lockeed (non sono sicuro si scriva così), o nel caso Marcinkus (la sua requisitoria fu elogiata in un corsivo domenicale dell’allora Direttore di Repubblica Eugenio Scalfari), o ancora i brindisi con cui i palazzinari abruzzesi di Campo Imperatore accolsero la notizia del suo trasferimento lontano da L’Aquila. Ancora più grave, perché presente sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali e perché ancora recente, il fatto che Le sia sfuggito il ruolo di Domenico Iannelli nella vicenda Englaro in Corte di Cassazione.
Le auguro tutta la fortuna possibile per la Sua futura carriera giornalistica, ma, se non capirà che le 528 parole del Suo articolo sono troppe per non dire nulla, non Le basterà neanche quella.
Distinti saluti
Aldo Iannelli


Gentile Direttore,
sono un abbonato alla Sua Rivista, e recentemente mi sono ritrovato citato in un articolo del dottor Ruotolo che, per l’ennesima volta, mi gratifica di una carica che non ho mai avuto (alto magistrato della Corte di Cassazione, sono invece un medico) e mi attribuisce una telefonata da me mai effettuata.
Come leggerà dalla documentazione che Le allego, ho contestato direttamente al dottor Ruotolo il suo errore professionale, ricevendo una risposta che si commenta da sola, ma che ho stigmatizzato nella seconda lettera che gli ho inviato.
Mi rivolgo invece a Lei direttamente, per pregarLa di evitare che ancora, in qualche eventuale prossimo articolo, io venga citato del tutto impropriamente ed erroneamente.
Le auguro che in futuro i collaboratori della Rivista dimostrino quella professionalità che non ho potuto riscontrare nel dottor Ruotolo.
Distinti saluti
Aldo Iannelli


Allegato n° 1 (prima lettera)
Egregio dottor Ruotolo,
sono, o forse ero, un Suo fedele ascoltatore, fan (o ex-fan) di Santoro e Co fin dai tempi della prima Samarcanda, ma una profonda delusione, ed un atroce dubbio, mi ha recentemente colpito.
Sono il fratello del Procuratore Generale di Catanzaro Enzo Iannelli, che Lei da qualche mese, ultimamente su Micromega, ostinatamente e pervicacemente, continua a definire “alto magistrato della Corte di Cassazione”, nonché autore di una telefonata a tale Chiaravallotti.
Purtroppo per Lei però sono un medico universitario, non ho mai conosciuto questo Chiaravallotti, e tanto meno sono l’autore di quella telefonata.
Credo che Lei mi confonda con un altro parente, che ha lo stesso nostro cognome, e che forse potrebbe essere l’autore della telefonata, della cui rilevanza giuridica altri giudicheranno.
Nascono da questa Sua imprecisione (chiamiamola così) due considerazioni che La riguardano, e mi riguardano quale suo (ex-) fedele ascoltatore.
1. In questi mesi in cui Lei si è occupato “approfonditamente” della vicenda Why not non ha mai verificato la veridicità di questo rapporto parentale e, cosa ancor più grave, sembra che anche alcuni magistrati, pur scrivendo circa 1500 pagine di motivazione di sequestro, lo abbiano mai fatto, ed anzi sembra che abbiano utilizzato questo dato come indizio. Ancor più grave appare questa Sua defaillance professionale se considera che qualche settimana prima dello scoppio del caso sequestro-controsequestro il dottor Domenico Iannelli era sulle prime pagine di tutti i principali quotidiani nazionali quale P.M. in Corte di Cassazione sul caso Englaro, avendo sostenuto le ragioni della famiglia fatte proprie poi dalla sentenza definitiva della Corte. Non occorreva essere un premio Pulitzer per evitare l’errore, e la strumentalizzazione successiva, in cui Lei è incorso.
2. Credo che solo il KGB dell’”amico” Putin o la polizia segreta di Mussolini abbiano pensato di imputare una telefonata (la cui illiceità è del tutto opinabile) al cugino (o, se preferisce, anche al fratello) di una persona, soprattutto se questa risiede a centinaia di chilometri di distanza, e se i reciproci rapporti sono del tutto occasionali. Sarei curioso di sapere se Lei è a conoscenza delle telefonate dei suoi cugini, magari residenti a Treviso, e del loro contenuto.
Con profonda pena, Le invio distinti saluti
Aldo Iannelli




Allegato n° 2 (risposta del dottor Ruotolo)

Egregio dottor Iannelli, come Lei stesso ha scritto quelle informazioni nascono da atti giudiziari...Volevo farLe sapere che avevo chiesto a suo fratello di rilasciarmi un'intervista ottenendo una risposta negativa. La ringrazio comunque della sua lettera. Mi dispiace che Lei abbia cambiato il suo giudizio sul sottoscritto e sulla trasmissione. Farò buon uso delle sue informazioni. Cordialità, Sandro Ruotolo




Allegato n° 3 (seconda lettera)


Egregio dottor Ruotolo,
Le scrivo questa seconda e-mail assicurandoLe che è l’ultima, e poi smetterò di tediarLa.
Ma non mi va di accettare da un giornalista che ho sempre seguito con attenzione una spiegazione che offende il mio buon senso. Lei mi scrive che “l’informazione” (cioè la famosa telefonata) “nasce da atti giudiziari…”. A me pare invece che nasca da un atto giudiziario ben preciso, di 1500 pagine circa, comunque di parte, controverso e oggetto di dibattito. Compito dei critici è, credo, analizzarlo per sostenerlo se lo ritengono corretto o criticarlo nel caso contrario. Con la Sua risposta invece Lei ammette di averlo accettato acriticamente ed averlo fatto proprio senza neanche una banale verifica che, nel caso che mi riguarda, Le avrebbe evitato un errore reiterato nel tempo (a meno che non voglia sostenere che, essendo scritto su quel documento, io mi debba rassegnare ad essere un altro). Altri atti giudiziari esistono, ed opposti al decreto di sequestro dei p.m. di Salerno, che non hanno avuto la stessa benevola, acritica ed incondizionata accettazione da parte Sua.
Esiste tra l’altro una sentenza (non un atto giudiziario di parte), la n° 589/207 (Reg. GIP 8380/2004) del G.I.P. di Salerno (ohibò!) relativa all’udienza del 28/6/2007, confermata poi dalla Corte di Cassazione, che afferma chiaramente l’irrilevanza di quella telefonata e l’identità del suo autore. Ma evidentemente sono atti giudiziari che devono esserLe sfuggiti.
Come pure deve esserLe sfuggito il contenuto di un altro documento (non so se atto giudiziario) “terzo”, non tenero nei confronti dei due Uffici Giudiziari, che è l’ordinanza della Sezione disciplinare del CSM, e che, nella parte che riguarda le motivazioni di quel sequestro, avrebbe dovuto farLe venire qualche dubbio. Potrebbe esserLe utile rileggere anche il paragrafo “Ricostruzione dei fatti” per correggere un altro Suo reiterato errore riguardante l’asserita mancanza di risposta e rifiuto di fornire documentazioni da parte della P.G. di Catanzaro: scoprirebbe così l’esistenza di un continuo rapporto epistolare la cui copia, da parte di Catanzaro, arrivò sempre anche alla P.G. di Salerno, alla P.G. della Corte di Cassazione a Roma, al Comitato di Presidenza del C.S.M., e al Ministro della Giustizia. L’invito alla collaborazione fu sempre rifiutato, ma da Salerno.
Concludo ricordandoLe la domanda con cui chiusi la precedente e-mail, ed a cui non ha ancora risposto: Conosce tutte le (innocenti) telefonate effettuate dai suoi parenti vicini e lontani, e se ne ritiene responsabile? Forse non ha ancora dato una risposta perché la sta ancora cercando in qualche atto giudiziario, magari di 1500 e più pagine, ma non la troverà, perché la risposta è dentro la Sua coscienza.
In ultimo, chiederò al direttore di Micromega, rivista a cui siamo abbonati, di evitare in futuro di essere citato nel modo capzioso, e comunque del tutto errato come è avvenuto nel Suo articolo, mettendolo al corrente della Sua del tutto insoddisfacente, pirandelliana risposta (…. Atti giudiziari lo affermano, quindi non sono un medico, ma un magistrato …., così è se vi pare!).
Distinti saluti
Aldo Iannelli

Anonimo ha detto...

E' la gente come voi che fa paura alla democrazia, siete quelli che facendo sapienti collage di informazioni frammentarie ed estrapolate dal contesto generale cui appartengono, costruite teoremi sulla base dei quali fate diventare eroi figure come quella di Genchi che avrebbe dovuto svolgere il suo lavoro di supporto alla magistratura come dipendente del ministero e non mettendosi in aspettativa come consulente strapagato, e fate apparire come mascalzoni tutti quelli che in un qualche modo hanno il coraggio di denunciare questi giochini

Anonimo ha detto...

Gentile Anonimo,
il lavoro di Genchi è sotto gli occhi di tutti. Ha collaborato e collabora con moltissime Procure italiane. Ha sempre aiutato la Giustizia a perseguire i suoi fini. Ha svolto i suoi incarichi con professionalità e intransigenza. I giochini, caro Anonimo, sono quelli che lo vogliono fuori, ora, proprio ora, che il cerchio si stava chiudendo in merito alle inchieste di De Magistris. I veri mascalzoni sono quelli che lo hanno fermato, a lui e al pubblico ministero. E lo hanno fermato perchè hanno paura che venga fuori la Verità. Altrimenti perchè? Me lo sa spiegare?

Anonimo ha detto...

Gentile Dr. Grimaldi, il fatto che il lavoro di Genchi sia sotto gli occhi di tutti è una cosa tutta da dimostrare, in ogni caso ribadisco il concetto: quanto era pagato Genchi come consulente per fare lo stesso lavoro che avrebbe dovuto fare come dipendente?
Forse però tale informazione non è disponibile perchè fa parte della privacy delle persone, quella stessa privacy così cara a Genchi che non gli ha impedito di violarla centinaia di migliaia di volte.
Ribadisco: questo è il vero pericolo per la democrazia!

Anonimo ha detto...

Gentile Anonimo,
quanto guadagna Genchi, non lo so. Ciò che so, invece, è che se i magistrati gli offrono le consulenze o le perizie un motivo ci sarà. La sua competenza in materia, più unica che rara, detto non da me, ma da quelli che sono del mestiere. Se per violazione della privacy lei intende violazione dellle informazioni su alcuni soggetti finalizzate alle indagini della magistratura, allora siamo fuori luogo. Se, ancora, per pericolo della democrazia intende che è meglio che la verità non venga fuori, allora, siamo non solo fuori luogo, ma in alto mare. E, devo riconoscere, che mi fa piacere interloquire di questa faccenda con un anonimo. Mi tira su il morale.

Anonimo ha detto...

Lei grimaldi e' vergognoso come travaglio santoro e vulpio : siete il braccio armato di una parte politica apparentemente paladina della giustizia ma corrotta e dittatrice come e quanto coloro a cui penserebbero di fare opposizione, ma con scarsi risultati. L'ipocrisia di delinquenti che ridurranno questo paese come il sudamerica

Anonimo ha detto...

Gentile Anonimo,
È un onore per me essere “vergognoso” come Travaglio, Santoro, e Vulpio. E penso anche che se c’è qualcuno che è corrotto non sono certo io, o gli altri come me, - noi non abbiamo, e non abbiamo mai avuto, voce in capitolo - ma quelli che difendi proprio tu che hanno rubato, hanno dettato leggi, indirizzato finanziamenti, e telecomandato assunzioni nei concorsi, in Italia e in Calabria riducendola non a un paese del Sudamerica, ma un del Medioevo, quando a comandare erano gli alcimisti e i maghi, quando, cioè, il "disincanto della ragione" di Max
Weber
era ancora lontano. Ma, credo, che era meglio quando si era incantati dalla ragione che adesso, che si deve fare i conti con un illuminismo lobbystico più vicino alla legge del più forte, cioè della giungla, che della difesa dei diritti di tutti i cittadini, come dovrebbe essere in tutti gli Stati democratici.
con osservanza
e g

Anonimo ha detto...

cemente perchè per sostenere un'accusa in giudizio sono Ma il dubbio che De Magistris abbia fatto tutto questo solo per prepararsi il passaggio in politica non viene in mente a nessuno?
Anche perchè i suoi processi normalmente naufragavano tutti in giudizio. E non perchè fossero corrotti i giudici che su questi avevano il compito di giudicare, ma semplinecessarie prove che rispettino il criterio della colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio (e non un consulente che dice che il telefono A ha contatato il telefono B).
E allora?
E allora tutti assolti e lo Stato (i cittadini) via a pagare risarcimenti per ingiusta detenzione.
Intanto lui lavorava a nuove inchieste sempre più eclatanti, che sicuramente erano animate anche da buone intenzioni e partivano da qualche meccanismo "oscuro", ma che incappavano tutte nello stesso errore. Errore che in uno stato civile non si dovrebbe mai fare, ossia quello di fare di tutta l'erba un fascio (più sono è meglio è).
Ma lo sapete che a Catanzaro c'è un'inchiesta sulle graduatorie nel settore della scuola con più di 200 imputati solo perchè erano tutti presenti in una graduatoria pubblica?
Come fate ad essere sicuri che anche voi in futuro non possiate incappare nell'errore di un PM troppo preso dall'idea del perseguire tutto e tutti sacrificando perciò la severità che dovrebbe guidare il lavoro di una persona cui è attribuito un così grande potere?
Il problema degli Italiani è che cercano il complotto ovunque ma poi non sono in grado di guardare con occhio critico le vicende che li circondano.
Come dire, guardando le cose da un solo punto di vista non si capirà mai il mondo.
Io ho scelto di provare a capire.
Preferisco farmi da solo un'idea piuttosto che accoglierne tacitamente una preconfezionata da altri.
Ho scelto di provare ad analizzare in modo critico le possibili versioni proposte.
Ma soprattutto ho scelto di non fidarmi cecamente di chi mi viene indicato da altri come il salvatore della patria.
A volte i nomi delle persone giuste non arrivano mai alla ribalta della cronaca ed è un bene.
Il dubbio che le cose possano essere diverse da come prospettate dovrebbe guidare una persona indipendente e libera.
Tutte le idee degli altri meritano rispetto ma se sono adottate con cognizione di causa e motivate è meglio, altrimenti siamo alla frutta in Italia.
Grazie.

Unknown ha detto...

La Dott.ssa Pasquin E l'ex governatore della Calabria Dottor Chiaravalli lo sono stati assolti in primo grado dal tribunale di Salerno perché il fatto non sussiste e per l'episodio di cui si parla nell'articolo infatti è emerso Che la dottoressa pasquina aveva già mandato in decisione la causa di cui si parla nell'articolo che riguardava la cugina del Dottor domenico Iannelli è che l'aveva decisa secondo la c.t.u. acquisita a suo tempo in atti inoltre il melograno società

Unknown ha detto...

A cui era estranea la dottoressa pasquina era stata ammessa alla graduatoria regionale per il bando porre solo Perra scorrimento automatico della graduatoria dopo un primo rigetto risulta altresì che la dottoressa