21 marzo 2009

"Screening", forse la punta di un iceberg


La Sanità in Calabria è un diritto. Ma non per tutti allo stesso modo. Per il povero cristo che si deve curare è una sbiadita speranza verso un’assistenza solo agognata. Per molti medici e dirigenti medici è, invece, un attaccamento a una poltrona per iniettare farmaci su farmaci, e spingere al rialzo la spesa pubblica. La Corte dei Conti in questi giorni sta imputando delle responsabilità bene precise per i finanziamenti della Regione Calabria destinati allo screening dei tumori femminili. Milioni di euro dirottati per l’acquisto di altre apparecchiature mai utilizzate. Decine e decine di medici invitati a spiegare e giustificare perché. E, soprattutto, dove sono andati a finire i soldi. Per le spese dell’ex Asl 6 di Lamezia Terme sono in quindici i chiamati a rispondere: Mariagrazia Blefari, Giovanna Campagna, Alberto Caputo, Michele Chiodo, Antonio Colistra, Aldo Corea, Gaetano Falbo, Francesco Orlando Falvo, Casimiro Giannuzzi, Ettore Greco, Attilio Leotta, Carmela Madaffari, Marianna Molinaro, Michele Roperto e Mario Soldino. L’indagine, conosciuta come “Screening”, potrebbe essere solo la punta di un iceberg, mai del tutto rinvenuto fino in fondo. Non vorrei tediarvi con i curricula di tutti quanti, ma, solo di due di loro, di Ettore Greco e di Carmela Madaffari. La seconda è balzata agli onori della cronaca recentemente per le consulenze d’oro della giunta Moratti a Milano. Direttore dell’Asl di Locri nel 1998 viene purgata dalla giunta regionale quando si rende conto di “un risultato economico atteso a fine esercizio 1999 con un disavanzo di amministrazione di 30.308.000.000”, (la cifra è in lire ndr). Dall'8 aprile 2004 all'8 agosto 2005 fa al suo ingresso a Lamezia Terme come direttore generale dell’Asl6. Anche da qui viene rimossa dall’incarico. La giunta così motiva: "Viste le contestazioni sui risultati gestionali mosse nei confronti della dottoressa Carmela Madaffari... Evidenziato in particolare che al Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria Locale di Lamezia Terme in rapporto agli obiettivi assegnati è stato contestato che il risultato di esercizio 2004 è stato determinato per effetto della impropria ed illegittima registrazione di una posta contabile straordinaria che ha determinato un fittizio risultato di esercizio, il Commissario Straordinario pertanto rilevata tale impropria registrazione ha rideterminato il bilancio d'esercizio 2004 con deliberazione 1088 del 26 settembre 2005, registrando un disavanzo economico di euro 1.307.295,12. In particolare, la posta contabile oggetto di contestazione atteneva nell'iscrivere in economia gli accantonamenti per le indennità del personale non corrisposte che, al contrario, dovevano essere riportate, in caso di mancata corresponsione, all'aumento del monte salari dell'anno successivo e non già in sopravvenienze attive... vista l'integrazione del contratto in data 1 dicembre 2004 sottoscritta dalla dottoressa Carmela Madaffari, dal dirigente generale del dipartimento Sanità e dall'assessore alla Sanità... alla luce di quanto sopra ... ad unanimità dei voti si delibera... di dichiarare decaduta dall'incarico di direttore generale dell'Azienda Sanitaria Locale numero 6 di Lamezia Terme la dottoressa Carmela Madaffari... di riservarsi l'adozione di ulteriori provvedimenti in ordine alle emergenze alla stessa contestate...". Non esportiamo solo le eccellenze dalla Calabria, ma anche gli scarti, dunque. Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, di fronte alle critiche per averle sottoscritto un contratto come dirigente responsabile della Direzione Centrale Famiglia pari a 217.130 euro annui, così ha replicato: “non risulta a questa amministrazione alcun motivo ostativo all'assunzione della dottoressa Madaffari Carmela”. Contenti voi, lumbard! A noi va bene così, anzi. Però i guai che ha combinato a suo tempo ancora siamo costretti a pagarli da noi. Da non dimenticare, infine, il suo impegno in politica come responsabile regionale delle Pari opportunità tra le file dell’Udc. La consulenza, infatti, presso il Comune di Milano, in realtà, è successiva alla sua mancata elezione nelle file dell’Udc. E c’è chi sostiene di essere arrivata nella città di Berlusconi con il tappeto rosso srotolatole davanti da Pino Galati, visto che per lei non c’era più trippa nelle Asl calabresi. Se la storia di Carmela Madaffari è nota, soprattutto adesso, per i fatti milanesi, quella di Ettore Greco, primario del Cio, Centro integrato di Oncologia, è un esempio ancora più illuminante sulla gestione della Sanità in Calabria. E del perché la gente va fuori regione per farsi curare, gonfiando il debito dell’ente intermedio in modo proporzionale ai finanziamenti per cucirle addosso quell’eccellenza che non ha mai avuto. E’ di pochi mesi fa la notizia del risarcimento dell’ex Asl 6 di Lamezia Terme, a seguito della condanna del giudice del lavoro, pronunciata il 18 novembre 2005, in favore di un consulente dell’Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano, tale Ferdinando Preda. Cosa avrà fatto mai questo specialista di Milano? Aveva sottoscritto nel 1997 una convenzione con l’Asl di Lamezia Terme per “prestare attività nel campo dell’oncologia con particolare riguardo alla chirurgia toracica ed alla senologia”. All’indomani del secondo rinnovo, lo hanno cacciato dall’ospedale. E non volevano nemmeno pagarlo per le prestazioni eseguite. Il fatto è finito sul tavolo del giudice del lavoro di Lamezia Terme, Nicola Marrone. Questi si è pronunciato a favore del consulente , “per indebito arricchimento” da parte dell’Asl. L’assistente di Umberto Veronesi aveva richiesto anche il risarcimento dell’opera non prestata nei rimanenti mesi fino alla scadenza naturale del contratto, ma il giudice ha ritenuto legittima la facoltà dell’ente della Pubblica Amministrazione di rescindere il contratto prima. In ogni modo, questo luminare della scienza oncologica è stato messo alla porta dall’Asl. Perché? Per “opportunità”, secondo la versione dell’Azienda. I conti, però, non tornano. Questo chirurgo oncologo, nei 15 mesi di lavoro, si è dato un gran da fare per organizzare in modo scientifico il Cio. Ma presto ha dovuto scontarsi con un modo di gestire il centro, a suo dire, del tutto “superficiale se non approssimativo”. E che “coloro i quali hanno compiti di direzione del Centro, oltre a non possedere i titoli per rivestire (tali) ruoli di vertice, gestiscono in maniera inquietante tutta l’attività di assistenza dei pazienti”. In una denuncia presentata alla Procura della Repubblica di Lamezia Terme sollecitava addirittura “il sequestro di tutte le cartelle cliniche e, in particolare, quelle riguardanti i pazienti deceduti al fine di accertare quanto riferito”. Denunciava, anche, che all’interno del Centro operava una certa Antonietta Morello, infermiera generica con incarico di assistente sociale. Ma per alcuni era già una “dottoressa” tanto che la stessa Asl deliberò la sua partecipazione a un corso residenziale presso la scuola italiana di senologia. Riservato esclusivamente a medici specialisti. Nello stesso tempo il Preda accusava anche che “l’attività di Ettore Greco (poi promosso primario del reparto, più avanti vediamo come, ndr), si è limitata alla pratica di iniettorato di farmaci chemioterapici prescritti da altri specialisti extra Asl 6 ai quali aveva indirizzato i pazienti rivoltosi al Centro”. Che “ha ostacolato con ogni mezzo la formalizzazione del Day–Hospital oncologico”, se pur dalla Regione Calabria. Che “si è assunto il compito dell’approvvigionamento dei farmaci chemioterapici dimostrando limiti di capacità organizzativa, in parte in carenza di disponibilità, e dall’altra in eccesso di ordinazioni di farmaci costosi lasciati scadere per un valore di 15 milioni di lire”. E ancora che “ha difficoltà a considerare il Cio come una struttura moderna disciplinare la cui attività si deve basare sulla collaborazione con i colleghi interni ed esterni al Cio stesso per una concezione mentale burocratico-impiegatizia e clientelare ormai superata e non funzionale al management medico”. Ma l’episodio più sconvolgente, denunciato dallo specialista di Milano, è stata la sua contemporanea e contestuale attività sia come medico che come frequentante la scuola di specialità oncologica presso l’Università di Germaneto. Una circostanza normata dalla legge 257 del 1991. Il comma 1 dell’articolo 5 così recita: “Per la durata della formazione a tempo pieno é inibito l'esercizio delle attivitá libero professionali esterne alle strutture assistenziali in cui si effettua la specializzazione ed ogni rapporto convenzionale o precario con il Servizio Sanitario Nazionale”. Eppure il Preda è stato testimone per un intero anno di questo abuso che gli fruttava il corrispettivo di due stipendi, uno come medico dell’ospedale, e l’altro come specializzando nella scuola. Il fatto si è verificato quasi certamente con la complicità dello stesso rettore dell’Università di allora, e di cui era al corrente anche la direzione sanitaria dell’azienda. Una situazione paradossale e illegale per la quale il Preda, non perdendo il senso dell’umorismo, lo aveva soprannominato: “Padre Pio”. In quanto pare che, come il Santo di Pietralcina, il Greco avesse avuto per un certo periodo il dono dell’ubiquità. Le denuncie che avevano come comune denominatore il primario del reparto, promosso a tale responsabilità grazie al superamento della scuola di oncologia, furono fatte proprie da alcuni cittadini, interessati a chiedere chiarezza e trasparenza all’ospedale che, anziché combattere, fortificava il cancro. Nei mesi seguenti all’allontanamento dello specialista di Milano si presero la briga di attaccare qualche manifesto sui muri su questo scandalo sanitario. Furono trascinati dal Greco in Procura per il reato previsto e punito dall’art. 595 del codice penale, cioè per diffamazione. Ma il Gip, Giacomo Gasparini, dette ragione a loro, sulla base del duro esposto del dottor Preda che, se da una parte, scagionò i malcapitati dall’accusa di diffamazione, dall’altra, non sortì l’effetto dell'apertura di un’inchiesta della magistratura nell’ospedale di Lamezia Terme. Le carte sono ancora chiuse in qualche cassonetto, dal lontano 21 maggio 1999. Al sicuro da occhi indiscreti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

complimenti per l'approfondimento anche se ritengo alla luce delle tue osservazioni ci sia forse altro da scoprire. l'associazione pina simone ti ringrazia per aver dato validità alla nostra lunga lotta