Con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre del 1995, in materia di identificazione delle aree demaniali marittime escluse dalla delega alle regioni, veniva individuata, tra le migliaia in Italia, la zona, all’altezza della cosiddetta “Antenna degli americani” nel Comune di Sellia Marina, per “usi militari (sicurezza di Stato)”. La stessa circolare dello Stato maggiore della difesa n. 114/2/051/4520.1 del 28 marzo 2008, sulla falsa riga di tutte le precedenti, a scadenza annuale, inseriva la Stazione Loran “C” di Sellia Marina, come facente parte del Corpo delle Capitanerie di Porto, nella specie di quella di Crotone. E quindi, a tutti gli effetti, “quale unità da mantenere ad un costante livello operativo/addestrativo ai fini della maggiorazione dell’indennità di campagna ai sensi della legge 85/97”. Secondo le informazioni, tratte dal sito: loran-histori.info, la base militare americana ha cessato la sua attività il 31 dicembre 1995. Dopo circa 35 anni dalla sua fondazione, nell’agosto del 1959. L’antenna, che misurava circa 100 metri, è stata smantellata durante l’estate scorsa. Al suo posto sono state installate altre due, di più piccole dimensioni, per rilievi meteorologici.
L’antenna Loran C di Sellia Marina, a buon diritto, rientra nella storia italiana della seconda metà del secolo scorso, e non solo,. Era la stazione madre che, in collegamento con quella di Lampedusa, permetteva la radionavigazione militare e civile basata sulla propagazione di onde elettromagnetiche. Erano gli anni della guerra fredda, e dei difficili rapporti con il mondo islamico. Il suo primo comandante è stato Alfred P. Manning. L’ultimo, un certo Tom Crabbs.
Quando fu costruita la stazione venne chiamata “Simeri Crichi”, perché confinante con il territorio di quest’altro paese, più conosciuto. Poi, nel 1977, il nome fu sostituito con “Sellia Marina” per la presenza della vicina stazione ferroviaria. O anche perché, come ricorda Perry Campbell, che vi ha prestato servizio, per gentile richiesta dell’allora sindaco pro tempore del comune ospitante. Su alcuni forum statunitensi c’è ancora chi si ricorda del bel tempo trascorso presso la Lorsta di Sellia Marina.
Le pertinenze della Stazione sembrano intatte. C’è anche una giostra per bambini. La recinzione pure. Staccionata con ferro spinato in alto. Difficile scavalcare senza farsi male. Eppure ci sono degli animali che vi pascolano liberamente. A parte un armento, vi si scorgono degli splendidi esemplari di cavalli. Il più bello è quello bianco.
Confinante alla zona off-limits degli americani c’è una stazione Radar, anche questa di competenza della Capitaneria di Porto di Crotone. E, diversamente dall’Antenna, è pienamente operativa, tanto che i militari vi prendono servizio anche di notte.
A loro chiediamo notizie in merito. Si oppongono risolutamente senza precisare, o smentire, e la legittima proprietà della Stazione e la presenza di animali al suo interno. Ai lati della stazione radar, che a differenza dell’antenna, trasmette informazioni anziché riceverle, vi erano dei cartelli che segnalavano la presenza di onde elettromagnetiche, e quindi ne intimavano il passaggio. Ora, a seguito degli scorsi temporali, il mare si è inghiottito tutto, cartelli e recinzione.
Prima o poi li rimetteranno. Ma è la distanza dal radar quella che fa discutere.
Giancarlo Spadanuda, ingegnere catanzarese, studioso di elettromagnetismo, e tecnico-scientifico della Magistratura, è del parere che non bastano cento metri per evitare i rischi da queste onde. “I radar – ha accusato un po’ di tempo fa - sono i più nocivi fra tutte le sorgenti artificiali. Gli innumerevoli studi scientifici indipendenti, hanno definitivamente accertato l’estrema dannosità dei campi elettromagnetici, CEM, sulla salute delle persone, degli animali e persino sulle piante; i danni interessano tutto il corpo umano, nessun organo escluso (cataratta da microonde, ansia, depressione, impotenza, ischemia, leucemia,ecc...). I radar militari hanno una potenza anche di 5 milioni di watt (una lampadina domestica ne ha appena 40-100), e frequenze elevatissime, anche di 40 miliardi di hertz, cioè cicli al secondo (la frequenza della corrente, nelle nostre case è di appena 50 hertz); i suddetti numeri sono di gran lunga superiori a quelli riscontrati in stazioni radio base ed elettrodotti, pur essi pericolosi; quindi i radar sono, in assoluto, i più nocivi fra tutte le sorgenti artificiali”. A causa di questi potenziali pericoli il professore ne consigliava la segnalazione almeno in un raggio di 5 chilometri. Presa di posizione, la sua, rimasta inascoltata dagli organi predisposti alla salute pubblica.
Gli ha fatto eco, sulla scorta della sua competenza in materia, solo Legambiente di Catanzaro. Attraverso il suo responsabile, Andrea Dominijanni, il sodalizio ambientalista sollecitava l’Arpacal, Agenzia di protezione ambientale, a monitore il sito per la salvaguardia della sanità pubblica, appunto. E, nel contempo, chiedeva: “Che fine ha fatto il censimento e il monitoraggio dell’Arpacal dei siti di emissione di onde elettromagnetiche? Il progetto di censimento di tutte le fonti di emissione di bassa e alta frequenza delle onde elettromagnetiche in tutta la Calabria – spiegava Andrea Dominijanni - era stato inserito nelle linee di intervento di prima azione dell’Agenzia regionale per l’anno 2006. Un progetto dettagliato che, al termine dei cinque trimestri, questa la tempistica prevista, “avrebbe dovuto” colmare la lacuna di tanta disattenzione delle istituzioni sui nuovi pericoli della salute pubblica derivanti dalla telefonia mobile e dei campi elettromagnetici fino al 2005”. Evidentemente, pare che di questo progetto non vi sia più traccia. Oppure non è stato reso noto. Forse per la Sicurezza dello Stato? Possibile.
Ma veniamo alla spiaggia. Qui è presente una struttura balneare, costruita proprio sull’arenile, ormai in preda alle furia delle onde. Non solo le pareti, ridotte a un mucchio di calcestruzzi, ma anche le lastre di eternit di cui era quasi interamente ricoperta. Cioè di quel pericoloso materiale che è bandito dal 1992 perché provoca danni irreparabili al sistema respiratorio, se manomesso, o se è in contatto con l’acqua. E qui di acqua ce n’è davvero tanta.
Prima della costituzione del Comune di Sellia Marina, nel 1956, questo pezzo di costa ionica faceva parte del territorio di Soveria Simeri. Tanto che anche oggi viene comunemente chiamato “il mare di Soveria”. Un’accogliente e rinfrescante pineta. Uno splendido arenile. E delle onde con dei riflessi particolari che, sembra, solo da queste parti si possono ammirare.
Un angolo di paradiso rubato alla natura e agli uomini.
Per la Sicurezza dello Stato.