Il Corvo, Girolamo Alberto Di Pisa, l’ex pm del Pool Antimafia di Palermo passato alla storia per le lettere anonime intrise di veleno contro Falcone, Di Gennaro, Parisi e Ayala nella primavera del 1989, è tornato. Questa volta non si è nascosto dietro i caratteri anonimi di una macchina da scrivere “Triumph Adler”, ma ha stilato una segnalazione ben precisa e firmata alla Procura di Roma contro Gioacchino Genchi per violazione della privacy di alcuni cittadini nell’ambito dell’indagine sulla scomparsa di Denise Pipitone, a cui il consulente stava lavorando su mandato della Procura di Marsala.
La storia del “Corvo” merita alcune delucidazioni.
Alberto di Pisa fu processato a Caltanissetta per queste lettere. Condannato in primo grado per un’impronta rinvenuta a latere delle comunicazioni sommarie di collusione con i pentiti e i boss di Cosa Nostra a varie Istituzioni dello Stato, che corrispondeva a quelle rilevate sull’indice della sua mano sinistra, in Appello fu assolto con formula piena perché la prova fu giudicata inutilizzabile. Ristabilito all’Antimafia l’ombra del Corvo gli è rimasta cucita addosso lo stesso perché, nel settembre del 1989, davanti al Csm difendendosi dalle accuse che gli venivano mosse non si discostava molto dal tenore delle missive al vetriolo dell’uccello funesto: “Falcone portava i cannoli a Buscetta e Contorno (…) un rapporto troppo confidenziale”. E poi, eseguiva “una logica distorta tra inquirente e mafioso”. E ancora accusava Giovanni Falcone di condotte “di inaudita gravità”. Forse i cannoli li avrebbe voluti pure lui. Ma, probabilmente, si sarebbe accontentato anche di una tazza di caffè . Come quella che il pentito Buscetta in un interrogatorio con Falcone e Borsellino, e lo stesso Di Pisa, non gli offrì, diversamente che ai primi due, lasciandolo con l’acquolina in bocca. Così si lagnava con il giornalista Felice Cavallaro, quando fu assolto e si avviava al recupero dell’onore leso. Quello dell’immagine del corvo che svolazzava sinistramente sui futuri cadaveri di Falcone e Borsellino. Probabilmente, se Buscetta gliel’avesse offerto Di Pisa non se lo sarebbe legato al dito. E non sarebbe successo tutto questo. In ogni caso, l’inchiesta sulle impronte in cerca d’autore, come ha felicemente scritto il giornalista Enzo Migliosi, non si fermò. E si arrivò perfino a puntare l’indice verso lo stesso Capo dei Capi, Totò Riina, nel tentativo, arduo, di quest’ultimo, di prendere due piccioni con una fava, spazzando via sia i pentiti che gli stessi magistrati, che gli stavano alle costole, con le lettere anomine, incunaboli dei successivi pizzini. O verso ambienti della polizia palermitana. Ancora niente, però. Le impronte sono ancora lì, alla ricerca d’identità, come nella famosa opera pirandelliana, e testimoni di una verità indicibile. Le spoglie del Corvo, a vent’anni di distanza, sembrano tornare alla ribalta grazie al risveglio del suo rappresentante più illustre, Alberto Di Pisa. Nel mese di luglio scorso il Csm lo ha promosso procuratore capo di Marsala. E lui che fa? Annota presunte violazioni alla privacy di Genchi alla Procura di Roma. Un modo gentile e signorile per ringraziare il Consiglio superiore della magistratura per la promozione, a discapito di Alfredo Morvillo, cognato Falcone, e integerrimo rappresentante della sua eredità morale e istituzionale nella lotta alla mafia. Un gesto da galantuomini per riconoscenza verso il mondo della Politica e della Magistratura che sta disintegrando tutte le inchieste di Luigi De Magistris, con le avocazioni, con il suo trasferimento e quello dei procuratori della Procura di Salerno. All’appello è stato chiamato recentemente anche l'ex consulente, Gioacchino Genchi, per violazione della privacy.
Di Pisa sta chiedendo di partecipare al banchetto. Solo per un caffè. Quel caffè che Buscetta non gli offrì, e che vorrebbe restituire al mittente perché “amaro”. Esopo insegna.
Alberto di Pisa fu processato a Caltanissetta per queste lettere. Condannato in primo grado per un’impronta rinvenuta a latere delle comunicazioni sommarie di collusione con i pentiti e i boss di Cosa Nostra a varie Istituzioni dello Stato, che corrispondeva a quelle rilevate sull’indice della sua mano sinistra, in Appello fu assolto con formula piena perché la prova fu giudicata inutilizzabile. Ristabilito all’Antimafia l’ombra del Corvo gli è rimasta cucita addosso lo stesso perché, nel settembre del 1989, davanti al Csm difendendosi dalle accuse che gli venivano mosse non si discostava molto dal tenore delle missive al vetriolo dell’uccello funesto: “Falcone portava i cannoli a Buscetta e Contorno (…) un rapporto troppo confidenziale”. E poi, eseguiva “una logica distorta tra inquirente e mafioso”. E ancora accusava Giovanni Falcone di condotte “di inaudita gravità”. Forse i cannoli li avrebbe voluti pure lui. Ma, probabilmente, si sarebbe accontentato anche di una tazza di caffè . Come quella che il pentito Buscetta in un interrogatorio con Falcone e Borsellino, e lo stesso Di Pisa, non gli offrì, diversamente che ai primi due, lasciandolo con l’acquolina in bocca. Così si lagnava con il giornalista Felice Cavallaro, quando fu assolto e si avviava al recupero dell’onore leso. Quello dell’immagine del corvo che svolazzava sinistramente sui futuri cadaveri di Falcone e Borsellino. Probabilmente, se Buscetta gliel’avesse offerto Di Pisa non se lo sarebbe legato al dito. E non sarebbe successo tutto questo. In ogni caso, l’inchiesta sulle impronte in cerca d’autore, come ha felicemente scritto il giornalista Enzo Migliosi, non si fermò. E si arrivò perfino a puntare l’indice verso lo stesso Capo dei Capi, Totò Riina, nel tentativo, arduo, di quest’ultimo, di prendere due piccioni con una fava, spazzando via sia i pentiti che gli stessi magistrati, che gli stavano alle costole, con le lettere anomine, incunaboli dei successivi pizzini. O verso ambienti della polizia palermitana. Ancora niente, però. Le impronte sono ancora lì, alla ricerca d’identità, come nella famosa opera pirandelliana, e testimoni di una verità indicibile. Le spoglie del Corvo, a vent’anni di distanza, sembrano tornare alla ribalta grazie al risveglio del suo rappresentante più illustre, Alberto Di Pisa. Nel mese di luglio scorso il Csm lo ha promosso procuratore capo di Marsala. E lui che fa? Annota presunte violazioni alla privacy di Genchi alla Procura di Roma. Un modo gentile e signorile per ringraziare il Consiglio superiore della magistratura per la promozione, a discapito di Alfredo Morvillo, cognato Falcone, e integerrimo rappresentante della sua eredità morale e istituzionale nella lotta alla mafia. Un gesto da galantuomini per riconoscenza verso il mondo della Politica e della Magistratura che sta disintegrando tutte le inchieste di Luigi De Magistris, con le avocazioni, con il suo trasferimento e quello dei procuratori della Procura di Salerno. All’appello è stato chiamato recentemente anche l'ex consulente, Gioacchino Genchi, per violazione della privacy.
Di Pisa sta chiedendo di partecipare al banchetto. Solo per un caffè. Quel caffè che Buscetta non gli offrì, e che vorrebbe restituire al mittente perché “amaro”. Esopo insegna.
2 commenti:
ne ha parlato anche Travaglio, bravo Emilio:
http://gioacchinogenchi.blogspot.com/2009/03/trovato-il-mostro-e-genchi.html
Genchi :"Sul cadavere di Falcone i corvi ancora gracchiano"
http://www.youtube.com/watch?v=1E7ZdQLo59E
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