1 maggio 2010

Il mobbing del Senato


Giulia Ruggeri e Leonida Maria Tucci

Avere 25 anni e una vita davanti. Avere 25 anni e lavorare al Senato della Repubblica. Tutto ti sembra più facile. Fidanzata. Matrimonio all’orizzonte. Un sogno che si chiama famiglia. Averne 40 e “non avere più voglia di sorridere”. Stare a letto a rimboccarsi le coperte. Ironia della sorte è proprio questa, dei 40 anni, l’età minima per essere eletti alla Camera più anziana del Parlamento. Ma lui, Leonida Maria Tucci, senatore onesto, in un certo senso, lo è stato prima. Quando, grazie alla sua esperienza, senatori dilettanti hanno fatto carriera. Poi, quando non gli serviva più, oppure quando dovevano favorire altri e sbarazzarsi di lui, lo hanno sbattuto alla porta. Avere 40 anni e un sogno spezzato. Tagliato in due. Sì, è successo presso il Senato. La Camera più alta, quella che legifera. Il tempio della legalità.
Questa di Leonida Maria Tucci è un storia difficile da lasciarsi alle spalle. Che ti entra dentro e ti consuma i neuroni della democrazia partecipata. E “grida vendetta al cospetto di Dio”, incalza Giulia Ruggeri, la moglie, la “roccia” su cui adesso poggia il marito. Già, perché lui, di forza non ne ha più. L’ha consumata a fare il giornalista a tempo pieno presso l’ufficio stampa del gruppo parlamentare di Alleanza nazionale. Dal 1994 al 2006. 12 ore al giorno. Da lunedi a domenica. 365 giorni all’anno. Senza feste. Anche quando si è sposato ha lavorato fino alle dieci di sera, ricorda la signora Ruggeri. E, per il lavoro, sempre per quello, hanno sacrificato anche il viaggio di nozze. “Lasciami seminare, lasciami seminare… un giorno raccoglierò i frutti del mio lavoro”, diceva alla ragazza. Un impegno e una disponibilità da fare invidia anche ad Aleksej Stachanov. Il giornalismo, come dicono quelli a cui piace farlo, è come una malattia. Se a questo ci aggiungi un sogno diventa una metastasi. E Leonida Tucci è uno di questi. Lo era. Perché adesso il tumore lo ha distrutto completamente. Doveva essere il sano demone della sua passione. E, invece, qualcuno ha voluto ucciderlo. Non fisicamente. Ma moralmente. Ha una parola tutto questo: Mobbing. “Il mobbing - scrive Ruggeri - è un assassinio che non lascia né cadaveri né armi. Quando si uccide qualcuno, il morto diventa la prova di un reato sul quale gli organi competenti dovranno indagare per scoprirne i responsabili. Quando una persona è mobbizzata, è torturata psicologicamente, la si uccide, la si ammazza, la si trucida senza sporcarsi le mani di sangue”. Non è un’opinione la sua. E' una malattia professionale riconosciutagli dal Centro antimobbing dell’Asl di Pescara. E anche dal Gip del Tribunale penale di Roma archiviando la denuncia per diffamazione presentata ai sui danni dal senatore Oreste Tofani, anche capo del personale del gruppo di AN che sospese Tucci per dieci giorni dal servizio e dalla retribuzione perché “maltrattava le colleghe”, sanzione giudicata illegittima e ingiusta dal Tribunale del lavoro di Roma. Questo Tofani è un uomo dalle mille risorse. Il bello è che è “presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta contro le morti bianche”. Proprio lui che di morti se ne intende. Non solo. Sembra che abbia presentato un disegno di legge sul mobbing. Il vuoto legislativo lo vuole colmare lui. Con Tucci si è allenato. Ora è in forma smagliante e contro le morti bianche e contro il mobbing. Un vero asso da novanta.
Co.co.co. Collaborazione coordinata e continuativa. Questa la forma contrattuale di cui godeva il Tucci. Rinnovato per 16 volte consecutive. Quasi quanto gli anni che lo hanno visto sperare in un vero contratto a tempo interminato. Per dare al suo sogno una certezza. Contratto che arriva, finalmente. È il 1 aprile 2006, ma non come “giornalista bensì come impiegato di IV livello (sic!) e sbattuto in segreteria a imbustare lettere e rispondere al telefono... !!! E nonostante tutto, pure questo lavoro lo faceva bene...” racconta la moglie. Già, lo fa bene. Ha due figli. E alla sua famiglia darebbe tutto. Della sua dignità personale e di retrocedere in carriera non gli frega. L’importante è portare la pagnotta a casa. Ha cose più importanti a cui badare. Anche negli anni passati avevano provato a farlo fuori. Sempre il solito Tofani. Probabilmente già allora stava pensando a come scrivere una legge sul mobbing provando a vivere direttamente cosa si prova. Da carnefice, non da vittima, certo. Comunque anche come telefonista la pagnotta a casa la porta. Il senatore si augura che vada in escandescenza. Che se ne vada lui con le sue gambe. Probabilmente non conosce le virtù di un padre di famiglia. Dura un anno come portalettere. Troppo. Cambio di strategia. Il 19 aprile 2007 viene sospeso per dieci giorni per maltrattamento delle colleghe. Cioè, secondo loro, le picchiava! (sic!). Tutto sapientemente orchestrato dal futuro proponente della legge sul mobbing.
Per Tucci è un colpo mortale. Non regge più. La sua pazienza, già duramente messa alla prova, non riesce a sopportare più il peso delle sopraffazioni. Neanche la pronuncia del giudice che dichiara illegittima e ingiusta la denuncia lo risolleva. È depresso. Non ride più. Si rimbocca le coperte. Muore dentro. L’Inail gli riconosce la “sindrome depressivo-ansiosa reattiva da vessazioni psicologiche subite in ambito lavorativo”. L’Istituto gli fa due visite. Entrambe confermano la malattia. Vuole fare un’inchiesta più approfondita mandando gli ispettori direttamente al Senato. Ma da qui non si passa. Senato della Repubblica italiana. Non si può controllare chi deve controllare e legiferare. Il baffo di Tofani smorza un sorriso. È lui che comanda. Sembra quello di Stalin. Non ce ne voglia il sostenitore di un partito di destra. D’altronde è anche vero che gli ideali del Pdl si dicono vicini alle famiglie. Che vedono i suoi uomini partecipare alla “Family day”, ricorda Ruggeri. Legittimo dubitare sulla reale appartenenza di Tofani, ammesso e non concesso che alla sinistra la famiglia non interessi. C’è un po’ di confusione a palazzo Madama.
Attualmente il giudice del Tribunale civile di Roma ha fissato l’udienza per le differenze retributive e contributive dei 14 anni di lavoro di Leonida Maria Tucci il 23 febbraio 2011. “I carnefici di Leonida, che sapevano benissimo che per loro, questa causa, sarebbe stata un bagno di sangue, - scrive la moglie - ora esultano, ringraziano sentitamente il giudice e sperano che il tutto si risolva con la morte di Leonida o di qualche testimone fondamentale”. E chiede aiuto “affinché questo giudice non si renda di fatto complice del mobbicidio di Leonida al Senato e anticipi considerevolmente i tempi dell'udienza!”. E perché “abbiamo finalmente presentato la causa sul mobbing, una causa pilota, che farà scuola...”, promette.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Vattene a casa, "sig." Tofani.

francesca ha detto...

a leonida è accaduto al Senato quello che a me hanno fatto in un piccolo comune. questi "signori" che trasformano il potere in dittatura meschina e subdola dovrebbero essere esiliati. Vattene Tofani e vergognatifrancesca

Anonimo ha detto...

E' UNA STORIA ORRIBILE CHE PURTROPPO RIMANE LA MAGGIOR PARTE DELLE VOLTE SOMMERSA O PER PAURA O PERCHE' E' TALMENTE DIFFICILE DA PROVARE CHE I LAVORATORI LASCIANO PERDERE. IL SIGNOR TUCCI E LA FAMIGLIA MERITANO UN ASSOLUTO RISPETTO PER AVERAVUTO IL CORAGGIO DI RACCONTARE QUESTA INGIUSTIZIA. LA COSA CHE MI FA PIù PENSARE E' CHE SI DEBBA ARRRIVARE A CHIEDERE A TOFANI DI ANDARSENE, QUESTO NON DOVREBBE ESISTERE PERCHE' TOFANI DOVREBBE ESSERE STATO CACCIATO DA CHI DI DOVERE D'UFFICIO E SENZA REPLICA DA PARTE DI TOFANI. VERGOGNA!!!!!
vALENTINA BEGHELLI

Anonimo ha detto...

Cari coniugi Tucci, vi ho conosciuti, e so che la battaglia che state portando avanti è improba. Ma ce la farete. Perchè siete forti, forti del vostro amore che vi tiene uniti in questa ardua battaglia. Ma ce la farete, ripeto. Perchè è dalla vostra parte la "forza dei giusti" Uniamoci tutti, che il nostro bisbiglio diventi un urlo assordante, capace di cacciare i vari Tofani, Matteoli, Gasparri, Nania, maceratini... di turno!!!