21 settembre 2010

La prigione della Seteco. L'appello della famiglia Marchio


Quindici famiglie e il fumo e la puzza. Settanta persone e la Seteco. Come convivere con il mostro. Vivono in località Serramunda di Marcellinara, sulla collinetta che dà sulla piana dove sorge la fabbrica di fertilizzanti che sprigiona esalazioni nauseabonde “almeno dal 2004”, ricordano. Sono tutti parenti fra di loro. Vanno Marchio di cognome. Bambini, giovani e anziani. Sono originari di Sorbo S. Basile. Hanno cominciato a stabilirsi nella Valle verso la fine degli anni ‘50 del secolo scorso. Tranquillità, aria salubre e facilità di spostamento tra i due maggiori centri urbani della provincia, Lamezia Terme e Catanzaro. Fino alla Seteco. Quattro tumori si sono registrati negli ultimi anni. Tre hanno colpito delle donne al seno. E uno allo stomaco e ai bronchi. Quest’ultimo fatale per Vincenzo Lubello nel 2006. Diagnosticato a dicembre 2005 i medici sono stati precisi nell’anticiparne il decesso. Impossibile stabilire un rapporto di causa effetto, anche per gli specialisti. Ma la paura c'è. Come anche i riscontri.
Li incontriamo di sera. Il lezzo della società di Servizi e tecnologie ecologiche si sente già. Loro lo sanno. Ci hanno fatto l’abitudine. “Questo è niente”, osservano. Non è rassegnazione ma la constatazione dell’incidenza. Dato che lo sentono giorno e notte da parecchi anni a questa parte sanno che c’è di peggio. Arriviamo a casa. Ci aspettano. Il nostro palato già comincia ad impasticciarsi della polvere che rilascia. Ribadiamo l’inconveniente. “Questo è niente”, ribadiscono. Inizia il racconto. Sembra quello della decadenza di una comunità. Che si forma, si moltiplica e poi decade. “Anche il barone è preoccupato di questa situazione. Ma se non ci riesce neanche lui…”. Il barone Sanseverino è il proprietario di quasi tutta la valle. Ha venduto e concesso in affitto. Discendente dell’antica famiglia feudataria della zona dal lontano 1445. Gli insediamenti produttivi della località appartengono a lui, cioè ai figli oramai. Di lui gli abitanti conservano un’idea paternalistica. Che collocano accanto a quella dello Stato. Complementare allo Stato, in caso. Un omaggio alla cultura meridionalista prima dell’Unità d’Italia. “E’ preoccupato il barone – dicono – che tutti si stanno lamentando di questo fumo. E vogliono abbandonare Marcellinara. E neanche lui sa come fare”.
Fino al 2004, cioè alla scadenza dei primi due anni di attività dell’azienda di Pasquale Leone, “il fumo non arrivava fino a quassù (in linea d’aria la distanza della piccola comunità è meno di trecento metri dalla bocca della Seteco, ndb). Si avvertiva solo nelle immediate vicinanze. Da questa data è cominciato l’inferno”. Come la Seteco è riuscita a condizionare la qualità della vita di tutti i residenti. Il fumo è mosso dal vento. Se non c’è, la puzza ristagna. Forma una coltre che copre l’intera valle e si alza, incessantemente approvvigionata dalle aperture della fabbrica. I residenti lo sanno. E quando arriva chiudono tutto, porte e finestre. Tuttavia, l’aria appestata che già si è rintanata all’interno rimane. E respirano. Respirano. Non possono farne a meno.
Andrea Marchio di anni 26 ricorda che quando lavorava come magazziniere per la ditta Bartolini, sempre nella zona Pip di Serramonda, “avvertivano tutti fastidi allo stomaco” perché “la polvere del fumo ti attacca la gola e poi va a finire nell’organismo”.
“In tutti questi anni è successo qualcosa di particolare, a parte le esalazioni?”, chiediamo. “Sì – rispondono – la storia dei bruchi. Era circa il mese di giugno dell’anno 2005. Dal capannone un bel giorno sono fuoriusciti dei bruchi neri come non si erano mai visti. A milioni. E hanno infestato e consumato tutta la vegetazione nel raggio di cento metri. Un enorme tappeto nero pauroso”.
“Chi è intervenuto per disinfestare la zona?” domandiamo.”L’Asl e il barone”. “E che c'entra il barone?” “Perché le larve si erano mangiate le foglie dei pioppi di proprietà del barone. Sembrava un deserto. Dopo più o meno una settimana sono ricomparse. E di nuovo l’Asl e il barone. Poi non le abbiamo più viste”. Negli anni a seguire i sequestri della magistratura e la proroga di attività concessa dalla procura per smaltire tutto il materiale che era rimasto. E, invece, è proprio dalla fine del 2007 che le esalazioni sono aumentate.
“Io mi domando, se accendo il fuoco questo si consuma. Come mai è passato così tanto tempo e ancora fuma? Forse che ancora ci scaricano roba?” Si chiede il più anziano della famiglia. “Vorrei proporre al prefetto di Catanzaro di venire qui. Una casa gliela troviamo. Di abitare insieme a noi per circa una settimana. Non di più. Per rendersi conto di persona di ciò che respiriamo. Poi vorrei proprio vedere la sua reazione e le sue decisioni”. “No, lasci stare. Non scriva questa forma di protesta a mio nome. La mia religione non me lo consente”. È un testimone di Geova. “Però è giusto quello che ho detto. Ed è anche logico.” Si corregge subito dopo.
È da circa un’ora che stiamo lì. Sono le 21 e 50. Improvvisamente arriva una ventata di Seteco. Insopportabile. Ora si capisce perché prima dicevano questo è niente. Non si respira. Chiudono la finestra. Va un po’ meglio ma il fumo che era riuscito ad entrare rimane tenacemente tra le quattro mura. Continuiamo a discutere. La gola è tutta impasticciata. Non sappiamo cosa fare. Ci viene in soccorso il caffè. Il profumo del caffè stempera l’olezzo nauseabondo. Lo stempera. È solo una sensazione.
“Siamo preoccupati – dichiara, infine, Giuseppe Marchio – che questo fumo sia dannoso per la nostra salute e quella dei nostri figli. Chiediamo interventi immediati”.
“I risultati effettuati dall’Arpacal, l’Agenzia di protezione ambientale, sono negativi. Rassicurano sulla pericolosità delle esalazioni”, informiamo noi.
“Com’è possibile che quando sono successi i fatti di Napoli con la gente che per protesta incendiava i cassonetti dei rifiuti tutti si sono mostrati allarmati per la diossina che veniva sprigionata, Stato, Regione e organi competenti, mentre qui, che c’è un incendio che dura almeno da tre anni, nessuno fa niente? E dicono addirittura che non faccia male?
“Non lo sappiamo”, rispondiamo. Sono le 22 e 30. Tutta la valle è infestata. “Fino alle otto del mattino quando arriva il venticello che lo spazza via”, ricordavano i Marchio. Diamo gas alla macchina. Aspettiamo di allontanarci per far cambiare finalmente l’aria dell’abitacolo e fare un respiro a pieno polmoni. Cinquecento metri di distanza non bastano. Lo facciamo a due chilometri. Avvertiamo l’odore dell’erba fresca. E' una liberazione. Ma il nostro pensiero è rivolto a chi è ancora imprigionato.

14 commenti:

domenico ha detto...

finalmente delle persone per bene raccontano, parlano , che dire a questa onesta famiglia...dico onesta perchè oramai da anni abita in questa zona, se erano altre famiglie e possidenti avrebbero già cambiato casa e residenza...ma perchè dovrebbero andare via invece di far sparire del tutto questa fabbrica di veleni, io dico all'azienda che ha fatto i controlli, di ritornare in loco..stare un pò di tempo e si accorgeranno che le analisi da loro fatte" sono sbagliate".
grazie al giornalista per la tenacia e il coraggio per fare risaltare la notizia.

Anonimo ha detto...

Bellissimo articolo....bisogna organizzare una protesta forte e rumorosa.. non si può stare fermi e aspettare le "istituzioni"

Anonimo ha detto...

soluzione: Leone e i suoi amici di borgia chiusi nel capannone...(...) questa gente procura solo danni alla società (...)!!

Anonimo ha detto...

I Sig.ri Marchio hanno tutta la mia solidarietà. Rimane la rabbia nei confronti di chi, direttamente o indirettamente responsabile di tanto scempio, non sente il minimo senso di colpa. Vergognatevi!!!
Domenico Mauro

Erminia Fioti ha detto...

mia sorella è una delle donne che si è ammalata di tumore al seno, e due delle sue figlie hanno già subito l'asportazione di una ciste ciascuna, sempre al seno. l'ultima circa un mese fa, ed ha solo 17 anni.
i miei sentimenti variano dalla disperazione alla rabbia, non nascondo che a volte penso che se potessi mi farei giustizia con le mie mani.
mi domando con quale coscienza (come faccio a credere ancora a una qualsivoglia coscienza?, ma tant'è!)chiuderanno un giorno gli occhi su questo mondo, e non solo quella schifezza d'uomo di leone ma tutti i suoi compari che l'appoggiano.

Unknown ha detto...

Comprendo i sentimenti di Erminia che condivido totalmente.
L'unica arma che le persone nobili possiedono è la giustizia che ogni giorno democraticamente cercano di fare venire a galla.
Non molliamo mai.
E sosteniamo Emilio.

Anonimo ha detto...

anche io abito nelle vicinanze della maledettisima SETECO.Sono contenta che almeno qualcuno si occupi di questo disastro.Come può essere possibili che la famiglia Marchio in prima persona e poi tutta la popolazione debba stare con la paura,l'angoscia...........IL TERRORE per se stessi e per i propri bambini.Non è giusto e non c'è giustizia!!!!!!!!!

Anonimo ha detto...

E' uno scempio.....una vergogna.......dobbiamo muoverci e darci da fare...non si può + vivere così....Anche in paese la sera arriva questo "odore" infernale......non ne possiamo davvero + ......

nadia carminati ha detto...

non mollate, fate gruppo, date una mano a Emilio
lui è sempre dalla parte della giustizia, e che giustizia sia fatta, lottate per voi e per i vostri figli..."quando mio marito mi ha detto, Nadia, domani e in ogni occasione devo andare, devo essere presente a manifestare contro questa fabbrica di veleni...e altro, preciso che eravamo in ferie a Sellia Marina, abbastanza distanti da questa fabbrica, la mia risposta non poteva essere che positiva. vai ..accompagnata con la solita frase " stai attento"....poi una sera a cena da amici si è parlato ancora di questi fumi e delle malattie e delle persone che ci lavoravano e di che cosa si bruciava .....ecco perchè le persone si ammalano.

Anonimo ha detto...

Ma Scopelliti che fa? E la Ferro? E la magistratura? E il prefetto? E il governo? L'Italia e principalmente il meridione, è un paese di mmmmmmmmmmmmerda. Ha ragione Grillo: VAFFANCULO!!!!!!!!

PASQUALE MONTILLA ha detto...

Il rischio di cancerogenesi da impatto ambientale della Seteco e' acclarato.
I siti di bersaglio intesi come recettori umani in prossimita' della Seteco potrebbero sviluppare il rischio reale da danno biologico combinato multifattoriale da sostanze cancerogene sviluppate dalla combustione mista attuale.
Negare questo e' negare la verita scientifica reale.
L'Arpacal non ci rappresenta inquanto istituzione politica condizionante.
dr.Pasquale Montilla
Oncologo Medico
UCSC Roma

Anonimo ha detto...

...e dov'è l'amico di tutti, il nostro bell'assessore pietro aiello con il suo bel faccione che tappezzava tutta la calabria?
e la bellissima wanda ferro, con i suoi bei capelli? e scopelliti, il nostro politico giovane, salvatore della calabria? e tutti gli altri risolutori di problemi in calabria? dove siete?

Gilberto Radaelli ha detto...

all'anonimo, hai citato; Pietro Aiello, Wanda Ferro e Scopelliti tre persone, ti chiedi dove sono, a mio parere vogliono giocare a carte, in attesa del quarto giocatore, uno gioca col morto. il tutto per giocare in quattro..a loro non gli fotte niente dei mali dei cittadini, loro sono pronti per fare spettacolo, premiazioni di ogni genere e prendere a fine mese un bellissimo stipendio.
E voi di Marcellinara non fate i codardi, alzate la testa, e voi della Pro Loco che"cazzo vi fumate"perchè non partecipate, perchè non commentate...è così che fate conoscere lo stato dei luoghi. vergogna vergogna, predicate bene e razzolate male tanto male...

Anonimo ha detto...

e ancora andiamo a votare sti stronzi che pensano solo al potere. la colpa è nostra e non dovremo lamentarci se ci aggiustano come vogliono! noi siamo i coglioni!!!