Il Palazzo della Procura di Catanzaro
Lui difende e lei giudica. Una coppia perfetta. Non sono marito e moglie, ma mamma e figlio. Lei è Aldagisa Rinardo, presidente del Tribunale della Libertà di Catanzaro. Lui è Giovanni Cefalì, avvocato di Lamezia Terme, nonché difensore della cosca Lo Bianco, operante a Vibo Valentia. Un rapporto tra magistrato e legale come tanti altri a Catanzaro. “Non è infrequente” nella città dei tre colli replica lei all’interrogazione parlamentare presentata dall’onorevole Laura Garavini al ministro della Giustizia. Non è infrequente e “non ha mai destato sospetto”, continua. A Catanzaro è così. L’incompatibilità non è una visione oggettiva delle cose. Ma soggettiva. È solo in chi la vede. In Laura Garavini, per esempio, e nei suoi “occulti suggeritori” che non avrebbero “il coraggio di comparire in prima persona”, dice la Rinardo. E, ancora, giù duro con chi sarebbe “lo sponsor ufficiale” dell’ “improvvida” (parola sua, della Rinardo, ndb) iniziativa della Garavini, Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto di Catanzaro. Incompatibilità? Quando mai? I FATTI Il Tribunale della Libertà nel mese di giugno scorso annulla, pressoché integralmente, l’ordinanza di custodia cautelare in carcere della cosca ‘ndranghetista Lo Bianco. Adalgisa Rinardo, presidente del Tdl, viene invitata ad astenersi per motivi di “incompatibilità” dalla Procura perché il figlio aveva difeso, fino a gennaio 2010, Francesco Barba, uno degli associati della cosca. Lei non si astiene e giudica. Giudica l’annullamento, appunto, della misura cautelare. La Garavini chiede al ministro anche se “la dottoressa Rinardo abbia comunicato tale circostanza al Consiglio superiore della magistratura” dal momento che, lui, Giovanni, risulta iscritto nell’albo degli avvocati dal 2003 e il Csm non ha inteso prendere nessun provvedimento per la salvaguardia dell’ “immagine di terzietà e di indipendenza che deve caratterizzare l'operato dell'ordine giudiziario”. Lei, Aldagisa Rinardo, di tutta risposta replica mettendo in fila alcuni eventi, entro i quali, si sarebbe consumata l’improvvida iniziativa ai suoi danni, tali da non consentire “ipotesi alternative”. “Con riferimento alla iniziativa della parlamentare Garavini – esordisce – (…) “devo evidenziare come detta iniziativa (del tutto improvvida e infondata) intervenga a pochissimi giorni di distanza dalla decisione del Tribunale Penale di Milano, che ha condannato il giornalista del Corriere della Sera Carlo Vulpio e l'ex direttore Paolo Mieli per un articolo diffamatorio in mio danno pubblicato nell'aprile del 2007; e intervenga, - continua - altresì a distanza di non molto tempo dalla richiesta di archiviazione formulata nei miei confronti dai pubblici ministeri presso il Tribunale di Salerno in relazione ai fatti a suo tempo lamentati dal dr. De Magistris. Tali pronunce – motiva - che hanno ristabilito la verità al di là del dato strettamente processuale, restituendomi intatte credibilità e professionalità evidentemente non sono state gradite a chi ormai riteneva (ahi lui sbagliando!) di avermi soppiantato nella prestigiosa carica di presidente del Tribunale del Riesame di Catanzaro: la cronologia degli eventi non consente ipotesi alternative”. Quindi, si tratta di un complotto orchestrato dalla Garavini, e dai suoi occulti suggeritori, contro di lei, proprio adesso che alcuni provvedimenti giudiziari le avevano restituito “credibilità e professionalità”. E non perché ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare alla cosca Lo Bianco difesa dal figlio il mese scorso. No! Bisogna essere proprio maliziosi a pensare con l’ordine di idee dell’incompatibilità. È lei stessa che lo scongiura. “Non sussiste alcuna ipotesi di mia incompatibilità a giudicare rispetto al procedimento "Lo Bianco", tanto meno in relazione all'attività professionale di mio figlio”. Lo sciorina fino al punto “d” della sua requisitoria, dove ammette, d’altro canto, che non è infrequente “il rapporto di stretta parentela tra magistrato e avvocato nel distretto della Corte di appello di Catanzaro”. Ipse dixit. |
3 commenti:
impressionantee...ma che faccia da c**o..ma quando la cacciano ...che vergogna...e si giustifica con la solita manfrina....tutti colpevoli nessun colpevole....
arrogante! ma prima o poi Salerno arriva e la P3 sarà scoperchiata pure a Catanzaro, non esiste l'immunità a vita.
vergognosa !!!!
ed il CSM intanto non decide, occupato a far politica...
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