29 gennaio 2009
Io So, Arancia Meccanica e Resistenza
di Salvatore Borsellino
Ieri Sonia Alfano mi ha telefonato dicendomi che avevano pensato di proiettare un video nel quale si vedono delle immagini crude. Delle immagini della strage, di Paolo, e mi ha chiesto se poteva farlo e se io ne sarei stato in qualche maniera colpito, in qualche maniera sconvolto. Vedete, quelle immagini non mi sconvolgono affatto. Vedete, io vorrei che quelle immagini venissero proiettate ogni giorno in televisione perché la gente si renda conto di quello che è stato fatto. Perché si rendesse conto quale è il sangue sul quale si fonda questa disgraziata Repubblica. Rivedere quelle immagini non mi sconvolge. Ma una cosa mi sconvolge: vedere quelle due persone (Berlusconi e Dell’Utri) che parlavano delle bombe e ridevano, ridevano. Ecco questo mi sconvolge. Io vorrei che quelle due persone venissero messe in una cella come mettevano quegli assassini di Arancia Meccanica. Che venissero aperti loro gli occhi e costretti a vedere, vedere e vedere quelle stragi. Ecco cosa che vorrei.
Mi sono ricordato di una cosa che mia ha detto Gioacchino Genchi che è arrivato sul luogo della strage due ore dopo che la strage. Io ci misi cinque ore per sapere che mio fratello era morto perché la televisione dava notizie contraddittorie. Dicevano forse è stato ferito un giudice. Forse sono stati feriti gli uomini della scorta. Poi mi chiamò mia madre per dirmi: tuo fratello è morto. C’era qualcuno, invece, che si chiamava Contrada che lo seppe 80 secondi dopo che mio fratello era stato ucciso. E io vorrei, io chiedo, io grido, io voglio che queste cose vadano a finire nelle aule di giustizia. Che ci siano processi per queste complicità che ci sono state all’interno dello Stato. Avete sentito di cosa parlavano Berlusconi e Dell’Utri? Ecco perché vogliono proibire le intercettazioni! Perché noi quelle cose non dobbiamo sentirle perché ci fanno capire quale è la classe politica che ci governa, di chi oggi sta occupando le Istituzioni.
Il più grande vilipendio alle Istituzioni è che queste persone occupano le Istituzioni. Questo è il vero vilipendio allo Stato! Il fatto che una persona che è stata chiamata Alfa in un processo che non è potuto andare avanti perche è stato bloccato come tutti gli altri processi che riguardano i mandanti occulti. Il vero vilipendio allo Stato è che Alfa possa occupare un posto all’interno delle Istituzioni! Genchi arrivò due ore dopo la strage. E mi ha raccontato che aveva conosciuto Emanuela Aloi esattamente un mese prima perché faceva da piantone alla Barbera. Era una ragazza che non era stata addestrata per fare il piantone. Per fare da scorta a un giudice che rischiava la vita come Paolo Borsellino. Eppure quel giorno era lì a difendere con il suo corpo, e nient’altro che con quello, Paolo Borsellino. Questi sono gli eroi! Non quelli di cui parlano Berlusconi e Dell’Utri dicendo che Vittorio Mangano era un eroe. Gli eroi sono quei ragazzi che il giorno dopo la morte di Falcone si misero dietro la porta di Paolo a chiedere di far parte della sua scorta. Si erano messi in fila per andare a morire. Genchi mi raccontò che, arrivando in via D’Amelio, vide i pezzi del corpo di Emanuela Aloi che ancora si staccavano dall’intonaco del numero 19 di via D’Amelio. La riconobbe perché c’erano dei capelli biondi insieme a quei pezzi. E quei pezzi di quella ragazza vennero messi in una bara. Vennero poi riconosciuti perché era l’unica donna che faceva parte della scorta. Vennero messi in una bara, mandati a Cagliari, e sapete cosa si è fatto poi? Quello che chiamiamo Stato ha mandato ai genitori di Emanuela Aloi la fattura del trasporto di una bara quasi vuota da Palermo a Cagliari. Questo è il nostro Stato! Questo è lo Stato che ha contribuito ad ammazzare Paolo Borsellino! Vi racconto queste cose non per farvi commuovere, non farvi piangere perché non è tempo di piangere, è tempo di reagire! È tempo di resistenza! È tempo di opporsi a questo governo che sta togliendo il futuro ai nostri figli, ai nostri ragazzi. E la colpa è nostra che abbiamo permesso che questo succedesse. (…) Genchi quando è arrivato sul luogo della strage si è guardato intorno e ha visto in alto un castello. E ha capito che non poteva essere che da quel posto che era stato azionato il telecomando che ha provocato la strage. Allora Genchi è andato in quel castello, ha cercato di identificare le persone che c’erano all’interno. E poi le ha identificate mediante le sue tecniche. Ha capito che da quel castello (del Sisde) partirono delle telefonate che raggiungevano cellulari di mafiosi. Che segnavano la strada che Paolo doveva fare per arrivare al posto dove avvenne la strage…
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